Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25129 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 10/11/2020, (ud. 09/07/2020, dep. 10/11/2020), n.25129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Mar – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 15002 del ruolo generale dell’anno 2015,

proposto da:

DE.NI.FIN. 91 s.r.l., in persona dell’amministratore unico sig.ra

M.A.M., rappresentata e difesa, giusta procura speciale

apposta su foglio separato materialmente congiunto al ricorso,

dall’avv.to Bernardo Cartoni, elettivamente domiciliato presso lo

studio del difensore, in Roma, Via Eleonora d’Arborea n. 30;

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

Nonchè

Equitalia Sud s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al

controricorso dall’avv.to Paolo Puri, elettivamente domiciliato

presso lo studio del difensore, in Roma, XXIV Maggio n. 43;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio n. 7416/04/2014, depositata il 9 dicembre 2014,

non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9

luglio 2020 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido

di Nocera.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– con sentenza n. 7416/04/2014, depositata il 9 dicembre 2014, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Lazio rigettava l’appello proposto da DE.NI.FIN, in persona del legale rappresentante pro tempore, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nonchè di Equitalia Sud s.p.a. avverso la sentenza n. 185/01/2012 della Commissione tributaria provinciale di Viterbo che aveva rigettato il ricorso proposto dal contribuente avverso la cartella di pagamento n. (OMISSIS) relativa all’iscrizione a ruolo di Euro 155.963,14 a titolo di Iva per gli anni 1994-1995;

– in punto di diritto, la CTR, per quanto di interesse, ha affermato che: 1) non sussistevano le condizioni per disporre il richiesto differimento dell’udienza di trattazione della causa essendo stata la data dell’udienza comunicata alle parti con congruo anticipo e non valendo “la successiva assunzione di altro impegno professionale” a giustificare il rinvio (peraltro dalla documentazione prodotta a sostegno della istanza si evinceva che la prenotazione del volo era stata fatta in un momento in cui era ancora possibile richiedere la trattazione della causa in pubblica udienza); 2) era infondata la censura relativa alla assunta carenza di riempimento della relata di notifica della cartella, essendo la notifica avvenuta, a mezzo del servizio postale, con la consegna a mani del portiere (potendo essere la notificazione, a mezzo servizio postale, della cartella eseguita mediante invio da parte dell’esattore di lettera racc.ta con avviso di ricevimento ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26) e, d’altra parte, avendo la tempestiva proposizione della impugnazione della cartella sanato ogni possibile nullità della notificazione dell’atto medesimo; 3) la censura relativa alla assunta irregolare sottoscrizione del ruolo era astratta e ipotetica, non essendo stata impugnata dalla contribuente in sede di gravame l’altra ratio decidendi della CTP sul punto, concretantesi nell’affermata impossibilità da parte della società di proporre censure avverso atti dei quali non aveva mai preso visione;

– avverso la sentenza della CTR, la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui resistono, con rispettivi controricorsi, l’Agenzia delle entrate e Equitalia Sud s.p.a.;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis 1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– in data 9 luglio 2020 si tiene l’adunanza camerale nell’aula d’udienza della sezione V civile del palazzo della Corte di Cassazione alla presenza dei magistrati pres. del collegio Giacinto Bisogni, cons. Enrico Manzon, cons. Salvatore Saija e con la presenza in collegamento remoto attraverso la piattaforma Microsoft Teams individuata con decreto dirigenziale adottato ai sensi del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, convertito in L. n. 24 del 2020 dal direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e pubblicato sul portale dei servizi telematici in data 20 marzo 2020 – dei magistrati cons. Giacomo Maria Nonno e cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido Di Nocera, ai quali è assicurata la disponibilità agli atti attraverso la medesima piattaforma;

– con il primo motivo, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, art. 31, comma 2, art. 34, nonchè dell’art. 24 Cost., per avere la CTR, a fronte del documentato e non contestato impedimento del difensore, disatteso l’istanza di rinvio dell’udienza (camerale) di trattazione della causa, in violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa;

– il motivo è infondato;

– questa Corte, a sezioni unite, ha affermato il principio secondo cui “l’istanza di rinvio dell’udienza di discussione della causa per grave impedimento del difensore, ai sensi dell’art. 115 disp. att. c.p.c., deve fare riferimento all’impossibilità di sostituzione mediante delega conferita ad un collega (facoltà generalmente consentita dal R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 9 e tale da rendere riconducibile all’esercizio professionale del sostituito l’attività processuale svolta dal sostituto), venendo altrimenti a prospettarsi soltanto un problema attinente all’organizzazione professionale del difensore, non rilevante ai fini del differimento dell’udienza”.(Cass., sez. un., Ordinanza n. 4773 del 26/03/2012; Sez, 1, Sentenza n. 19583 del 27/08/2013);

– la CTR si è attenuta al suddetto principio, avendo disatteso l’istanza di rinvio dell’udienza di trattazione della causa in quanto – a fronte dell’avvenuta comunicazione alle parti della data dell’udienza con congruo anticipo – la “successiva assunzione di altro impegno professionale” non poteva costituire valido motivo giustificativo del detto rinvio, tanto più che dalla documentazione prodotta a sostegno della istanza, la prenotazione del volo era stata effettuata in un momento in cui era ancora possibile la richiesta di trattazione in pubblica udienza;

– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del disposto dell’art. 149 c.p.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e della L. n. 890 del 1982 nonchè l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata su di un fatto decisivo e controverso del giudizio, per avere la CTR rigettato l’eccezione riproposta in sede di gravame – di inesistenza/nullità insanabile della notifica della cartella, stante l’incompletezza della relata (per mancanza della data di spedizione e delle generalità del soggetto notificante), limitandosi ad affermare (con ciò eccedendo il thema decidendum) che la notifica si era perfezionata alla data indicata nell’avviso di ricevimento e, che, d’altra parte, la eventuale nullità della notifica fosse stata sanata dalla tempestiva proposizione del ricorso e, dunque, dal raggiungimento dello scopo, ancorchè la sanatoria di cui all’art. 156 c.p.c. avesse valenza solo endoprocessuale e la cartella, quale atto preprocessuale, non fosse sanabile;

– il motivo – che consta di due sub censure- è, in parte, inammissibile, in parte, infondato;

– in particolare, è inammissibile la sub censura con la quale si denuncia il difetto di motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio in quanto trattasi di vizio non più censurabile in virtù della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis nella specie, per essere stata la sentenza di appello depositata in data 9 dicembre 2014 (v. nello stesso senso, Cass. 30948 del 2018);

– quanto all’altra sub censura concernente il profilo della violazione di legge, va premesso che la CTR ha fondato il rigetto del motivo di gravame relativo alla assunta inesistenza della notifica della cartella (per assunta incompletezza della relata) in primo luogo sul rilievo oggetto di un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità – che la notifica, nella specie, fosse avvenuta, a mezzo del servizio postale, con la consegna a mani del portiere, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e, perciò, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica; ciò, in ossequio all’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui “In tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, seconda parte, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal cit. art. 26, penultimo comma, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione” (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, 19 marzo 2014, n. 6395; Cass. sez. 6-5, ord. 24 luglio 2014, n. 16949; Cass. sez. 6-5, ord. 13 giugno 2016, n. 12083; Cass. sez. 5, 18 novembre 2016, n. 23511; v. Cass. n. 8086 del 2018, con riguardo alla notifica di preavviso di fermo amministrativo); in particolare, “Qualora la notifica della cartella di pagamento nei confronti di una società sia eseguita direttamente dal concessionario mediante raccomandata con avviso di ricevimento, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26, comma 1, seconda parte, per il relativo perfezionamento è sufficiente che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz’altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale, se non di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la propria firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente, dovendosi escludere, stante l’alternatività di tale disciplina speciale rispetto a quella dettata dalla L. n. 890 del 1982 e dal codice di rito, l’applicabilità delle disposizioni in tema di notifica degli atti giudiziari e, in specie, dell’art. 145 c.p.c.” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 23511 del 18/11/2016); inoltre, in tema di notifica della cartella esattoriale ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26, comma 1, seconda parte, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data è assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, non essendo necessario che l’agente della riscossione produca la copia della cartella di pagamento, la quale, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, deve ritenersi ritualmente consegnata a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo provi di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (Cass. n. 15795/2016; 12083/2016; n. 23213/2014; n. 16949/2014; 4895/2014; n. 9111/2012; n. 270/2012); si è osservato anche che se manchino nell’avviso di ricevimento le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelligibile, l’atto è pur sempre valido, poichè la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c. ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento della raccomandata (Cass. n. 22488/2014; n. 2008/2008); al riguardo, questa Corte ha precisato che “qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982, potendosi far valere solo a mezzo querela di falso le questioni circa la riferibilità della firma al destinatario della notifica” (Cass. n. 29022 del 2017);

– peraltro, anche l’ulteriore affermazione della CTR (costituente la seconda ratio decidendi della questione) dell’avvenuta sanatoria di ogni eventuale nullità della notificazione per raggiungimento dello scopo, avuto riguardo alla tempestiva impugnazione della cartella da parte della società (e non essendo stata prospettata alcuna questione di scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento) è conforme all’orientamento di questa Corte, a sezioni unite, secondo cui “la natura sostanziale e non processuale (nè assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l’applicazione, per l’avviso di accertamento, in virtù del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c.. Tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza – previsto dalle singole leggi d’imposta – per l’esercizio del potere di accertamento.(Cass., sez. U, Sentenza n. 19854 del 05/10/2004); questa Corte, ha, altresì, precisato che “In tema di atti d’imposizione tributaria, la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento, ma una condizione integrativa d’efficacia, sicchè la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio del potere all’Amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo onere probatorio” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8374 del 24/04/2015; Sez. 5, Ordinanza n. 21071 del 24/08/2018);

– con il terzo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 4, del D.Lgs. n. 82 del 2005, artt. 20, 24 e 32, degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. per avere la CTR – a fronte della reiterata, in sede di gravame, doglianza circa la mancata sottoscrizione del ruolo, con conseguente illegittimità della cartella per carenza di valido titolo esecutivo – disatteso la censura in quanto ipotetica e astratta per non essere stata impugnata dalla società l’altra ratio decidendi relativa alla affermata impossibilità di proporre censure in relazione ad atti di cui non si fosse prima preso visione, ancorchè tale ratio fosse stata impugnata dalla contribuente; con ciò violando, ad avviso della ricorrente, le regole processuali relative all’onere probatorio e all’ampiezza del thema probandum, non avendo l’Agenzia dimostrato la qualità di titolo esecutivo del ruolo e in particolare la regolarità della relativa sottoscrizione;

– il motivo è inammissibile, dato che, da un lato, non coglie il decisum e dall’altro tende ad una inammissibile rivisitazione di accertamenti di merito effettuati dal giudice di appello;

– infatti, nella sentenza impugnata la CTR – posto il fondamento della decisione della CTP di rigetto della censura relativa alla assunta irregolare sottoscrizione del ruolo su due rationes decidendi (regolare formazione del ruolo nel rispetto delle prescrizioni normative e impossibilità da parte del ricorrente di censurare un documento mai visionato) – ha disatteso la riproposta censura – non già in quanto il ruolo risultava regolarmente formato – ma in quanto “astratta e ipotetica”, ritenendo – con un accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità e, peraltro, non smentito dallo stralcio dell’atto di appello riportato in ricorso (pag. 10) concernente soltanto la contestazione dell’effettivo rispetto della normativa del Codice dell’Amministrazione digitale (CAD) – non essere stata aggredita dall’appellante la seconda ratio decidendi della decisione di primo grado (relativa alla impossibilità di censurare un documento mai visionato) ed essendosi, sul punto, sostanzialmente formato il giudicato interno; ciò peraltro, in ossequio al principio di diritto consolidato di questa Corte secondo cui: “Ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza”. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18641 del 27/07/2017; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 22753 del 03/11/2011; Sez. L, Sentenza n. 3386 del 11/02/2011; Sez. 3, Sentenza n. 24540 del 20/11/2009; Cass. n. 3965 del 19/03/2002);

– con il quarto motivo, la ricorrente denuncia la nullità della cartella di pagamento per assenza dei poteri del funzionario sottoscrittore del ruolo (tal ” P.T.”), a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015;

– il motivo è inammissibile;

– va osservato che in base all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronuncia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza non riguardante il “decisum” della sentenza gravata (così ad es. sez. 5 n. 17125 del 2007 e sez. 1 n. 4036 del 2011). In altri termini, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi della citata disposizione (così Cass., sez. 5, n. 21296 del 2016; Sez. 6 – 5, n. 187 del 08/01/2014; Sez. 5, n. 17125 del 03/08/2007; sez. 3, n. 359 del 2005 e altre); nella specie, il motivo in questione non menziona alcun passaggio della sentenza impugnata, trattandosi di censura diretta nei confronti della cartella;

– trattasi, comunque, di censura inammissibile per novità della questione dedotta e per violazione del principio di autosufficienza, evidenziandosi, sotto il primo profilo, che dal contenuto della sentenza impugnata non emerge la proposizione della specifica eccezione di carenza di poteri del sottoscrittore del ruolo e, sotto il secondo profilo, che è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione di quelle questioni innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare- riproducendone il contenuto nelle parti rilevanti – in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. n. 17831 del 2016, n. 23766 e n. 1435 del 2013, n. 17253 del 2009);

– in conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato;

– le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia Sud s.p.a. delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 5.000,00 a titolo di compensi, oltre spese prenotate a debito;

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA