Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25129 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. trib., 07/12/2016, (ud. 21/11/2016, dep. 07/12/2016), n.25129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7559-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

HOSTERIA BORSIERI DI P.A. & C. SNC, P.A.;

– intimati –

e contro

C.R., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA GENTILE

DA FABRIANO 3, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE CAVALIERE,

che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 9/2009 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 27/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/11/2016 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per la resistente l’Avvocato CAVALIERE che ha chiesto

l’inammissibilità e il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione su due motivi avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 09/03/09, depositata il 27.01.2009 e non notificata, con la quale, previa riunione dei giudizi promossi nei confronti della società Hosteria Borsieri di P.A. e c. SNC e dei soci C.R. e P.A., rigettando l’appello dell’Ufficio, è stata confermata l’illegittimità degli avvisi di accertamento emessi per IVA ed IRAP nei confronti della società per l’anno 2002 e per le imputazioni reddituali dei soci per trasparenza.

Il giudice a quo ha affermato che il metodo seguito dall’Ufficio, che aveva proceduto ad una ricostruzione analitica dei ricavi per presunzioni ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, era plausibile, ma che “in concreto, si presta alle censure del contribuente atteso che le operazioni eseguite implicano una serie di presunzioni scarsamente attendibili non sorrette da un valido apparato probatorio” e che l’Agenzia aveva riprodotto argomentazioni non persuasive.

Gli intimati P.A. e C.R., nella qualità di soci e gerenti della società, a mezzo del difensore munito di procura speciale notarile, hanno partecipato alla discussione in pubblica udienza.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

1.2. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la omessa motivazione da parte della CTR in merito alle risultanze istruttorie o deduzioni difensive in ragione delle quali è stata esclusa la attendibilità dei rilievi dell’Ufficio e, quindi, l’esistenza di utili non dichiarati in capo alla società (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

1.3. Con il secondo motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38, 39 e 40, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, art. 115 c.p.c., artt. 2697,2727 e 2729 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) perchè la CTR, pur ritenendo sussistenti i presupposti per l’accertamento analitico-induttivo, aveva affermato che l’Ufficio avrebbe dovuto fornire ulteriore sostegno probatorio alle presunzioni.

1.4. I motivi vanno trattati congiuntamente in quanto il corretto iter motivazionale è connesso alla questione relativa ai poteri dell’Ufficio conferiti dalla superiore normativa. Sono fondati e vanno accolti.

Invero la CTR pur avendo ritenuto legittimamente eseguita l’attività accertativa con metodo analitico-induttivo, come si desume dalla affermazione che il metodo seguito è stato “strettamente plausibile”, ha tuttavia disatteso i risultati dell’accertamento e ritenuto che le operazioni per il computo dei maggiori ricavi avevano implicato “una serie di presunzioni scarsamente attendibili non sorrette da un valido apparato probatorio”, senza ulteriori delucidazioni motivazionali.

Questa Corte (Cass. nn. 17408/2010,5870/2012) in ipotesi simile a quella in esame ha osservato che “nella prova per presunzioni, la relazione tra il fatto noto e quello ignoto non deve avere carattere di necessità, essendo sufficiente che l’esistenza del fatto da dimostrare derivi come conseguenza del fatto noto alla stregua di canoni di ragionevole probabilità. Pertanto, in tema di accertamento presuntivo del reddito d’impresa, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), è stato ritenuto legittimo l’accertamento che abbia ricostruito i ricavi di un’impresa di ristorazione sulla base del consumo unitario dei tovaglioli utilizzati (Cfr., tra le altre, Cass. nn. 51/1999 in tema di materia prima per produrre prodotti di ristorazione, 6465 e 9884/2002, 15808/06 in tema di consumo di tovaglioli, e, in altro settore, consumo guanti monouso in odontoiatria). Si è anche rilevato che l’acqua minerale può costituire valido elemento per la ricostruzione presuntiva del volume di affari della società intimata, esercente la medesima attività, in quanto il consumo dell’acqua minerale deve ritenersi un ingrediente fondamentale, se non addirittura indispensabile, nelle consumazioni effettuate sia nel settore del ristorante che della pizzeria.

Si deve altresì rammentare che la facoltà per l’Amministrazione Finanziaria di procedere ad accertamento induttivo, sussiste non solo quando la dichiarazione del contribuente non sia congrua con gli studi di settore, ma quando gli accertamenti possano essere fondati sull’esistenza di gravi incongruenze tra ricavi, compensi ed corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività, ed a ciò consegue, quindi, l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.

1.7. La CTR, nel caso in esame, non ha reso intellegibile il percorso logico giuridico seguito per giungere a definire, in modo assertivo e pur avendo ritenuto legittimo l’accertamento induttivo, le presunzioni offerte dall’Ufficio come “scarsamente attendibili”: non vi è infatti alcun passaggio motivazionale che ne espliciti le ragioni alla luce dei principi prima enunciati, che regolano tale modalità accertativa, nè viene esaminata alcuna delle presunzioni, di guisa che la deduzione circa il mancato assolvimento di un ulteriore e non meglio specificato onere probatorio a carico dell’Amministrazione, appare anch’essa immotivata.

1.8. Concludendo il ricorso va accolto sui due motivi, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla CTR laziale in altra composizione per il riesame e la statuzione anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte di cassazione, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio in altra composizione per il riesame e la statuizione sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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