Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2513 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/02/2020, (ud. 08/10/2019, dep. 04/02/2020), n.2513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26390-2018 proposto da:

A.B., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GAETANO IROLLO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7349/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 06/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

RIVERSO.

Fatto

CONSIDERATO

CHE:

la Corte d’appello di Napoli, con sentenza pubblicata il 6/3/2018, in parziale accoglimento dell’appello ed in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il diritto di A.B. all’assegno di invalidità civile a decorrere dal 1/8/2009 e fino al 31/12/2009; e compensava interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

A fondamento della pronuncia la Corte d’appello riconosceva l’esistenza del requisito sanitario fino al settembre 2012, tuttavia accoglieva la domanda solo per l’anno 2009, mentre per il periodo successivo riteneva non provata l’entità dei redditi percepiti sostenendo che il ricorrente avesse omesso di produrre qualsiasi documentazione integrativa dell’Agenzia delle Entrate.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.B. con due motivi di ricorso; l’Inps è rimasto intimato.

E’ stata comunicata alle parti la proposta del Giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

RITENUTO

CHE:

1.- con il primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione, nonchè error in procedendo, ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, in relazione all’art. 115,116,345,437 c.p.c., nonchè art. 2697 c.c., L. n. 118 del 1971, art. 13,L. n. 153 del 1969, art. 26 ed artt. 24 e 111 Cost., in quanto la Corte d’appello aveva erroneamente limitato il riconoscimento del diritto all’assegno di invalidità e la conseguente condanna dell’Inps al pagamento dei ratei per il solo periodo dall’1/8/2009 fino al 31/12/2009 senza tener conto della non contestazione da parte dell’Istituto della mancanza di redditi per il periodo fino al 31/12/2011; inoltre la Corte aveva omesso di esercitare il potere dovere di richiedere d’ufficio il rinnovo della certificazione reddituale.

2.- Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., avendo la Corte compensato le spese di giudizio, in particolare quelle di secondo grado nonostante l’accoglimento del gravame.

3.- Il primo motivo di ricorso, avente valore assorbente, è fondato dal momento che il ricorrente aveva dedotto nell’atto introduttivo del giudizio, depositato in data 12/7/2010, di trovarsi nelle condizioni reddituali previste dalla legge per poter fruire della prestazione richiesta in quanto dal 2008 non aveva conseguito alcun tipo di reddito assoggettabile a tassazione ai fini Irpef come da certificazione esibita agli atti. Il ricorso in primo grado è stato poi rigettato per mancanza del requisito sanitario.

Anche nell’atto di appello il ricorrente aveva esposto di non percepire alcun reddito dal 2008 e che dal 27/5/2009 fosse iscritto presso il collocamento ordinario. L’Inps che in primo grado non aveva eccepito alcunchè sull’esistenza del requisito reddituale, costituendosi in data 6/6/2016, eccepiva soltanto che “a partire dall’anno 2012 il ricorrente lavorava come lavoratore subordinato ed aveva dichiarato all’Inps le retribuzioni superiori al limite legale per poter beneficiare dell’assegno di invalidità civile”.

4.- L’Istituto quindi ha omesso di contestare la mancanza dei redditi affermata dalla ricorrente, sia in primo grado sia in appello, per il periodo fino al 31.12.2011; sicchè per gli anni in questione il requisito reddituale può essere ritenuto comprovato per non contestazione dal momento che l’esistenza del relativo fatto costitutivo era stata chiaramente allegata dal ricorrente, mentre l’INPS, che aveva avuto occasione di replicare, non ha mai proceduto ad una specifica contestazione (sull’operatività del principio di non contestazione in generale v. Cass. sentenza n. 21075 del 19/10/2016; nonchè ordinanza n. 31619 del 06/12/2018; sull’onere di contestazione in materia di requisito reddituale, v. Cass. Sentenza n. 13973 del 7 luglio 2015 e n. 4368 del 20 febbraio 2017).

5. Inoltre va ricordato che in materia di requisito reddituale questa

Corte ha in più occasioni (v. ordinanza n. 3027/2016 e n. 1704/2015), in presenza di significative piste probatorie, richiamato il giudice di merito all’esercizio dei propri poteri istruttori d’ufficio da esercitarsi anche in appello ai sensi del combinato disposto degli artt. 421 e 437 c.p.c., ed, anche in presenza di decadenze e preclusioni già verificatesi.

5.- Il motivo sulla regolazione delle spese rimane assorbito.

6.- La sentenza impugnata deve essere quindi cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione che procederà ad un nuovo giudizio conformandosi a principi sopra indicati e provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

7.- Non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, ove dovuto.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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