Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2514 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 31/01/2017, (ud. 17/11/2016, dep.31/01/2017),  n. 2514

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26359-2014 proposto da:

C.G., C.F. (OMISSIS), A.R. C.F. (OMISSIS),

AS.VI. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA CATANZARO 15, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MICERA,

rappresentati e difesi dall’avvocato LOREDANA VELTRI, giusta delega

in atti;

– ricorrenti –

contro

F.D.C. S.R.L., P.I. (OMISSIS), in persona del

Presidente legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 11, presso lo studio

dell’avvocato PASQUALE DI RIENZO, rappresentata e difesa

dall’avvocato STANISLAO DE SANTIS, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1659/2013 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 05/11/2013 R.G.N. 862/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito l’Avvocato VELTRI LOREDANA;

udito l’Avvocato DE SANTIS STANISLAO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con separati ricorsi al Tribunale di Locri del 15.11.2016 C.G., A.R. e AS.VI., dipendenti della società F.d.C. srl con qualifica di operatore di esercizio, agivano per l’accertamento del proprio diritto a percepire la indennità di presenza per ogni giornata di effettivo lavoro.

Il Giudice del Lavoro, riuniti i ricorsi, con sentenza nr. 2939/2007 rigettava la domanda, ritenendo che con l’accordo integrativo aziendale del 21 giugno 1997 la indennità fosse stata accorpata nella nuova indennità di presenza, rapportata ad ore.

La Corte di Appello di Reggio Calabria, con sentenza dell’11.10- 5.11.2013 (nr. 1659/2013), rigettava l’appello proposto dai lavoratori.

La Corte territoriale rilevava che la azienda ed i lavoratori avevano prodotto due testi diversi nella parte relativa alle tabelle allegate all’accordo, sottoscritti da differenti sigle sindacali per i lavoratori: la tabella allegata all’accordo prodotto dai lavoratori (sottoscritto dalle sigle sindacali CNL ed UGL) era priva delle sottoscrizioni; la tabella prodotta dalla società F.d.C. (allegata all’accordo sottoscritto dalle sigle dei lavoratori CGIL,CISL,UIL) era sottoscritta dagli stipulanti.

Riportato per estratto il testo dell’accordo aziendale del 21 giugno 1997, il giudice dell’appello rilevava che lo stesso avviava un primo processo di rimodulazione della retribuzione accessoria e procedeva all’accorpamento nella “nuova indennità di presenza”, corrisposta sulla base di ogni ora – o frazione di ora – di guida, delle preesistenti voci denominate “indennità incentivante” ed “indennità incentivante aggiuntiva”, già erogate su base mensile nonchè della voce, anche essa preesistente, “indennità di presenza”, già erogata su base giornaliera.

Appariva logico l’argomentare delle Ferrovie secondo cui al fine di rendere omogenee le componenti del nuovo emolumento si procedeva a rapportarle tutte su base oraria: a tal fine dapprima le due indennità incentivanti, corrisposte su base mensile, venivano rapportate su base giornaliera attraverso il divisore 26; successivamente, la misura oraria delle due indennità incentivanti e della indennità di presenza giornaliera in essere si era ottenuta con il divisore convenzionale di 5 ore al giorno.

L’importo così ottenuto (Lire 2.025) era stato rivalutato a Lire 3.450 per ora, misura della nuova indennità di presenza indicata nella tabella allegata all’accordo.

La tabella era essenziale ai fini interpretativi, in quanto richiamata nell’accordo aziendale; nella tabella prodotta dalla società non vi era traccia della permanenza della precedente indennità di presenza.

L’allegato prodotto dai lavoratori (sottoscritto dalle sigle CNL e UGL) si differenziava in quanto non prevedeva un importo orario fisso della nuova indennità di presenza; nella colonna “nuova indennità di presenza” vi era la dicitura “7.250 + 2000 (ed al rigo sottostante) per ora di guida”.

La locuzione “per ora di guida” non poteva che essere riferita alla necessità di parametrare su base oraria entrambi gli importi indicati in tabella, che rappresentavano l’uno la precedente indennità di presenza (Lire 7.250 al giorno) l’altro la somma delle due indennità incentivanti, già ragguagliata ad ora e rivalutata.

Per quanto pacifico in causa l’importo di Lire 7.250 era invece giornaliero sicchè il ragguaglio ad ora doveva essere ancora operato.

Non vi era pertanto violazione dell’art. 1, comma 2 R.D. 1931, avendo la azienda dato corretta esecuzione al contratto aziendale, nel quale la quantificazione delle erogazioni era avvenuta a vantaggio del lavoratore, essendo stati utilizzati divisori convenzionali più bassi.

Da ultimo, non era neutra la protratta applicazione nel tempo del contratto aziendale,nei sensi patrocinati dal datore di lavoro ed in assenza di contestazioni, sollevate soltanto dopo circa un decennio da una sigla estranea all’accordo (SULT).

Per la cassazione della sentenza ricorrono i lavoratori, articolando due motivi. Resiste con controricorso la società F.D.C. srl.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno denunziato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. in riferimento alla interpretazione dei contenuti dell’accordo aziendale del 21 giugno 1997 operata in sentenza.

Hanno esposto che il giudice del merito si era sottratto alla regola della interpretazione letterale dell’accordo del 21.6.1997, muovendo dalla premessa che la nuova indennità di presenza comprendesse, accanto alla due indennità incentivanti, anche la indennità di presenza giornaliera già corrisposta ed occupandosi, così, unicamente dell’esame comparativo delle tabelle.

La lettera dell’accordo invece evidenziava che la nuova indennità di presenza aveva inglobato solo le due indennità incentivanti, come era palese nel testo ed anche nella veste grafica. L’accordo proseguiva affermando che la nuova indennità di presenza avrebbe dovuto essere “sommata” (e dunque aggiunta) a quella in essere, sicchè l’assunto che quest’ultima fosse stata accorpata nel nuovo emolumento era contraddetto dalle espressioni utilizzate; il testo specificava ancora che la indennità di presenza in essere (istituita con accordo aziendale del 5 ottobre 1988) sarebbe stata erogata “con le modalità già oggi previste” (ovvero quelle fissate dall’accordo istitutivo), il che ulteriormente confermava la sua sopravvivenza.

La Corte d’appello non aveva esaminato il testo dell’accordo ed aveva recepito la tesi difensiva della società resistente, fondata sull’utilizzo di divisori convenzionali, mensili ed orari, di cui nel testo non vi era alcuna traccia.

Nelle tabelle prodotte dal datore di lavoro non compariva la precedente indennità di presenza proprio perchè questa voce accessoria permaneva invariata.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti hanno denunziato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 1363 e 1366 c.c., del R.D. n. 148 del 1931, art. 1, comma 2, degli artt. 23 e 26 del regolamento allegato A e dell’art. 14, all. B al R.D. n. 148 del 19931, dell’art. 15, art. 6, n. 8, art. 4 del CCNL di categoria del 23.7.1976.

Hanno esposto che il R.D. n. 148 del 1931, art. 1, comma 2 delega alle associazioni sindacali il compito di predisporre la regolamentazione degli aspetti economici del rapporto di lavoro e che gli artt. 23 e 26 dell’allegato A nonchè 14 dell’allegato B presuppongono la commisurazione dello stipendio mensile a 30 giorni di calendario e non al numero di 26 giorni individuato in sentenza per il ragguaglio su base giornaliera delle precedenti indennità incentivanti mensili.

Il CCNL 23.7.1976, all’art. 15, per determinare l’importo giornaliero della retribuzione egualmente individuava come divisore il n. 30 anche per le indennità variabili (che erano indicate all’art. 6, cui rinviava l’art. 15).

All’epoca della stipula dell’accordo aziendale del 21.6.1997 nessun accordo – neanche di secondo livello – autorizzava ad utilizzare un divisore diverso e l’accordo del 21.6.1997 non conteneva alcuna disposizione al riguardo.

Analogamente, l’utilizzo del divisore 5 per il ragguaglio su base oraria delle indennità giornaliere non trovava riscontro in alcun accordo collettivo; anzi, l’art. 4 del CCNL 23.7.1976 stabiliva l’orario giornaliero medio del personale viaggiante in 6 ore e 40 minuti.

I ricorrenti hanno pertanto censurato la violazione dell’art. 1363 c.c. commessa dal giudice dell’appello, per la discrasia tra i divisori utilizzati per determinare la nuova indennità di presenza e quelli previsti dal CCNL per le indennità variabili.

Hanno dedotto la violazione anche del canone legale dell’art. 1366 c.c., il quale escludeva che l’interprete potesse fare ricorso a significati di provenienza unilaterale.

Devono essere preliminarmente superate le questioni di inammissibilità sollevate dalla difesa della controricorrente.

La esposizione dei fatti risponde al criterio di sommarietà di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3. Nel primo motivo di ricorso la violazione delle norme di diritto viene correttamente dedotta con riferimento alle norme legali di ermeneutica dei contratti evidenziandosi a tal fine le parti dell’accordo del 21.6.1997 che osterebbero alla interpretazione accolta dal giudice del merito.

I motivi, che possono essere analizzati congiuntamente in quanto connessi, sono fondati. Sotto il profilo della interpretazione letterale, si rileva che il testo della clausola 6 dell’accordo aziendale del 21.6.1997 stabiliva che il processo di riorganizzazione contemplato nell’accordo procedeva all’accorpamento delle due competenze denominate “indennità incentivante” ed “indennità incentivante aggiuntiva”.

Le suddette voci accessorie vengono chiaramente elencate come competenze da accorpare, anche graficamente (“Il processo di riorganizzazione previsto nel presente accordo prevede l’accorpamento delle competenze già attualmente corrisposte e denominate:

– indennità incentivante;

– indennità incentivante aggiuntiva).

La clausola prosegue affermando:

“Le indennità incentivante ed incentivante aggiuntiva opportunamente rivalutate verranno sostituite con la competenza che verrà denominata “nuova indennità di presenza” e sommata alla attuale indennità di presenza che verrà erogata con le modalità già oggi previste dalla attuale indennità di presenza.

Tale indennità verrà erogata a partire dal 1 agosto 1998″.

Il testo è dunque nel senso che la nuova indennità di presenza sostituisce le due indennità incentivante ed incentivante aggiuntiva e deve essere sommata alla attuale indennità di presenza.

Il giudice del merito non si è fatto carico di esaminare se alle diverse espressioni verbali corrispondesse un differente significato quanto alla sopravvivenza o piuttosto alla incorporazione nella nuova voce di retribuzione della indennità di presenza giornaliera in essere.

La Corte territoriale ha affermato che tale indennità di presenza, come si è detto corrisposta su base giornaliera (per ogni giornata di effettivo servizio):

– 1) doveva essere ragguagliata ad ora, utilizzando il divisore 5;

– 2) doveva essere liquidata con le modalità previste per la nuova indennità di presenza (id est: per ogni ora di guida).

Entrambe le affermazioni contrastano con il canone ermeneutico della ricerca della comune intenzione delle parti (art. 1362 c.c.) nonchè della interpretazione complessiva delle clausole (art. 1363 c.c.).

1) Sul primo punto la interpretazione accolta in sentenza non si occupa del significato della espressione – “che verrà erogata con le modalità già oggi previste dalla attuale indennità di presenza” che nel testo segue le parole “attuale indennità di presenza” e deve ritenersi riferita ad esse. Oltre a rilevare la sequenza delle parole (in mancanza di un inciso) deve infatti considerarsi che la espressione sarebbe vuota di significato e contraddittoria se riferita alla “nuova indennità di presenza”, in quanto quest’ultima veniva erogata non “con le modalità già oggi previste” ma con modalità del tutto diverse (per ora di guida invece che per giornata di effettivo servizio).

La necessità di rideterminare su base oraria l’importo della indennità di presenza giornaliera (id est: attuale), non trova, poi, riscontro nè nel testo dell’accordo nè in alcuna delle due tabelle esaminate dal giudice del merito. La tabella prodotta dalla azienda non se ne occupa; nella tabella prodotta dai lavoratori la espressione “per ogni ora di guida” è riferita all’importo di Lire 2.000 introdotto con l’accordo stesso mentre l’importo della precedente indennità di presenza è esattamente riportato nella previgente misura di Lire 7.250 giornaliere.

-2) Quanto al secondo punto, i criteri sulla base dei quali procedere al ragguaglio orario della indennità di presenza giornaliera (cinque ore di lavoro giornaliero, secondo la interpretazione del giudice dell’appello) non risultano nell’accordo del 21.6.1997 nè nelle tabelle allegate; ove le parti avessero inteso ragguagliare su base oraria la somma giornaliera di Lire 7.250 vi avrebbero invece provveduto direttamente o, almeno, avrebbero indicato un divisore per il ragguaglio.

Il parametro delle cinque ore giornaliere neppure è tratto dal R.D. n. 148 del 1931 nè dagli accordi collettivi – nazionali o aziendali – ma è stato individuato sulla base di una nota aziendale del 19.3.1997 e delle allegazioni della società F.d.C. ovvero sulla base degli atti e delle difese provenienti da una delle parti di causa.

La Corte di merito dunque ha interpretato l’accordo non sulla base dall’analisi letterale e degli ulteriori criteri legali ma collegandolo a contenuti ulteriori ed estranei al testo, di provenienza unilaterale.

La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata e gli atti rinviati ad altro giudice perchè provveda a rinnovare la interpretazione dell’accordo alla luce di una corretta applicazione dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c..

Il giudice del rinvio provvederà anche alla disciplina delle spese del presente grado.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia – anche per le spese – alla Corte di Appello di Reggio Calabria in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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