Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25127 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 10/11/2020, (ud. 09/07/2020, dep. 10/11/2020), n.25127

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 25859 del ruolo generale dell’anno

2012, proposto da:

V.G., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del ricorso, dall’avv.to Giuliano Tabet, elettivamente

domiciliato presso lo studio del difensore, in Roma, Via di Villa

Emiliani 11;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Friuli Venezia-Giulia n. 34/08/2012, depositata il 22

maggio 2012, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9

luglio 2020 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido

di Nocera.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– con sentenza n. 34/08/2012, depositata il 22 maggio 2012, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia-Giulia accoglieva l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di V.G. e rigettava quello incidentale proposto da quest’ultimo avverso la sentenza n. 105/02/2010 della Commissione tributaria provinciale di Gorizia che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) con il quale l’Ufficio, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, nn. 2 e 7, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, nn. 2 e 7, aveva contestato nei confronti di quest’ultimo, esercente attività professionale di studi di ingegneria, per il 2004, un maggiore reddito imponibile, ai fini Irpef, Irap e Iva, in relazione a quattro movimentazioni sul conto corrente bancario cointestato con la madre di questi, ritenute dall’Amministrazione non giustificate;

– in punto di fatto, il giudice di appello ha premesso che: 1) a seguito di verifica fiscale della Direzione regionale del Friuli Venezia-Giulia, l’Agenzia delle entrate con l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) aveva contestato nei confronti di V.G., esercente attività di studi di ingegneria, un maggiore reddito imponibile, ai fini Irpef, Irap e Iva, per il 2004, in relazione a movimentazioni sul conto corrente cointestato con la sig.ra S.M., madre di quest’ultimo (tre versamenti: mediante assegni circolari per Euro 40.500,00; mediante bonifici da terzi per Euro 168.000,00 e mediante assegni circolari per Euro 53.794,12 e un addebito per bonifico di Euro 43.253,00) risultate ingiustificate; 2) avverso il suddetto avviso, il contribuente aveva proposto ricorso alla CTR di Gorizia eccependo preliminarmente l’illegittima applicazione retroattiva della L. n. 331 del 2004, e, nel merito, deducendo la infondatezza della pretesa erariale (riguardando l’introito di Euro 40.500,00 il ricavo della vendita di un immobile pervenuto in eredità al contribuente per un quarto; derivando l’introito di Euro 168.000,00 da un bonifico effettuato, a titolo di mutuo, da altra persona fisica al fine di consentire al contribuente la sottoscrizione di azioni di una società elettrica; corrispondendo l’introito di Euro 53.794,12 al ricavo della vendita effettuato dalla madre di orologi e di monete di pregio; traendo causa l’esborso di Euro 43.253,00 da un rimborso effettuato all’ing. F., come amministratore della SI.GE.CO energia di (OMISSIS) in forza delle disposizioni dei patti parasociali per spese sostenute in nome e per conto della società stessa in fase start-up); 3) aveva controdedotto l’Agenzia delle entrate; 4) la CTP di Gorizia con la sentenza n. 105/2/2010 aveva accolto il ricorso; 5) avverso la sentenza di primo grado, l’Ufficio aveva proposto appello principale deducendo come la documentazione prodotta dal contribuente fosse priva di data certa e, dunque, inidonea a giustificare le movimentazioni bancarie in questione; 4) aveva controdedotto il contribuente spiegando appello incidentale nella parte in cui la sentenza della CTP aveva disposto la compensazione delle spese;

– in punto di diritto, la CTR, per quanto di interesse, ha affermato che il contribuente non era stato in grado di giustificare le movimentazioni bancarie in questione in quanto la documentazione prodotta, consistente in “mere scritture private prive di data certa”, non era opponibile all’Agenzia delle entrate;

– avverso la sentenza della CTR, il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– in data 9 luglio 2020 si tiene l’adunanza camerale nell’aula d’udienza della sezione V civile del palazzo della Corte di Cassazione alla presenza dei magistrati pres. del collegio Giacinto Bisogni, cons. Enrico Manzon, cons. Salvatore Saija e con la presenza in collegamento remoto attraverso la piattaforma (OMISSIS) individuata con D.Dirg. adottato ai sensi del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, convertito in L. n. 24 del 2020, dal direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e pubblicato sul portale dei servizi telematici in data 20 marzo 2020 – dei magistrati cons. Giacomo Maria Nonno e cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido Di Nocera, ai quali è assicurata la disponibilità agli atti attraverso la medesima piattaforma;

– con il primo motivo di ricorso, il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2704 e 2702 c.c., in combinato con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., in combinato con l’art. 2697 c.c., comma 2, per avere la CTR ritenuto erroneamente “inopponibili” all’Amministrazione finanziaria le scritture private prodotte dal contribuente in quanto prive di data certa, negando, in tal modo, alcuna valenza probatoria alla documentazione depositata da quest’ultimo in giudizio e trasformando indebitamente l’art. 2704 c.c., da disposizione con valenza in ambito negoziale in norma generale sul mezzo di prova; nè peraltro, ad avviso del ricorrente, il limite dell’inutilizzabilità di una prova documentale, se priva di data certa, deriverebbe dal cit. art. 32, comma 2, che non subordina ad alcuno specifico mezzo di prova la dimostrazione della irrilevanza fiscale delle movimentazioni bancarie, con conseguente forma libera della prova liberatoria (con la sola esclusione della prova testimoniale e del giuramento);

– il motivo è fondato nei limiti di seguito indicati ma per una ragione pregiudiziale diversa da quella prospettata dal ricorrente: ciò in base al principio secondo cui “la Corte di cassazione può accogliere il ricorso per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, sempre che essa sia fondata sui fatti come prospettati dalle parti, fermo restando che l’esercizio del potere di qualificazione non può comportare la modifica officiosa della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’introduzione nel giudizio d’una eccezione in senso stretto” (Cass. sez. 3, n. 18775 del 28/07/2017; sez. 3, n. 17015 del 28/06/2018); invero, sulla questione posta nel motivo in esame è intervenuta la nota pronuncia della Corte Cost. n. 228 del 24 settembre 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, “limitatamente alle parole “o compensi””, ritenendo che la presunzione posta dalla citata norma con riferimento ai compensi percepiti dal lavoratore autonomo o dal professionista intellettuale fosse “lesiva del principio di ragionevolezza nonchè della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito”. E’, quindi, definitivamente venuta meno la presunzione, che la citata disposizione poneva, di imputazione dei prelevamenti operati sui conti correnti bancari ai ricavi conseguiti nella propria attività dal lavoratore autonomo o dal professionista intellettuale – come è nella specie il contribuente, esercente attività professionale di studi di ingegneria – spostandosi, quindi, sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario e non annotati nelle scritture contabili, siano stati utilizzati dal libero professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi; diversamente come ribadito da ultimo da Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 22931 del 26/09/2018; n. 32427 del 2019 (v. anche Cass. n. 16440 del 2016, n. 19806 e n. 19807 del 2017), “In tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicchè questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte Cost. n. 228 de12014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti”; ne consegue, nei limiti della operatività nei confronti dei lavoratori autonomi della presunzione legale di cui all’art. 32 cit., con riguardo ai soli “versamenti” non giustificati, la applicabilità retroattiva della norma anche agli anni di imposta precedenti all’entrata in vigore della L. n. 311 del 2004;

– la sentenza impugnata va, pertanto, cassata laddove il giudice di appello, in relazione all’addebito per bonifico di Euro 43.253,00 risultante dal conto corrente cointestato al contribuente, ha posto a carico di quest’ultimo un onere probatorio (cioè quello di giustificare il prelevamento) che non gli spettava e la causa va, quindi, rimessa al giudice di merito che dovrà verificare se, invece, risulti in qualche modo provato dall’Amministrazione finanziaria che l’importo prelevato dal professionista dal conto corrente in questione fosse destinato ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale produttivo di reddito;

– risultano, invece, infondati gli altri profili del primo motivo, quanto-con riguardo ai tre versamenti di Euro 40.500,00; di Euro 168.000,00 e di Euro 53.794,12 ritenuti ingiustificati, per i quali continua ad operare la presunzione legale relativa ai cit. ex art. 32, comma 1, n. 2 e art. 51, comma 2, n. 2, – alla denunciata erronea affermazione da parte della CTR di “inopponibilità” all’Amministrazione finanziaria delle scritture private prodotte dal contribuente, in quanto prive di data certa;

– in tema di prova della data certa di una scrittura privata non autenticata, l’art. 2704 c.c., richiede che, in mancanza di una delle situazioni tipiche di certezza contemplate dalla prima parte della citata norma (registrazione, morte od incapacità di un sottoscrittore, riproduzione in atto pubblico), si deduca e dimostri un fatto idoneo a stabilire in modo ugualmente certo l’anteriorità della formazione del documento (in termini già Cass. n. 4945 del 1985 e numerose successive pronunce conformi). La disposizione civilistica in esame non contiene un’elencazione tassativa dei fatti in base ai quali tale data deve ritenersi certa rispetto ai terzi e lascia al giudice del merito la valutazione, caso per caso, della sussistenza di un fatto, diverso da quelli indicati, idoneo secondo l’allegazione della parte, a dimostrare la data certa (così già in Cass., 28 giugno 1963, n. 1760; conf. n. 13813 del 2001). Tale fatto può essere oggetto di prova per testi o per presunzioni – non ammessa se direttamente vertente sulla data della scrittura (Cass. n. 27793 del 2006) – ma solo a condizione che esse evidenzino un fatto munito della specificata attitudine, non anche quando tali prove siano rivolte, in via indiziaria e induttiva, a provocare un giudizio di mera verosimiglianza della data apposta sul documento (in termini Cass. n. 4945 del 1985; conf. n. 24329 del 2007, n. 13943 del 2012; n. 14087 del 2017);

– ne consegue l’enunciazione dei seguenti principi di diritto:

“l’art. 2704 c.c., in mancanza di una delle situazioni tipiche di certezza della data della scrittura privata contemplate dalla prima parte della norma, non contiene un’elencazione tassativa dei fatti in base ai quali tale data deve ritenersi certa rispetto ai terzi e lascia al giudice del merito la valutazione, caso per caso, della sussistenza di un fatto, diverso da quelli indicati, idoneo secondo l’allegazione della parte, a dimostrare la data certa”;

“la mancanza di data certa di una scrittura privata ex art. 2704 c.c., può rilevare sotto il profilo della assenza di analiticità della prova contraria che 11 contribuente è tenuto a fornire per superare la presunzione legale relativa di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, e, per l’IVA, di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2”;

– nella specie, la CTR ha fatto buon governo dei suddetti principi, nel ritenere, in esito ad un insindacabile apprezzamento di fatto, la documentazione prodotta dal contribuente inidonea a giustificare le movimentazioni bancarie contestate in quanto consistente in “mere scritture private prive di data certa”, con ciò, dunque, implicitamente escludendo anche la sussistenza di altri fatti atti a provare, in modo ugualmente certo, l’anteriorità della formazione di tali scritture private e dunque la certezza della data di queste ultime; peraltro, tale assunto rispetta anche il dettato dell’art. 32 cit., essendo onerato il contribuente – a fronte della presunzione legale relativa di imputazione ai ricavi delle movimentazioni ingiustificate – a fornire la prova contraria, anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purchè grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo (Cass. n. 10970 del 2020; n. 11102 del 2017; n. 19971 del 2016; Cass. n. 22502 del 2011); ugualmente, in tema di IVA, ed al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2, (in virtù della quale le movimentazioni di denaro, nella specie, bancarie, risultanti dai dati acquisiti dall’Ufficio si presumono conseguenza di operazioni imponibili), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sui conti correnti, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività, con conseguente non rilevanza fiscale (Cass. n. 24419 del 2018; n. 4829 del 2015; Cass. n. 21303 del 2013); ne consegue che la libertà nelle forme della prova contraria – anche a mezzo presunzioni semplici – necessaria per superare la presunzione legale non esclude la necessità della analiticità della prova medesima circa la irrilevanza fiscale delle operazioni contestate e la riconducibilità della documentazione offerta a contrario dal contribuente alle movimentazioni bancarie contestate;

– con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa o insufficiente motivazione su un punto controverso e decisivo della controversia, per avere la CTR, con riguardo al versamento di Euro 53.794,12 imputato esclusivamente alla sfera patrimoniale del contribuente, omesso di valutare i documenti prodotti in giudizio dal contribuente (scrittura privata del (OMISSIS) tra la sig.ra S. e il sig. P.D. in cui la prima dichiarava di ricevere l’importo in questione a fronte della cessione da parte di quest’ultima di beni di sua proprietà consistenti in orologi e monete antiche; quietanza di pagamento, di pari data, rilasciata dalla sig.ra S. controfirmata per accettazione dall’acquirente) a giustificazione della irrilevanza fiscale del contestato movimento bancario;

– con il terzo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa o insufficiente motivazione su un punto controverso e decisivo della controversia, per avere la CTR, con riguardo al versamento di Euro 40.500,00 omesso di valutare i documenti prodotti in giudizio dal contribuente (copia del contratto preliminare di compravendita di immobile del (OMISSIS) tra i sigg.ri V.G. e S.M., quali promittenti venditori, e il sig. Fu.Ve., quale promissario acquirente; dichiarazione del (OMISSIS) del sig. Fu. in ordine alla simulazione relativa del prezzo della cessione) a giustificazione della irrilevanza fiscale del contestato movimento bancario;

– con il quarto motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa o insufficiente motivazione su un punto controverso e decisivo della controversia, per avere la CTR, con riguardo al versamento di Euro 168.000,00, omesso di valutare i documenti prodotti in giudizio dal contribuente (contratto di finanziamento del (OMISSIS) tra la sig.ra C. e l’ing. V. con il quale quest’ultimo si impegnava a utilizzare l’intero importo incassato per la sottoscrizione di azioni della Elettrogorizia s.p.a.; proposta di erogazione del mutuo da parte della sig.ra C.) a giustificazione della irrilevanza fiscale del contestato movimento bancario;

– i motivi secondo, terzo e quarto – da trattare congiuntamente per connessione – sono inammissibili;

– in disparte il non essere stato riprodotto in ricorso, in difetto del principio di autosufficienza, (con riguardo al contestato versamento di Euro 53.794,12) il contenuto della scrittura privata del (OMISSIS) tra la sig.ra S. e il sig. P.D., (con riguardo al versamento di Euro 40.500,00) quello del contratto preliminare di compravendita di immobile del (OMISSIS) e (con riguardo al versamento di 168.000,00) quello del contratto di finanziamento del (OMISSIS), nè tantomeno indicato in ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovasse (con riguardo al contestato versamento di Euro 53.794,12) la richiamata quietanza di pagamento, di pari data della scrittura privata, e (con riguardo al versamento di Euro 168.000,00) la proposta di erogazione del finanziamento del (OMISSIS), il ricorrente pur denunciando, apparentemente, una omessa o insufficiente motivazione della sentenza di secondo grado, chiede in realtà a questa Corte di pronunciarsi ed interpretare questioni di mero fatto non censurabili in questa sede mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto dei fatti storici quanto le valutazioni di quei fatti espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone alle proprie aspettative (Cass. n. 8758/2017; n. 21381/2006; v. da ultimo Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 18721 del 13/07/2018); anche nel vigore del vecchio testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, è invece inammissibile la revisione del ragionamento decisorio del giudice, non potendo mai la Corte di cassazione procedere ad un’autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa (Cass. n. 91/2014; Cass. S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 5024/2012) e non potendo il vizio consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, spettando soltanto al giudice di merito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove, scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione dando liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova (Cass. n. 11511/2014; Cass. n. 25608/2013; Cass. n. 6288/2011; Cass. n. 6694/2009; Cass. n. 15489/2007; Cass. n. 4766/2006). Pertanto, con riguardo alle prove, mai può essere censurata la valutazione in sè degli elementi probatori secondo il prudente apprezzamento del giudice (Cass. n. 24155/2017; Cass. n. 1414/2015; Cass. n. 13960/2014); invero, la CTR, nel ritenere che tutta la documentazione prodotta a contrario dal contribuente fosse inopponibile all’Agenzia delle entrate in quanto consistente in “mere scritture private prive di data certa”, ha operato una valutazione insindacabile in sede di legittimità circa la non riferibilità della detta documentazione alle operazioni bancarie contestate, escludendo implicitamente anche la sussistenza di altri fatti (come ad es. la dichiarazione del (OMISSIS) del sig. Fu. circa la simulazione relativa del prezzo della cessione) idonei a dimostrare la certezza della data delle dette scritture private;

– con il quinto motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa o insufficiente motivazione su un punto controverso e decisivo della controversia, per avere la CTR, con riguardo al prelievo di Euro 43.253,00, omesso di motivare circa la valenza probatoria dei documenti prodotti in giudizio dal contribuente (patti parasociali SIGECO Energia s.r.l.; scrittura privata ricognitiva F. – V. del (OMISSIS); conto “cassa” SIGECO Energia s.r.l., estratto conto bancario SIGECO Energia s.r.l.) a giustificazione della irrilevanza fiscale del contestato movimento bancario;

– l’accoglimento del primo motivo nei limiti di cui in motivazione, comporta l’assorbimento del quinto motivo;

– conclusivamente, quindi, va accolto il primo motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, dichiarati inammissibili il secondo, terzo e quarto; assorbito il quinto; con cassazione della sentenza impugnata;

– nei limiti dell’accoglimento del primo motivo ricorso- e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia-Giulia, in diversa composizione

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione; dichiara inammissibili il secondo, terzo e quarto; assorbito il quinto; cassa la sentenza impugnata – nei limiti dell’accoglimento del ricorso – e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia-Giulia, in diversa composizione;

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

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