Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25123 del 10/10/2018

Cassazione civile sez. II, 10/10/2018, (ud. 06/06/2018, dep. 10/10/2018), n.25123

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25528-2014 proposto da:

C.L., G.D.P.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, V.FRANCESCO SAVERIO NITTI 15, presso lo studio

dell’avvocato BARBARA DI STEFANO, rappresentati e difesi

dall’avvocato TOMASO GALLETTO;

– ricorrenti –

contro

G.D.P.I., elettivamente rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MARCO WEIGMANN;

– controricorrente –

e contro

ALPENRING SRL in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 754/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 05/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/06/2018 dal Consigliere GUIDO FEDERICO.

Fatto

G.d.P.A. e C.L., in qualità, rispettivamente, di erede il primo e legataria la seconda di G.d.P.G., propongono ricorso per cassazione con sei motivi, nei confronti di G.d.P.I. ed Alpering srl, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Genova n. 754/14, che, confermando la sentenza non definitiva di primo grado, ha dichiarato valido ed efficace l’atto, per notar Torrente, stipulato in data 4.7.1985, con il quale G. ed G.d.P.I. avevano acquistato da Alpenring l’immobile sito in (OMISSIS).

La Corte territoriale, in particolare, ha ritenuto sussistente il difetto di prova della simulazione relativa, per interposizione fittizia di persona, dell’atto notarile di compravendita, per mancanza di una contestuale controdichiarazione in forma scritta, non risultando dimostrato che la reale volontà delle parti fosse nel senso che l’acquirente dell’immobile fosse la Sig.ra C., e non i Sig.ri G. ed G.d.P.I., figli della predetta.

La Corte ha dunque affermato che il suddetto bene era in comproprietà dei Sig.ri G.d.P., in ragione della metà, con conseguente esclusione dello stesso dall’asse ereditario della Sig.ra C..

G.d.P.I. ha resistito con controricorso, mentre Alpering srl non ha svolto, nel presente giudizio attività difensiva.

In prossimità dell’odierna adunanza i ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

Il primo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 2730 e 2735 c.c., nonchè dell’art. 116 c.p.c., lamentando che il giudice di appello non abbia attribuito valore di confessione (stragiudiziale), ex art. 2730 c.c., alla lettera datata 3 febbraio 1986, sottoscritta dai due fratelli, I. e G.d.P.G., con la quale questi riconoscevano che l’appartamento per cui è causa era stato acquistato dalla madre C.C. ed era stato ad essi fittiziamente intestato.

Il secondo motivo lamenta l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla confessione resa da G.d.P.I., a mezzo lettera del 3 febbraio 1989.

I motivi che per la loro stretta connessione vanno unitariamente esaminati sono infondati.

Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, in tema di prova della simulazione di una compravendita immobiliare, contratto che esige la forma scritta “ad substantiam”, la mancanza della controdichiarazione osta all’ammissibilità dell’interrogatorio formale, ove rivolto a dimostrare la simulazione soggettiva relativa, giacchè la confessione, in cui si risolve la risposta positiva ai quesiti posti, non può supplire al difetto dell’atto scritto, necessario per il contratto diverso da quello apparentemente voluto (Cass.6262/2017; Cass. 4071/08; 6480/02).

A tale indirizzo si è conformato il Giudice di secondo grado, che ha ritenuto di non poter attribuire rilevanza alla lettera su menzionata, avente, secondo la prospettazione dei ricorrenti, efficacia confessoria (confessione stragiudiziale), in mancanza di una controdichiarazione scritta che desse prova della simulazione.

Il terzo motivo, denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2720,2730 e 2735 c.c. nonchè dell’art. 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 per avere la Corte riconosciuto valore di confessione stragiudiziale alla lettera del 18/10/93, sottoscritta anche da G.d.P.G., con il quale si riconosceva espressamente che l’alloggio per cui è causa era di proprietà comune.

Il motivo è inammissibile per difetto di decisività, e comunque, nel merito, infondato.

Fermo l’assorbente rilievo della mancanza di contro dichiarazione, ed il fatto che su tale mancanza si fonda la ratio fondamentale della statuizione di rigetto della domanda di simulazione relativa, la Corte territoriale, con adeguato apprezzamento di merito, incensurabile nel presente giudizio, ha attribuito valore confessorio alla lettera del 18 ottobre 1993, con la quale entrambe le parti, e segnatamente il dante causa degli odierni ricorrenti, dichiaravano la proprietà comune dell’appartamento per cui è causa.

Il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 1414 c.c., comma 2, artt. 1417,2725 e 2729 c.c., dell’art. 116 c.p.c. per non aver ammesso come mezzi di prova taluni testi o aver dato rilievo a talune presunzioni semplici, idonee ad accertare la sussistenza della simulazione, laddove le suddette prove ben avrebbero potuto trovar accoglimento, poichè il dante causa dei ricorrenti aveva agito in qualità di “terzo”.

I ricorrenti lamentano inoltre che la Corte abbia omesso di rilevare che in relazione alla domanda di collazione, subordinata alla verifica circa la sussistenza della simulazione relativa, il loro dante causa agiva in qualità di successore a titolo particolare della signora C., essendo egli legatario del bene oggetto del negozio (soggettivamente) simulato.

Il motivo è infondato.

La Corte territoriale ha infatti affermato l’inammissibilità delle prove orali e delle altre richieste istruttorie in forza della già menzionata mancanza di una contro dichiarazione scritta.

Tale statuizione è conforme a diritto.

Come correttamente affermato dal Giudice di appello, indipendentemente dalla qualità rivestita dal dante causa dei ricorrenti, trattandosi di trasferimento immobiliare che richiede la forma scritta ad substantiam: l’unico mezzo di prova idoneo ad integrare la prova della simulazione relativa è pertanto una controdichiarazione scritta, in assenza della quale non è possibile attribuire ad un soggetto diverso dall’apparente acquirente l’effettiva titolarità del bene.

La Corte territoriale ha al riguardo escluso ogni rilievo della già menzionata lettera 3 febbraio 1986, indirizzata alla madre, C.C., con la quale I. e G.G. riconoscevano la proprietà esclusiva della madre sul bene per cui è causa, sul rilievo che tale lettera non integrava idonea prova dell’accordo simulatorio.

Tale statuizione è conforme a diritto.

Si osserva al riguardo che per la configurabilità di una simulazione relativa sotto il profilo soggettivo, è indispensabile un accordo, che, trattandosi di alienazione di beni immobili deve rivestire la forma scritta ad substantiam, apparendo al riguardo inidoneo un atto di riconoscimento unilaterale proveniente dai soli titolari apparenti del bene.

L’accordo, inoltre, deve sussistere non solo tra l’interponente e l’interposto, ma anche con il terzo, il quale deve consentirvi, esprimendo la propria adesione nella debita forma, che, per i trasferimenti immobiliari è quella scritta (Cass. 7537 del 23.3.2017).

Risultano dunque inefficaci le disposizioni testamentarie, successive alla data di stipula del rogito, con le quali C.C. ebbe a disporre di un bene di cui non era (più) proprietaria, per averlo appunto ceduto con il menzionato atto, per notar T., stipulato il 4.5.1985.

Il quinto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1414 c.c., comma 2, ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla rilevanza della consapevolezza del terzo in merito all’accordo intercorso tra interponente e interposto.

Il motivo è inammissibile per carenza di decisività, in quanto, ancora una volta, non coglie la ratio della statuizione impugnata, costituita, come già evidenziato, dalla mancanza di una contro dichiarazione avente forma scritta in relazione al rogito stipulato il 4.5.1985.

Il sesto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 293 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la Corte d’Appello condannato gli odierni ricorrenti alla refusione delle spese in favore di Alpenring srl.

Il motivo è fondato.

Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, infatti, la preclusione posta dall’art. 293 c.p.c. alla costituzione in giudizio del contumace in un momento successivo all’udienza di rimessione della causa al collegio risponde ad inderogabili esigenze di coordinamento tra l’attività difensiva delle parti e l’esercizio della funzione decisoria, sicchè, una volta chiusa la suddetta udienza non è possibile, salvo che la causa, per qualsiasi ragione, ritorni alla fase istruttoria, una successiva costituzione del contumace (Cass. 22618/2012).

Va dunque dichiarata la nullità del capo della sentenza impugnata che ha riconosciuto le spese processuali in favore di Alpenring, nonostante la tardività ed inammissibilità della sua costituzione in giudizio.

In conclusione, respinti i primi cinque motivi di ricorso, va accolto il sesto motivo e la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto. Decidendo la causa nel merito, e ferme le altre statuizioni della sentenza impugnata, va dunque dichiarata la contumacia di Alpenring nel giudizio di appello, per tardività della sua costituzione in giudizio ex art. 293 c.p.c. e, conseguentemente, si statuisce il non luogo a provvedere sulle spese di quel grado, sostenute dalla medesima.

I ricorrenti, interamente soccombenti nei confronti di G.d.P.I., vanno condannati alla refusione delle spese da questa sostenute nel presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo.

Nulla sulle spese nei confronti dell’intimata Alpenring, che non ha svolto, nella presente fase, attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta i primi cinque motivi di ricorso.

Accoglie il sesto motivo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, dichiara non luogo a provvedere sulle spese del grado di appello sostenute da Alpenring srl.

Condanna in solido G.d.P.A. e C.L. alla refusione in favore di G.d.P.I. delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi 4.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2018

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