Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2514 del 01/02/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 2514 Anno 2018
Presidente: DIDONE ANTONIO
Relatore: DOLMETTA ALDO ANGELO

sul ricorso 5842/2012 proposto da:
NY.UM.BA . s.r.I., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via Filippo Marchetti n. 25,
presso lo studio dell’avvocato Visca Maurizio, rappresentata e difesa
dall’avvocato De Rienzo Ernesto, giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente contro

Casaeffe – Società Cooperativa a r.l. in Liquidazione Coatta
Amministrativa, in persona del Commissario liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, piazzale Clodio n. 14, presso lo
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Data pubblicazione: 01/02/2018

studio dell’avvocato Mantovani Bruno, che la rappresenta e difende,
giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente nonché contro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Alcide De Gasperi n.
35, presso lo studio dell’avvocato Graziani Gianluca, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato Monelli Paolo, giusta
procura in calce al controricorso;
-controricorrente avverso il decreto del TRIBUNALE di MODENA, depositato il
23/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/09/2017 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA (est.).

FATTO E DIRITTO
1.- La s.r.l. Ny.Um.Ba ricorre per cassazione nei confronti del
condominio «Il Libeccio», nonché nei confronti dalla soc. coop. a r.l.
Casaeffe in I.c.a., muovendo quattro motivi avverso il decreto del
Tribunale di Modena, del 23 gennaio 2012.
Con tale provvedimento, il Tribunale ha accolto l’impugnazione
formulata ex artt. 209 e 98 ss. legge fall. da «Il Libeccio» avverso
l’ammissione allo stato passivo della liquidazione coatta di Casaeffe
di un credito affermato da Ny.Um.Ba., che per l’effetto è stata
esclusa dal detto stato passivo.

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Condominio “Il Libeccio”, in persona dell’amministratore pro

Nei confronti del ricorso resiste il condominio «Il Libeccio», che ha
depositato apposito controricorso.
Nei confronti del ricorso pure resiste, con separato controricorso, la
liquidazione di Casaeffe, che già si era costituita nel precedente
giudizio di impugnazione all’ammissione.

richiamati.
Il primo motivo assume, in specie, «violazione e/o errata
applicazione o falsa applicazione dell’art. 1711, comma 1, cod. civ. ai
sensi dell’art. 360, numero 3, cod. proc. civ.».
Il secondo motivo a sua volta rileva «violazione o errata o falsa
applicazione dell’art. 98, comma 3, legge fall. ai sensi dell’art. 360
proc. civ.».
Il terzo motivo censura, altresì, «violazione o errata o falsa
applicazione dell’art. 98, comma 3, legge fall. ai sensi dell’art. 360
cod. proc. civ. in ordine all’ammissibilità della I.c.a. di Casaeffe soc.
coop. a r.I.».
Il quarto motivo adduce, inoltre, «violazione e/o errata applicazione
o falsa applicazione degli artt. 2733, 2735 cod. civ. ai sensi dell’art.
360, numero 3, cod. proc. civ.».
3.-

Il primo motivo rileva, in particolare, che l’assemblea del

condominio «Il Libeccio» a suo tempo conferì all’amministratore dello
stesso unicamente un mandato per intraprendere le azioni relative al
recupero del proprio credito verso la liquidazione di Casaeffe e non
già anche per muovere le azioni «incidenti sulla posizione di altri
creditori», come per l’appunto è stata quella di impugnare
l’ammissione del credito di Ny.Um.Ba.
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2.- I motivi di ricorso evocano i vizi che qui di seguito vengono

Assunta questa prospettiva, il motivo viene a contestare l’idoneità
della successiva ratifica dell’operato dell’amministratore
condominiale, come posta in essere dall’assemblea in data 20 aprile
2011, a sanare tale situazione. Ad avviso del ricorrente, «se la
ratifica interviene a sanare il rapporto tra il rappresentante e il

prodotti nei confronti di terzi soggetti»
4.- Il motivo non può essere accolto.
Secondo l’orientamento accolto dalla giurisprudenza di questa Corte,
infatti, la ratifica dell’operato dell’amministratore, che abbia agito in
giudizio senza autorizzazione dell’assemblea, opera ex tunc, sì da
paralizzare ogni eventuale vizio di rappresentanza originario (Cass.,
6 agosto 2010, n. 18331). Secondo quanto ha, del resto,
correttamente rilevato la pronuncia del Tribunale modenese.
5.- Il secondo motivo fa leva sulla circostanza che, quando propose
l’impugnazione, il condominio «Il Libeccio» risultava non ammesso al
passivo della liquidazione di Casaeffe. Questo per assumere che
l’impugnativa ex art. 98 è proponibile solo dal creditore che sia stato
ammesso al passivo e non già da altri. Con la conseguenza di
ritenere il detto condominio non legittimato all’impugnazione.
6.- Il motivo non può essere accolto.
E’ invero insegnamento tradizionale che l’impugnazione di un credito
ammesso ben può essere formulata pure dal creditore escluso,
purché contemporaneamente proponga opposizione avverso la
propria esclusione. Che è quanto puntualmente avvenuto nel caso di
specie, come esattamente sottolinea il decreto impugnato, che pure
riscontra come «l’interesse all’esclusione dal passivo di un creditore

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rappresentato, non interviene però sugli effetti nel frattempo

di pari grado, in quanto tale soggetto che rispetto a sé ha riparto
proporzionale, è da ritenersi in re ipsa».
Appare evidente, del resto, che negare la legittimazione
all’impugnazione del creditore – sì escluso, ma che all’esclusione
viene a fare opposizione – significherebbe ridurre sostantivamente, e

viene così proposta; ovvero, e detto in altri termini, anticipare un
esito (per sua propria natura, solamente eventuale) del giudizio di
opposizione.
7.- Con il terzo motivo, il ricorrente assume, in primo luogo, che, nel
giudizio di impugnazione, «la curatela ovvero la liquidazione coatta …
non possono assumere poteri di iniziativa processuale tesi alla
modifica del predetto stato passivo»: perché si vengono «a trovare
nella posizione di litisconsorte necessario» e «per non incorrere nel
generale divieto del “venire contra factum proprium”». E pure
assume, in secondo luogo, che comunque la partecipazione del
commissario al giudizio di impugnazione – che venga a «convenire
con la domanda del ricorrente» che impugna – è in contrasto con
l’art. 98 comma 3 legge fall., perché in tal modo si viene a
consentire al commissario di «esercitare un diritto dal quale è
irrimediabilmente decaduto non avendo egli proposto l’impugnazione
… entro il prescritto termine di 30 giorni».
8.- Il motivo non può essere accolto.
Al riguardo va prima di tutto osservato che il rilievo, così svolto da
Ny.Um.Ba, non è in ogni caso idoneo a impattare con il fatto che,
nella specie, l’impugnazione è stata proposta in termini da altro
soggetto, come effettivamente legittimato a presentarlo (cfr. sopra,
il n. 6).
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senza giustificazione oggettiva, senso e portata dell’opposizione che

A parte questo, che è rilevo in sé assorbente, pure è da constatare
che – secondo l’espressa formulazione della legge (art. 98, comma
3, come richiamato dall’art. 209, comma 2, legge fall.) – il
commissario liquidatore è parte necessaria del procedimento di
impugnazione. Né ha evidentemente senso, in un giudizio di

comportamento per la parte necessaria costituita dal commissario
liquidatore.
9.- Con il quarto motivo, il ricorrente censura il passo del decreto
impugnato in cui questo – nell’escludere dal passivo il credito preteso
da Ny.Um.B – rileva che la stessa aveva a suo tempo, nel contesto
dell’atto notarile di vendita immobiliare, «rilasciato quietanza
integrale all’acquirente Casaeffe» di avere ricevuto il pagamento
dell’intero suo credito ex pretio.
Secondo il ricorrente, il Tribunale non avrebbe potuto conoscere di
questa quietanza in quanto il commissario liquidatore non può
comunque «introdurre motivi nuovi e diversi da quelli posti a base
del ricorso e ciò nel rispetto dei più elementari principi in materia di
contraddittorio tra le parti».
10.- Il motivo non può essere accolto.
In proposito, basta qui riscontrare, in disparte ogni altro rilievo, che
il decreto impugnato viene in termini inequivoci a indicare che la
quietanza in discorso è stata prodotta in giudizio dal ricorrente
condominio «Il Libeccio» (cfr. il punto n. 7 del decreto).
11.- In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.

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impugnazione promosso da un terzo, discorrere di vincolo di

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità, che liquida nella misura di C
5.200,00 (di cui C 200,00 per esborsi).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione

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