Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25137 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 10/11/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 10/11/2020), n.25137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosina – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5613/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

Terreni-Elsauto s.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. Tardella

Gianmarco, con domicilio eletto in Roma, via Giovanni Nicotera, n.

29 (sc. IX, int. 12), presso lo studio dello stesso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 13/19/13 depositata il 6 febbraio 2013.

Udite le relazioni svolte nella camere di consiglio del 15 luglio e

del 23 luglio 2020 dal Consigliere Nicastro Giuseppe.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

a seguito di un processo verbale, l’Agenzia delle entrate notificò alla Terreni-Elsauto s.p.a., società esercente l’attività di concessionaria di Citroen Italia s.p.a. per la vendita di automobili, un avviso di accertamento con il quale accertò, per l’anno d’imposta 2005: a) l’indebita deduzione, ai fini dell’IRES e dell’IRAP, di costi non inerenti, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109, comma 5, per complessivi Euro 12.429,28 (di cui: Euro 5.807,64 indicati in bilancio nel “conto 99538 – Altri costi”, Euro 2.094,64 indicati in bilancio nel “conto 97704 – Altre spese distributore”, Euro 3.582,50 indicati in bilancio nel “conto 99508 – Assicurazioni autoveicoli”, Euro 465,00 indicati in bilancio nel “conto 99515 – Costi diversi autoveicoli” ed Euro 542,00 indicati in bilancio nel “conto 99510 – Manutenzioni autoveicoli”) e, ai sensi dell’art. 108, comma 2, dello stesso decreto, per Euro 382,67 (indicati in bilancio nel “conto 99538 – Altri costi”), nonchè l’indebita detrazione dell’IVA relativa ai corrispondenti acquisti (per Euro 920,99); b) l’omessa fatturazione di operazioni imponibili ai fini dell’IVA per un ammontare complessivo di Euro 719.091,63 (e l’omesso versamento della correlativa imposta di Euro 143.818,33), con riguardo, in particolare, a bonus, ritenuti “qualitativi”, corrisposti, sulla base del contratto di concessione di vendita, da Citroen Italia s.p.a. alla concessionaria Terreni-Elsauto s.p.a.;

l’avviso di accertamento fu impugnato davanti alla Commissione tributaria provinciale di Milano che accolse il ricorso della società contribuente;

avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale della Lombardia (hinc anche: “CTR”), che lo rigettò;

preliminarmente, la CTR respinse l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per tardività – sollevata dall’Agenzia delle entrate sull’assunto che il termine per la sua proposizione decorreva dal 10 ottobre 2008, data della notificazione dell’impugnato avviso di accertamento alla persona fisica legale rappresentante della società contribuente, e non dal 14 ottobre 2008, data della (ulteriore) notificazione dello stesso avviso nella sede della società – sul rilievo che “il termine per proporre impugnazione decorre dalla valida notifica alla società nella sua sede ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e) che prevede la notifica presso il domicilio fiscale della società, per cui la notifica aggiuntiva al legale rappresentante della società stessa non può determinare la decadenza in quanto tale notifica è prevista dall’art. 145 c.p.c. che disciplina la notifica presso le persone giuridiche, solo quanto non è possibile effettuare la notifica presso la sua sede”;

nel merito, con riguardo alla ripresa a tassazione di operazioni imponibili ai fini dell’IVA per Euro 719.091,63, la CTR motivò che “le somme percepite dalla contribuente non possono ritenersi come corrispettivo di specifiche prestazioni della stessa dovute alla concedente in forza di clausole contrattuali. Il contratto di concessione tra concedente e concessionaria non configura le clausole in questione (attività di marketing e promozione dei marchi) come oggetto di vere e proprie obbligazioni, ma, più semplicemente come condizioni sospensive all’avverarsi delle quali è prevista una diminuzione del prezzo delle auto vendute. Prova ne è che nessuna penale e nessuna clausola risolutiva espressa è prevista a carico del concessionario nel caso in cui quegli obiettivi non fossero stati raggiunti. Trattasi quindi di sconti sul prezzo di cessione degli autoveicoli da corrispondersi all’avverarsi di eventi futuri e incerti, collegati all’attività concordata con il concessionario, il cui mancato avveramento non produce alcuna azione per danno nè risoluzione contrattuale. Da qui la loro non assoggettabilità all’IVA e la legittimità dell’operato della contribuente”;

con riguardo alla ripresa a tassazione di costi indebitamente dedotti (e, deve ritenersi, dell’IVA detratta relativa ai corrispondenti acquisti), la CTR asserì infine che “tutte le riprese secondarie sono inerenti e deducibili sia perchè le giustificazioni fornite dalla parte appaiono soddisfacenti tenuto conto dell’esiguità dell’importo. Per quanto riguarda le spese relative agli autoveicoli queste sono da considerarsi in carico al concessionario in qualità di Company Car perchè dopo essere state utilizzate passano direttamente al parco macchine usate come merci destinate alla rivendita”;

avverso tale sentenza della CTR – depositata il 6 febbraio 2013 e non notificata – ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, che affida il proprio ricorso, notificato il 27 febbraio 2014, a quattro motivi;

la Terreni-Elsauto s.p.a. resiste con controricorso, notificato il 12/15 aprile 2014;

la stessa Terreni-Elsauto s.p.a. ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. e dell’art. 145 c.p.c., per avere la CTR ritenuto l’invalidità – e, comunque, l’inidoneità a fare decorrere il termine per la proposizione del ricorso -della notificazione dell’avviso di accertamento alla persona fisica legale rappresentante della società contribuente sull’erronea considerazione che tale modalità di notificazione “è prevista solo quando non è possibile effettuare la notifica presso la (…J sede” della società;

con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3 e dell’art. 2727 c.c., per avere la CTR erroneamente negato che le “attività di marketing e promozione dei marchi” – svolte dalla concessionaria Terreni-Elsauto s.p.a. sulla base del contratto di concessione di vendita e a fronte delle quali era sorto il diritto della stessa Terreni-Elsauto s.p.a. a ottenere da Citroen Italia s.p.a. i bonus sotto forma di “sconti sul prezzo di cessione degli autoveicoli” -costituissero operazioni imponibili ai fini dell’IVA (in particolare, prestazioni di servizi) perchè non “oggetto di vere e proprie obbligazioni” della concessionaria;

con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, per avere la CTR rigettato i motivi di appello concernenti le indebite deduzione di costi non inerenti e detrazione dell’IVA relativa ai corrispondenti acquisti con l’anapodittica e generica frase, “inidonea a palesare qualsivoglia tipo di ragionamento”, che “le giustificazioni fornite dalla parte appaiono soddisfacenti tenuto conto dell’esiguità dell’importo” e, quindi, con una motivazione meramente apparente;

con il quarto motivo, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, per avere la CTR ritenuto la deducibilità (in quanto inerenti) dei costi “relativ(i) agli autoveicoli” sulla base dell’affermazione, del tutto anapodittica, che gli stessi – neppure individuati – erano delle “Company Car” e, quindi, con una motivazione meramente apparente;

il primo motivo è fondato;

il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 – disposizione cardine della disciplina della notifica degli atti tributari – stabilisce che la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente “è eseguita secondo le norme stabilite dall’art. 137 c.p.c. e ss.” (alinea del comma 1), fatte salve le “modifiche” elencate alle lett. da a) a f) dello stesso comma 1;

in virtù di tale rinvio alle norme del codice di rito civile – che, in quanto enunciazione del comune principio dell’applicabilità della legge generale là dove quella speciale non dispone, ha evidentemente natura di rinvio non recettizio (o fisso) bensì formale (o mobile) (Cass., S.U., 08/04/2010, n. 8310), da riferire, quindi, alle norme vigenti al momento dello svolgimento della procedura di notificazione -, per quanto riguarda le notificazioni alle persone giuridiche, occorre fare riferimento alla disciplina dettata dall’art. 145 c.p.c.;

secondo tale disposizione, nel testo vigente nel 2008 (quando fu notificato l’avviso di accertamento che ha dato origine alla presente causa), come modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. c), “fila notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa ovvero al portiere dello stabile in cui è la sede. La notificazione può anche essere eseguita, a norma degli artt. 138, 139 e 141, alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale (comma 1). La notificazione alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui all’art. 36 cc. e ss. si fa a norma del comma precedente, nella sede indicata nell’art. 19 comma 2, ovvero alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale (comma 2). Se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti, la notificazione alla persona fisica indicata nell’atto, che rappresenta l’ente, può essere eseguita anche a norma degli artt. 140 o 143 (comma 3)”;

ai sensi, in particolare, del primo e del comma 2 citati diversamente da quanto era stabilito dallo stesso art. 145 c.p.c. nel testo vigente prima delle modificazioni a esso apportate dalla L. n. 263 del 2005 (secondo cui “(l)a notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa (comma 1). La notificazione alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui all’art. 36 c.c. e ss. si fa a norma del comma precedente, nella sede indicata nell’art. 19, comma 2 (comma 2). Se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti e nell’atto è indicata la persona fisica che rappresenta l’ente, si osservano le disposizioni degli artt. 138, 139 e 141 (comma 3)”) – è prevista, “non più in via residuale ma alternativa, la possibilità di notificare l’atto destinato ad un ente direttamente alla persona che lo rappresenta (purchè ne siano indicati nell’atto qualità, residenza, domicilio o dimora), dunque senza previo tentativo di notificazione all’ente presso la sede legale, secondo le modalità disciplinate, per le persone fisiche, dagli artt. 138,139 e 141 c.p.c.” (tra le tante, Cass., 03/05/2012, n. 6693, 26/10/2018, n. 27299);

tale previsione normativa non è modificata dalle disposizioni di cui alle lettere da a) a f) del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1 dell’art. 60, e, in particolare, da quella di cui alla lett. c) (il cui contenuto la sentenza impugnata, per un evidente errore materiale, attribuisce alla lett. e);

con lo stabilire che, salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, “la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario”, la lett. c) del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1 indica nel domicilio fiscale del contribuente il criterio su cui è incentrata la disciplina del luogo delle notificazioni degli atti tributari;

tale criterio del domicilio fiscale – che, per i soggetti diversi dalle persone fisiche, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 58, comma 3, colloca “nel comune in cui si trova la loro sede legale” (e non, come erroneamente affermato dalla controricorrente nell’argomentare l’asserita residualità della notificazione alla persona fisica che rappresenta l’ente, nella stessa sede legale) – non esclude evidentemente la possibilità, prevista, come si è visto, dal comma 1 dell’art. 145 c.p.c., di eseguire la notificazione ai predetti soggetti, in via alternativa a quella nella loro sede, direttamente alla persona fisica che li rappresenta (purchè ne siano indicati nell’atto la qualità, nonchè la residenza, il domicilio o la dimora abituale);

gli arresti di questa Corte, invocati dalla controricorrente, che avevano affermato il carattere sussidiario della notificazione alla persona fisica che rappresenta l’ente (Cass., S.U., 04/06/2002, n. 8091; Cass., 09/06/2005, n. 12153, 10/03/2008, n. 6325, 09/01/2009, n. 216, 30/05/2012, n. 8637) si fondano sul testo dell’art. 145 c.p.c. vigente prima delle modificazioni a esso apportate dalla L. n. 263 del 2005 e sono, perciò, ormai superati;

emerge pertanto l’error in iudicando compiuto dalla CTR nell’affermare l’invalidità della notificazione dell’avviso di accertamento effettuata il 10 ottobre 2008 solo perchè eseguita direttamente alla persona fisica che rappresentava la società contribuente;

escluso che ciò costituisca una causa di invalidità, la CTR, in sede di rinvio, al fine di stabilire se la detta notificazione fosse o no idonea a fare decorrere il termine per proporre il ricorso avverso l’avviso di accertamento, dovrà verificare la validità della stessa in relazione agli effettivi requisiti di legge, anche alla luce dell’interpretazione fornita dal diritto vivente di questa Corte;

a tale proposito, considerate le contestazioni avanzate dalla Terreni-Elsauto s.p.a. nel controricorso e nella successiva memoria, è utile rammentare che, secondo i principi affermati dalla più recente giurisprudenza di questa Corte: a) “(l)a notifica dell’avviso di accertamento al legale rappresentante della società è valida anche se eseguita in un comune diverso da quello del domicilio fiscale della società stessa, atteso che la limitazione territoriale di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, secondo cui la notifica degli atti tributari va effettuata nel comune ove il contribuente ha il domicilio fiscale, non è posta a garanzia di quest’ultimo, ma a tutela dell’operatività dell’Ufficio, il quale, di conseguenza, ha la facoltà, ma non l’obbligo di avvalersi di tale disciplina e può sempre svolgere ulteriori ricerche rispetto al domicilio fiscale della società al fine di seguire procedure di notifica più garantiste” (Cass., 21/12/2016, n. 26540, 04/04/2018, n. 8297; in precedenza, in senso analogo, Cass., 20/01/2011, n. 1206); b) il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. b-bis), – lettera inserita dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37, comma 27, lett. a), convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248 “richiede, a differenza di quanto disposto dall’art. 139 c.p.c., comma 2, anche ove l’atto sia consegnato nelle mani di persona di famiglia, l’invio della raccomandata informativa quale adempimento essenziale della notifica che sia eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati dall’ufficio delle imposte” (Cass., 03/02/2017, n. 2868, 11/05/2020, n. 8700);

passando al secondo motivo, in via preliminare, devono essere scrutinate le due eccezioni di inammissibilità sollevate dalla controricorrente sugli assunti che, con tale motivo, l’Agenzia delle entrate, da un lato, avrebbe in realtà chiesto “un “controllo” sulla motivazione della sentenza di secondo grado (come tale, inammissibile ex art. 348-ter c.p.c., commi 4 e 5)” in presenza di un’ipotesi di cosiddetta “doppia conforme” e, dall’altro lato, avrebbe “ripropo(sto) il riesame di questioni di fatto già congruamente valutate dai Giudici di merito”;

tali eccezioni non sono fondate atteso che, con il motivo in esame, l’Agenzia delle entrate non ha nè lamentato un vizio di motivazione della sentenza impugnata nè chiesto a questa Corte una nuova valutazione dei fatti, difforme rispetto a quella operata dalla CTR, ma ha piuttosto denunciato, correttamente qualificando il vizio come violazione e/o falsa applicazione di norme di legge, l’errore di diritto nel quale sarebbe incorsa la CTR col ritenere che il fatto che le “attività di marketing e promozione dei marchi” svolte dalla concessionaria Terreni-Elsauto s.p.a. sulla base del contratto di concessione di vendita non fossero “oggetto di vere e proprie obbligazioni” ma costituissero “condizioni sospensive all’avverarsi delle quali è prevista una diminuzione del prezzo delle auto vendute” – come comprovato dalla circostanza che “nessuna penale e nessuna clausola risolutiva è prevista a carico del concessionario nel caso in cui quegli obiettivi non fossero stati raggiunti” – escludesse che le suddette attività, produttive dei bonus, costituissero operazioni imponibili ai fini dell’IVA;

nel merito, il motivo è fondato;

in base all’art. 1353 c.c. (“Contratto condizionale”), “file parti possono subordinare l’efficacia (…) di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto”;

l'”avvenimento” considerato da tale disposizione può essere individuato dalle parti anche in un fatto che – come nell’esempio scolastico: “mi impegno a regalarti un orologio se conseguirai la laurea” – dipende causalmente (in tutto o in parte) dalla mera volontà del “creditore” della prestazione promessa, atteso che, ai sensi dell’art. 1355 c.c., “(è) nulla” soltanto “l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell’alienante o, rispettivamente, da quella del debitore” e non, come è ovvio, dalla volontà, ancorchè mera, dell’acquirente o del creditore;

nel caso di specie, la Terreni-Elsauto s.p.a. assumeva la veste di “creditore” della controprestazione (i bonus sotto forma di “sconti sul prezzo di cessione degli autoveicoli”) promessa al verificarsi dell'”avvenimento” (lo svolgimento, da parte della stessa Terreni-Elsauto s.p.a., delle “attività di marketing e promozione dei marchi”) cui il sorgere della stessa controprestazione era condizionato;

la prestazione delle “attività di marketing e promozione dei marchi” trovava quindi nel contratto di concessione di vendita un evidente nesso di corrispettività con la controprestazione/bonus, con la conseguenza che, contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR, la facoltatività della stessa prestazione non era, di per sè, giuridicamente idonea a escluderne l’assoggettabilità all’IVA (in tale senso, Cass., 10/06/2011, n. 12751);

tanto statuito, la CTR, in sede di rinvio, al fine di stabilire se le predette “attività di marketing e promozione dei marchi” costituissero o no operazioni imponibili ai fini dell’IVA (in particolare, prestazioni di servizi ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 1), dovrà provvedere a qualificare i bonus, stabilendo, in base al contenuto degli accordi contrattuali tra la società contribuente e la Citroèn Italia s.p.a., se si trattasse: a) di bonus cosiddetti quantitativi (ossia di erogazioni corrisposte a fronte dell’attività tipicamente svolta dal concessionario e incidente direttamente sul volume d’affari dell’impresa fornitrice/concedente), i quali, concretizzandosi in una remunerazione della medesima attività svolta in via ordinaria, sono soggetti al regime degli abbuoni o sconti di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, comma 2; b) di bonus cosiddetti qualitativi (ossia di erogazioni corrisposte non a fronte dell’attività tipicamente svolta dal concessionario ma in relazione allo svolgimento di attività collaterali e distinte da quella principale, quali azioni dirette all’espansione delle vendite, attività di marketing o attività legate, direttamente o indirettamente, alla fidelizzazione della clientela), i quali sono soggetti al regime ordinario qualora sussista un nesso di corrispettività tra la somma erogata dal fornitore dei beni e lo svolgimento, da parte del percettore della stessa, di specifiche attività, riconducibili alla categoria dei servizi a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 1; c) di bonus cosiddetti misti (ossia di erogazioni condizionate al raggiungimento di obiettivi di natura sia quantitativa che qualitativa), i quali sono anch’essi soggetti al regime degli abbuoni o sconti qualora il riconoscimento dello sconto sia collegato a attività qualitative non autonome ma funzionali alla realizzazione dell’obiettivo quantitativo (Cass., 28/06/2017, n. 16128);

passando al terzo e al quarto motivo – i quali, lamentando entrambi la nullità del medesimo capo della sentenza impugnata, avente a oggetto la deducibilità di costi ai fini dell’IRES e dell’IRAP e la detraibilità dell’IVA relativa ai corrispondenti acquisti, per il carattere meramente apparente della sua motivazione possono essere esaminati congiuntamente – in via preliminare, devono essere scrutinate le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla controricorrente sugli assunti che: a) entrambi detti motivi violerebbero il principio di autosufficienza del ricorso; b) il quarto motivo: b.1) non specifica se il vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 del sia denunciato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) o al n. 4); b.2) “si sostanzia (..) nella denuncia di un vizio di motivazione della sentenza di gravame (ascrivibile nell’area dell’art. 360 c.p.c., n. 5)”, in presenza di un’ipotesi di cosiddetta “doppia conforme”; b.3) “ripropone (…) la questione di fatto concernente l’inerenza o meno dei costi di assicurazione, manutenzione ed antifurto satellitare relativi alle c.d. “company car””;

tali eccezioni non sono fondate atteso che, rispettivamente: a) la valutazione dell’esistenza o no del denunciato vizio di nullità della sentenza impugnata per il carattere meramente apparente della sua motivazione può essere compiuta da questa Corte, in tutta evidenza, sulla base della sola lettura dei due motivi di ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso; b) quanto alle eccezioni relative al solo quarto motivo: b.1) il fatto che la ricorrente lamenti la violazione di una norma processuale (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36) e non sostanziale consente agevolmente a questa Corte di inquadrare il vizio denunciato nell’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4); b.2) il denunciato vizio di nullità della sentenza impugnata per il carattere meramente apparente della sua motivazione è inquadrabile, come detto, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) e non nel n. 5); b.3) con tale motivo, la ricorrente non ha chiesto a questa Corte una nuova valutazione dei fatti, difforme rispetto a quella operata dalla CTR, ma ha piuttosto denunciato l’inesistenza della motivazione (sub specie della sua apparenza) della sentenza impugnata;

nel merito, i due motivi sono fondati;

questa Corte ha chiarito che “si è in presenza di una “motivazione apparente” allorchè la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere /iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (Cass., S.U., 03/11/2016, n. 22232; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977);

la motivazione della sentenza impugnata nel capo concernente la deducibilità di costi ai fini dell’IRES e dell’IRAP e la detraibilità dell’IVA relativa ai corrispondenti acquisti rientra in modo paradigmatico in tale grave anomalia argomentativa, concretizzando, perciò, un caso di motivazione apparente, chiaramente al di sotto del “minimo costituzionale” (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054);

al riguardo, la CTR ha affermato, da un lato, in generale, che “tutte le riprese secondarie sono inerenti e deducibili (..) perchè le giustificazioni fornite dalla parte appaiono soddisfacenti tenuto conto dell’esiguità dell’importo” e, dall’altro lato, con specifico riguardo alle “spese relative agli autoveicoli”, che esse “sono da considerarsi in carico al concessionario in qualità di Company Car perchè dopo essere state utilizzate passano direttamente al parco macchine usate come merci destinate alla rivendita”;

tali affermazioni non estrinsecano il ragionamento che ha indotto il giudice di appello al convincimento delle suddette deducibilità e detraibilità, atteso che esse non consentono di comprendere: da un lato, nè quali fossero le “giustificazioni fornite dalla parte” nè perchè sia state ritenute “soddisfacenti”; dall’altro lato, nè quali prove la CTR abbia esaminato nè quale valenza abbia a esse attribuito per pervenire all’affermazione che i menzionati autoveicoli dovevano considerarsi delle cosiddette company car;

pertanto, accolti tutti i motivi di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 luglio 2020, e, a seguito di riconvocazione, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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