Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25136 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. trib., 07/12/2016, (ud. 23/11/2016, dep. 07/12/2016), n.25136

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 13221/09 proposto da:

Edil Pomezia S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro

tempore G.D., elettivamente domiciliata in Roma, Via

Edoardo D’Onofrio n. 43, presso lo Studio dell’Avv. Umberto Cassano,

che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.Ser. S.r.l., in persona del A.U. Frolo Gianfranco, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Cicerone n. 28, presso lo Studio dell’Avv.

Pietro Di Benedetto che la rappresenta e difende, anche

disgiuntamente, con l’Avv. Giuseppe Dicuonzo, giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e

Comune di Pomezia;

– Intimato –

avverso la sentenza n. 164/14/08 della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, depositata il 18 giugno 2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23

novembre 2016 dal Consigliere Dott. Ernestino Bruschetta;

udito l’Avv. Pietro Di Benedetto, per la controricorrente;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Giacalone Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con l’impugnata sentenza n. 164/14/08 depositata il 18 giugno 2008 la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, accolto l’appello di A.Ser. S.r.l., concessionario per la riscossione dei tributi del Comune di Pomezia, in riforma della decisione n. 303/06/07 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, respingeva il ricorso proposto da Edil Pomezia S.r.l. avverso “l’avviso di accertamento per infedele denuncia ICI n. (OMISSIS)”, ritenendo che l’atto fiscale fosse stato adeguatamente motivato, che al concessionario fosse stata legittimamente affidata la “fase di accertamento dei tributi” e nel merito che fosse fondato il recupero dell’imposta.

Contro la sentenza la contribuente proponeva ricorso per cassazione per un solo articolato motivo, al quale il concessionario resisteva con controricorso, mentre l’intimato Comune non presentava difese.

Diritto

1. Con l’unico articolato motivo rubricato “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, la contribuente censurava la sentenza sotto i successivi profili:

1.1. lamentava che erroneamente la CTR aveva riconosciuto al concessionario la “potestà impositiva”, formulando il seguente quesito: “Se la sentenza sia viziata per violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto l’avviso di accertamento ICI opposto è stato, infatti, emesso da un soggetto non legittimato, atteso che gli enti locali, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 5, lett. b) e art. 53 TUEELL possono gestire a mezzo di società di capitali soltanto servizi pubblici e non anche la gestione tributaria”.

La doglianza è però infondata alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha già avuto occasione di chiarire che “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), qualora il Comune, in applicazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, art. 52 che regola la potestà regolamentare generale delle Province e dei Comuni in materia di entrate, anche tributarie, affidi il servizio di accertamento e riscossione della tassa, mediante apposita convenzione, ai soggetti terzi indicati nella suddetta norma, il potere di accertamento del tributo spetta non già al Comune, ma al soggetto concessionario, al quale è pertanto attribuita anche la legittimazione processuale per le relative controversie, la cui sopravvenienza nel corso del giudizio gli attribuisce i poteri di intervento e di autonoma impugnazione previsti dall’art. 111 c.p.c. (Cass. sez. trib. n. 20852 del 2010; Cass. sez. trib. n. 6772 del 2010).

1.2. lamentava che erroneamente la CTR aveva giudicato motivato l’avviso, formulando il seguente quesito: “Se la sentenza sia viziata per violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto l’obbligo motivazionale dei provvedimenti impositivi non può dirsi assolto con la semplice allegazione agli stessi di una motivazione stereotipa, in quanto sussiste una profonda differenza tra motivazione succinta e motivazione stereotipa; nella specie la formula utilizzata dall’appellante nello spazio riservato alla motivazione dell’avviso opposto è sommaria e riduttiva, nulla aggiungendo ad un qualsivoglia altro atto accertativo che fosse stato notificato al contribuente”.

La doglianza è inammissibile non solo per difetto di autosufficienza, atteso che non viene riprodotto il documento richiamato, ciò che non permette alla Corte di verificare che il tenore dell’avviso corrisponda a quanto riferito dalla contribuente e quindi di esercitare qualsiasi attività nomofilattica, la quale deve ovviamente fondarsi su elementi di fatto certi (Cass. sez. trib. n. 9536 del 2013; Cass. sez. trib. n. 8312 del 2013); ma la doglianza è altresì inammissibile perchè il giudizio circa la idoneità della motivazione di un atto fiscale, implica un accertamento di fatto che pertanto andava censurato per vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis (Cass. sez. trib. n. 1439 del 2006).

1.3. lamentava che erroneamente la CTR aveva ritenuto dovuta la maggiore imposta accertata, questo perchè per la contribuente l’imposta versata sarebbe stata correttamente calcolata “sulla base del valore catastale, formulando i seguenti plurimi quesiti: “Se la sentenza sia viziata per violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto il valore assegnato ad un terreno oggetto di cessione tra privati non può assumersi a valore di riferimento oggettivo per la determinazione dell’area di proprietà di altri soggetti, poichè frutto unicamente dell’accordo delle parti e non di una valutazione scaturente da un provvedimento amministrativo”; “Se la sentenza sia viziata per violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto il criterio sintetico comparativo utilizzato nel caso in esame per la valutazione di terreno edificabile trova, invero, applicazione per la stima dei terreni agricoli, in quanto per le aree edificatorie il procedimento di valutazione che occorre seguire è quello basato sul cosiddetto prezzo di trasformazione che giunge alla determinazione del valore dell’area mediante individuazione del ricavo del prodotto edilizio ritraibile dall’edificazione della stessa con detrazione di tutti i costi necessari per la realizzazione del prodotto edilizio”; “Se la sentenza sia viziata per violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3) in quanto un’area edificatoria assume tale denominazione non solo e non tanto perchè un Piano Regolatore la inserisce tra i terreni edificabili, ossia fra quelli sui quali è consentita l’edificazione, bensì allorchè tale edificazione diventa conveniente e possibile.

La doglianza è sotto un primo profilo infondata perchè la prova comparativa ritenuta idonea dalla CTR, è certamente utilizzabile ai fini della determinazione del valore di terreni ai fini ICI (Cass. sez. trib. n. 7297 del 2012; Cass. sez. trib. n. 14385 del 2010); sotto un secondo profilo è invece inammissibile perchè se nella determinazione del valore ai fini ICI debba o no essere considerato il “cosiddetto prezzo di trasformazione”, è questione di accertamento di fatto che semmai doveva andare censurata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (Cass. sez. trib. n. 11080 del 2008; Cass. sez. trib. n. 1234 del 2006); sotto un terzo profilo è infine infondata, perchè il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), stabilisce invece che area edificabile è proprio quella “utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi”.

1.4. lamentava che erroneamente, giusto quanto stabilito dalla L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74 fossero state ritenute dovute imposte anteriori all’1 gennaio 2000 “fino alla data dell’avvenuta notificazione della rendita”, ma non formulando a riguardo alcun quesito, con la conseguente inammissibilità ex art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis.

1.5. lamentava che “solo in grado d’appello l’A.SER. S.r.l. avesse prodotto la documentazione richiamata nell’avviso”, formulando il seguente quesito: Se la sentenza sia viziata per violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3) in quanto solo in grado d’appello l’A.Ser. S.r.l. ha prodotto la documentazione richiamata nell’avviso di accertamento ed è alquanto singolare che siano stati presi ha riferimento, per la rideterminazione del valore degli immobili, taluni atti di vendita di privati (“sono stati analizzati alcuni atti di compravendita relativi alla stessa zona omogenea…”) anzichè una stima effettuata dalla P.A., con potestà amministrativa, che certamente avrebbe garantito maggiore imparzialità ed obbiettiva valutazione”.

Il motivo è preliminarmente inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, e art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis, atteso che nemmeno è stata indicata la violazione di legge addebitabile alla CTR.

2. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate e distratte come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la contribuente a rimborsare al concessionario le spese processuali, liquidate in Euro 1.400,00 a titolo di compenso, oltre a spese forfetarie e accessori di legge, da distrarsi a favore dell’Avv. Pietro Di Benedetto che in udienza ne ha fatto richiesta.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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