Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25132 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. trib., 07/12/2016, (ud. 23/11/2016, dep. 07/12/2016), n.25132

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – rel. Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15595-2013 proposto da:

B.D., elettivamente domiciliata in ROMA VIA CASSIODORO 19,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE TORRE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MATTEO DE CRESCENZO giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI POLLICA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO ARMENTANO, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCO MORENA giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 41/2013 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

SALERNO, depositata il 15/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/11/2016 dal Presidente e Relatore Dott. DOMENICO CHINDEMI;

udito per il controricorrente l’Avvocato POTENZA per delega

dell’Avvocato MORENA che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con sentenza n. 41/04/13, depositata il 15.1.2013, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, accoglieva l’appello proposto dal Comune di Pollica, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Salerno n. 522/13/2011, confermando la legittimità dell’avviso di accertamento ICI, per l’anno 2004, nei confronti di B.D..

Il contribuente impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo 8 motivi.

Il Comune di Pollica si è costituito con controricorso ed ha presentato memoria. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

1. Va, preliminarmente, rilevata la inammissibilità di tutti i motivi di ricorso per la contemporanea denuncia di violazione di norme di diritto e il difetto di motivazione, allorchè tale ultima censura non faccia riferimento alla erronea valutazione normativa (nel qual caso deve ritenersi assorbita tale denuncia nella violazione di legge), attribuendo alla decisione impugnata sia un’errata applicazione delle norme di diritto, sia il vizio relativo all’incongruità della motivazione.

L’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa intende rimettere alla Corte decidente il compito di isolare le singole censure teoricamente suscettibili di valutazione in sede di legittimità, onde ricondurle poi ad uno dei mezzi d’impugnazione sopra enunciati.

Una tale impostazione, che assegna al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente al fine di decidere successivamente su di esse, è inammissibile, perchè sovverte i ruoli dei diversi soggetti del processo, e rende il contraddittorio aperto a conclusioni imprevedibili, gravando l’altra parte del compito di farsi interprete congetturale delle ragioni che il giudice potrebbe discrezionalmente enucleare dal conglomerato dell’esposizione avversaria. (cfr Cass. 23/09/2011, n. 19443).

2. Il ricorso è, comunque, infondato.

Col primo motivo viene dedotto l’omessa pronuncia della CTR in ordine alla eccezione di tardività dell’appello in quanto notificato oltre i termini di legge, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

La censura è, in primo luogo, inammissibile in quanto la parte che lamenti il mancato rilievo della tardività, sollecitando il giudice di legittimità a provvedervi nell’esercizio dei propri poteri officiosi, ha l’onere di indicare gli elementi di fatto al cui riguardo richiede la verifica (Cass. Sez. 6 – 5, Ord. 6/05/2013 n. 10440). Nella fattispecie la parte si è limitata ad affermare l’omessa pronuncia sulla eccepita tardività dell’appello, sollecitando, quindi, la Corte a ripercorrere in modo esplorativo l’intero sviluppo della attività procedimentale.

Il motivo è comunque infondato in quanto la notifica della sentenza di primo grado è avvenuta in data 17.1.2012 e l’appello risulta notificato in data 17 marzo 2012, come si evince dal timbro sulla busta raccomandata allegata al fascicolo d’ufficio e, pur tenendo conto che il 2012 è stato anno bisestile, l’appello risulta ritualmente proposto tramite il servizio postale il sessantesimo giorno dalla notifica della sentenza.

3. Gli altri motivi fondati sull’accertamento ICI per l’anno 2004 sono inammissibili, non risultando i documenti richiamati depositati nel giudizio di cassazione in violazione dell’art. 369 c.p.c..

Con riferimento ai motivi di ricorso, manca inoltre la indicazione della sede processuale in cui detti documenti risultano prodotti, e manca, soprattutto, come già evidenziato, il deposito, unitamente al ricorso, di detti documenti ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, onere che non può ritenersi soddisfatto con la mera richiesta di acquisizione del fascicolo d’ufficio dei gradi di merito, nè, eventualmente, col deposito di tale fascicolo e/o del fascicolo di parte (che in ipotesi tali atti contenga), se esso non interviene nei tempi e nei modi di cui al citato art. 369 c.p.c., e se nel ricorso non si specifica che il fascicolo è stato prodotto, indicando la sede in cui il documento è rinvenibile (v. S.U. n. 28547 del 2008 e, tra le altre, Cass. n. 24940 del 2009 nonchè n. 303 del 2010 e, da ultimo, SU n. 7161 del 2010).

Come evidenziato, non vengono, in particolare riprodotte testualmente le motivazioni dell’ avviso di accertamento, documenti al quale questa Corte non può accedere direttamente e la cui conoscenza è necessaria per valutare la fondatezza delle censura proposte in questa sede.

3) Tutte le residue censure sono,comunque, infondate e/o inammissibili sotto altri profili.

In relazione al secondo, terzo, quarto motivo di ricorso con cui si lamenta il mancato esame di 15 motivi dell’appello incidentale (secondo motivo), anche con riferimento alla mancata contestazione da parte dell’Ufficio delle censure di cui all’appello incidentale condizionato (terzo motivo), nonchè l’introduzione di nuovi temi di indagine (quarto motivo) ne va rilevata, in relazione al secondo e terzo, la mancanza di autosufficienza non risultando indicati specificamente tali motivi e la loro decisività ai fini del giudizio.

Peraltro, per avere rilevanza, la non contestazione deve, fondamentalmente, riguardare i fatti da accertare nel processo e non la determinazione della loro dimensione giuridica; quindi se la contestazione concerne, come nel caso di specie, l’interpretazione data alla disciplina legale o contrattuale (nel caso concreto inconferenza dell’appello principale con le censure dedotte in primo grado e pretesa introduzione di temi di indagine nuovi, eccezioni e doglianze, esposte in ricorso in forma generica) si colloca in un ambito di sostanziale irrilevanza, appartenendo al potere – dovere del giudice la cognizione di tale disciplina, che non può, dunque, risultare condizionata dalle prospettazioni difensive e dai comportamenti processuali delle parti. (Cfr Cass. Sez. U, 23/01/2002 n. 761)

Con riferimento al quarto motivo, va osservato che la sufficienza della motivazione va intesa in rapporto alla ratio decidendi, nel senso che presuppone la concreta e intellegibile esposizione dì codesta ratio in rapporto ai fatti che ne sono alla base. In questo senso il vizio che inficia il ragionamento giustificativo, tanto per incompletezza dei dati che per difetto di rigore logico, è sindacabile in cassazione, in base alla previgente normativa, sotto il profilo della motivazione insufficiente in quanto inidonea a fornire adeguata giustificazione della decisione adottata. Nella fattispecie la sentenza è stata ritenuta adeguatamente motivata con riferimento alle ragioni fattuali, con conseguente legittima reiezione, anche implicita, delle censure mosse con il motivo di appello, avendo la CTR escluso l’asserita violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e avendo l’Amministrazione svolto mere attività difensiva in ordine alle censure sollevate dal contribuente.

4. Anche il quinto motivo con cui si lamenta insufficiente motivazione in ordine alla ritenuta non necessità della firma autografa, con riferimento alla erronea indicazione delle giurisprudenza da parte della CTR, è priva di valenza risolutiva in quanto, ratione temporis, non è elemento necessario ai fini della validità dell’atto emanato dalla Amministrazione, la sottoscrizione del legale rappresentante dello stesso, essendo sufficiente la riferibilità dell’atto all’Autorità da cui promanava, in quanto “l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia espressamente prevista dalla legge” (Corte Cost. 117/2000; cfr Cass..n 4923/2007; Cass. 29/10/2007 n. 22692).

Solo nel caso in cui la mancanza di sottoscrizione dell’atto non consenta di individuare l’Autorità da cui provenga il provvedimento, ne va pronunciata la nullità, circostanza non sussistente e neanche prospettata nella fattispecie.

5. Anche il sesto motivo, con cui si deduce l’erronea valutazione dei giudici di appello in ordine alla ritenuta legittimità degli interessi richiesti è infondato. In quanto, con valutazione di merito, non censurabile in sede di legittimità, la CTR ha affermato sul punto che “il Comune si è attenuto ad applicare il tasso di interessi previsto dal Regolamento comunale (L. n. 662 del 1999, art. 3, comma 141)”, attribuendo tale normativa la facoltà al Comune di determinare la misura degli interessi in base a parametri determinati (“tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale”).

6. Il settimo motivo con cui si denuncia la mancata correlazione tra avviso di accertamento e iscrizione catastale va disatteso in quanto la CTR ha correttamente individuato in motivazione il presupposto della tassazione (diritto reale di superficie in capo al soggetto concessionario di un’area demaniale sulla quale insiste una costruzione) e il meccanismo di calcolo della base imponibile (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 4, per i fabbricati non iscritti in catasto “sulla base di un calcolo matematico che consente di individuare la base imponibile e che si risolve nella moltiplicazione della rendita catastale per un coefficiente che varia secondo la categoria dell’immobile”).

7. Anche l’ultimo motivo, con cui si censura la tassazione ICI della struttura per la omessa valutazione del punto n) del permesso di costruire che impone la rimozione dell’intera struttura alla data del 31 ottobre dell’anno di riferimento, va disatteso, avendo la CTR accertao, con valutazione di merito, che è risultato infondato l’assunto dei primi giudici che tutte le strutture dello stabilimento balneare venissero ogni anno smontate e rimosse.

Va, conseguentemente, rigettato il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 500,00 per compensi professionali, oltre spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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