Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25127 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. I, 08/10/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 08/10/2019), n.25127

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26046/2018 proposto da:

S.Y., elettivamente domiciliato in Roma, Via Vigliena n. 9,

presso lo studio dell’avvocato Malara Alessandro, rappresentato e

difeso dall’avvocato Di Punzio Ilaria;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno – Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di Roma, Procura

della Repubblica presso il Tribunale di Roma;

– intimati –

avverso il decreto n. 10861/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il

12/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/09/2019 dal cons. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

S.Y. cittadino originario del Ghana propone ricorso per cassazione, con tre motivi, avverso il decreto del Tribunale di Roma depositato il 14 agosto 2018 che ha escluso il riconoscimento di ogni forma di protezione.

Il Tribunale, in particolare, ha rilevato la scarsa credibilità della narrazione ed inoltre che la vicenda narrata non consentiva in ogni caso di ravvisare, nemmeno sul piano dell’astratta allegazione, motivi di persecuzione tali da giustificare l’attribuzione dello status di rifugiato.

Il Tribunale ha altresì evidenziato che in Ghana non vi è una situazione di violenza generalizzata, di tale gravità e diffusione da integrare il presupposto di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) ed ha respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di specifici elementi tali da evidenziare una situazione di particolare vulnerabilità del richiedente.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

In prossimità dell’odierna adunanza la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1.c.p.c., cui ha fatto seguito ulteriore integrazione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007 in relazione all’art. 2, comma 1, lett. E della Convenzione di Ginevra, censurando la statuizione che ha negato la protezione sussidiaria al richiedente, deducendo l’impossibilità di avvalersi della protezione dello Stato di origine, anche alla luce della situazione del sistema giudiziario del Ghana.

Il motivo è inammissibile per difetto di decisività, in quanto non coglie l’autonoma ratio decidendi della statuizione impugnata, che ha affermato la mancanza di credibilità della narrazione del richiedente. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha rilevato che il racconto risultava lacunoso e poco verosimile, mettendo in rilievo taluni elementi di illogicità della narrazione, quali il fatto che il conflitto tra le diverse etnie kusasi e mamprusi posto a fondamento del racconto non fosse più presente da diversi anni, oltre al fatto che il richiedente non abbia saputo riferire nulla sui rituali e sui contenuti dell’addestramento cui sarebbe stato sottoposto contro la sua volontà e la scarsa credibilità della circostanza secondo cui, dopo essere stato arruolato, era stato rilasciato perchè minorenne.

Sulla base di tali considerazioni e della valutazione di scarsa credibilità della narrazione il tribunale ha correttamente fatto discendere il rigetto della domanda di protezione internazionale.

Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) per avere il tribunale omesso di esaminare la vicenda sotto il profilo di cui alle lett. a) e b), limitando l’indagine alla sola previsione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Il motivo è infondato.

Il Tribunale ha infatti specificamente preso in esame e valutato la prospettazione del richiedente, affermando peraltro, come già evidenziato in relazione al motivo precedente, la sua mancanza di credibilità, rilevando in particolare che non erano stati offerti elementi idonei a consentire la valutazione di attendibilità del racconto in ordine alla sussistenza situazioni di persecuzione riconducibili alle fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Il terzo motivo censura la statuizione di rigetto della protezione umanitaria, lamentando la omessa valutazione comparativa necessaria ad accertare la situazione di vulnerabilità del richiedente.

Il motivo è infondato.

E’ infatti evidente che l’attendibilità della narrazione svolge un ruolo rilevante anche in relazione al riconoscimento della protezione umanitaria, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito un’effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, questa dev’essere necessariamente correlata alla condizione del richiedente medesimo, posto che solo la sua attendibilità consente di attivare poteri officiosi (Cass. 4455/2018).

Il mezzo è peraltro del tutto generico e non contiene una allegazione della specifica situazione di fragilità del richiedente, limitandosi ad una astratta e generica comparazione tra le condizioni di vita del richiedente nel nostro paese ed in Ghana, senza peraltro l’allegazione di elementi concreti e di indici di un effettivo radicamento del richiedente nel nostro paese.

Appaiono al riguardo privi di decisività gli elementi allegati dal ricorrente e sviluppati nella memoria e successiva integrazione depositate, quali il fatto di aver prestato attività lavorativa come agricoltore, ma senza l’allegazione di un rapporto di lavoro stabile ed a tempo indeterminato, di aver frequentato un corso di italiano e di avere sempre tenuto un comportamento rispettoso, elementi di per sè inidonei a dimostrare una stabilizzazione nel contesto sociale, culturale e lavorativo nazionale.

Non possono invece essere presi in esame i documenti depositati dal ricorrente nella memoria integrativa ex art. 380 bis.1.c.p.c., in violazione della disposizione dell’art. 372 c.p.c..

Il ricorso va dunque respinto e, considerato che il Ministero dell’interno non ha svolto difese, non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte, respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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