Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25133 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. I, 08/10/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 08/10/2019), n.25133

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco A. – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19792/2016 proposto da:

M.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Drogo Antonio Maria Salvatore;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 908/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata l’11/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/09/2019 dal Cons. Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con ricorso depositato tempestivamente, M.A. cittadino originario del Kossovo, impugnava dinanzi al Tribunale di Roma il provvedimento con cui la Commissione Territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente fondava la sua domanda sul pericolo di persecuzione nel Kossovo degli ex appartenenti all'(OMISSIS), i quali erano fuggiti ed erano pertanto considerati traditori nel proprio paese, essendosi rifiutati di combattere in favore degli albanesi residenti in Macedonia.

Il Tribunale di Roma aveva respinto il ricorso.

La Corte d’Appello di Roma con la sentenza n. 908/2016, confermava integralmente il provvedimento di primo grado ed escludeva il riconoscimento di ogni forma di protezione.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, M.A..

Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo denuncia violazione di legge per non avere la Corte territoriale attivato poteri officiosi necessari a fornire una rappresentazione adeguata della situazione del paese di origine del ricorrente, essendosi limitata a basarsi sul parere del MAE, omettendo di pronunciarsi sul permesso umanitario in considerazione della situazione di instabilità del paese e della lunga permanenza del richiedente nel territorio italiano.

Il secondo motivo denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere la Corte territoriale escluso che i fatti narrati dal richiedente integrino i presupposti per la protezione internazionale, nonostante la perdurante situazione di conflitto in Kosovo.

Deve senz’altro rilevarsi l’inammissibilità del secondo motivo che denuncia il vizio di carenza motivazionale, non più censurabile alla luce della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5), applicabile ratione temporis al caso di specie.

La Corte territoriale ha infatti specificamente attivato i propri poteri officiosi, mediante la richiesta di informazione al Ministero degli affari esteri.

Si osserva al riguardo che il dovere di cooperazione istruttoria officiosa sulla situazione del Paese di origine del richiedente che incombe sulle autorità decidenti – ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e art. 27, comma 1 bis, – è correttamente adempiuto acquisendo le necessarie informazioni anche dai rapporti conoscitivi del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, trattandosi di fonti qualificate equiparate a quelle di altri organismi riconosciuti di comprovata affidabilità e perchè provenienti da un dicastero istituzionalmente dotato di competenze, informative e collaborative, nella materia della protezione internazionale (Cass. 11103/2019).

La corte non si è limitata a fare un generico richiamo a report o notizie acquisite dal Ministero degli Affari Esteri, ma ha fondato il proprio convincimento sulle specifiche informazioni sul Kosovo, riferite dal Ministero in relazione alla specifica situazione prospettata dal richiedente, in relazione alla condizione degli ex appartenenti all'(OMISSIS).

La corte territoriale, pertanto, con apprezzamento adeguato, sulla base di argomentazione logica e coerente con le informazioni acquisite, ha escluso la sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione internazionale, rilevando che le originarie ritorsioni nei confronti degli ex appartenenti all'(OMISSIS) nel Kossovo non erano più attuali da diversi anni e che in tale paese vige, allo stato, una costituzione democratica ed una situazione di stabilità.

A fronte di tale accertamento, il ricorrente non ha assolto all’onere dell’allegazione di specifici fatti che possano giustificare la concessione dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria, sia avuto riguardo ad una propria condizione che alla generale situazione del Kosovo, limitandosi a denunciare l’instabilità dell’area ed il rischio di una ripresa del terrorismo.

Del pari, con riferimento alla protezione umanitaria il richiedente si è limitato a censurare in via del tutto generica la statuizione della Corte, che ha escluso la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria, rilevando che essa non può farsi discendere dal possesso di una stabile situazione lavorativa, ma non ha denunciato una specifica situazione di vulnerabilità del richiedente.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e considerato che il Ministero degli Affari Esteri non ha svolto difese non deve provvedersi sulle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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