Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25125 del 24/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/10/2017, (ud. 05/10/2017, dep.24/10/2017),  n. 25125

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20017/2013 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA, – C.F. (OMISSIS),

in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

A.A., F.P., elettivamente domiciliate in

ROMA, VIA CICERONE n. 44, presso lo studio dell’avvocato DONELLA

RESTA, che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente

all’avvocato MARIO VIOLETTA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1280/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 23/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 05/10/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

Fatto

RILEVATO

che il Tribunale di Milano, in parziale accoglimento dei ricorsi proposti da A.A. e F.P., – docenti alle dipendenze del MIUR in virtù di una serie di consecutivi contratti a termine susseguitisi nel tempo -, dichiarò, tra l’altro, il diritto di ciascuna di esse alla corresponsione delle differenze retributive maturate in ragione dell’anzianità di servizio conseguente ai contratti a termine stipulati tra le parti, condannando il MIUR a pagare i relativi emolumenti nei limiti della prescrizione quinquennale, per la F.;

che vennero accolte anche le domande di accertamento della illegittimità dei rapporti a termine quella volta al risarcimento del danno in ragione della reiterazione dei contratti;

che la Corte di Appello di Milano, in accoglimento parziale del gravame proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, respingeva, in riforma della decisione impugnata, le domande di accertamento dell’illegittimità del termine apposto ai contratti e le conseguenti domande di risarcimento e confermava, invece, il capo della decisione in cui era stata riconosciuta la progressione professionale retributiva in relazione al servizio prestato, affermando l’applicabilità del termine di prescrizione decennale;

che la Corte territoriale, per quel che rileva nella presente sede, ha posto a fondamento del rigetto del gravame del Ministero il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, trasfuso nella Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 e recepito nel nostro ordinamento del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6, richiamandosi ai principi espressi dalla CGUE ed escludendo la rilevanza della specialità del sistema del reclutamento scolastico per giustificare la diversità del trattamento economico riservato agli assunti a tempo determinato precisando altresì l’incidenza dell’obbligo di disapplicazione delle norme in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a t. d. trasfuso nella indicata Direttiva;

che con riguardo alla prescrizione di tali crediti ne rilevava l’assoggettamento a prescrizione decennale;

che di tale sentenza il MIUR chiede la cassazione sulla base di due motivi, ai quali hanno opposto difese con proprio controricorso;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio, in prossimità della quale è stato depositato atto di rinunzia al ricorso del MIUR e memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2, delle controricorrenti.

Diritto

CONSIDERATO

1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

2. che, non essendo rispettate le formalità previste dall’art. 390 c.p.c. (rinuncia notificata alla parte costituta o comunicata al difensore della stessa) non può farsi luogo alla dichiarazione di estinzione del processo ai sensi di tale norma;

3. che, invero, l’atto di rinunzia ha carattere recettizio, esigendo l’art. 390 c.p.c., che esso sia notificato alle parti costituite o comunicata ai loro avvocati che vi appongono il visto (cfr. Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3876; Cass. 31 gennaio 2013, n. 2259) e che l’accettazione della controparte rileva unicamente quanto alla regolamentazione delle spese, stabilendo dell’art. 391 c.p.c., comma 2, che, in assenza di accettazione, la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese;

4. che la rinunzia non notificata, sebbene non idonea a determinare l’estinzione del processo, denota comunque il venire meno di ogni interesse alla decisione e comporta pertanto l’inammissibilità del ricorso (cfr. Cass. n. 2259 del 2013, Cass. n. 11606 del 2011, ss. uu.n. 3876 del 2010, n. 23685 del 2008, n. 3456 del 2007, n. 24514 del 2006, n. 15980 del 2006, n. 22806 del 2004, n. 10573 del 2016);

5. che il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile;

6. che la novità e la complessità della questione sottoposta all’esame, diversamente risolta dalle Corti territoriali e dalla Corte di legittimità soltanto dopo il deposito del ricorso, giustificano la compensazione delle spese del giudizio;

7. che non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 1778/2016).

PQM

dichiara l’inammissibilità del ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2017

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