Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25122 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. I, 08/10/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 08/10/2019), n.25122

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19866/2018 proposto da:

E.A., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico n.

38, presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto n. 7239/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

21/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/09/2019 dal cons. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

E.A. cittadino originario della Guinea Bissau propone ricorso per cassazione, con quattro motivi, avverso il decreto del Tribunale di Roma che ha escluso il riconoscimento di ogni forma di protezione.

Il Tribunale, in particolare, ha rilevato che la vicenda narrata escludeva alla radice la configurabilità di motivi di persecuzione e discriminazione, non essendo stato allegato alcun motivo di persecuzione riferibile alle categorie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8 ed ha altresì escluso che nell’area geografica di provenienza del richiedente sia allo stato ravvisabile una situazione di violenza generalizzata o di conflitto interno o internazionale.

Il Tribunale ha altresì respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di specifici elementi tali da evidenziare una situazione di particolare vulnerabilità del richiedente.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo, censura la statuizione di rigetto della protezione sussidiaria, denunciando l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5), in relazione alla condizione di pericolosità ed alla situazione di violenza generalizzata esistenti in Guinea Bissau.

Il secondo motivo denuncia l’omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione territoriale e delle allegazioni in giudizio sulla condizione personale del richiedente;

Il terzo motivo lamenta la mancata concessione della protezione sussidiaria, alla luce delle condizioni socio economiche del paese di provenienza del richiedente;

Il quanto motivo lamenta la mancata concessione della protezione umanitaria, pur in presenza di seri motivi di carattere umanitario, anche in relazione alla disposizione del D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28, comma 1 e della L. n. 110 del 2017, che ha introdotto il reato di tortura, nonchè ai principi generali di cui all’art. 10 Cost. ed all’art. 3 CEDU.

I motivi, che, in ragione della loro connessione, vanno unitariamente esaminati, sono destituiti di fondamento.

Il tribunale ha anzitutto escluso che la vicenda narrata, essenzialmente riconducibile ad una scelta maturata in ambito familiare ed a motivazioni di carattere economico, integrasse i presupposti per la concessione dello status di rifugiato e per la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Tale statuizione è conforme a diritto, atteso che, alla luce delle motivazioni di carattere economico e familiare sottese all’espatrio, non è ravvisabile alcuna ragione di persecuzione, nè i presupposti indicati dall’art. 14, lett. a) e b), vale a dire il rischio concreto di condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte, la tortura o altra forma di trattamento inumano o degradante.

Il tribunale ha altresì accertato, mediante il riferimento a fonti aggiornate e qualificate, quali il Crime e Safety Report dell’OSAC, relativo alla Guinea Bissau, ed alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che, nonostante il clima di instabilità politica, non si riscontrano nel paese conflitti tali da integrare il presupposto di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Tale statuizione è conforme a diritto.

Le stesse circostanze indicate dal ricorrente, tratte dal sito del Ministero degli Esteri, evidenziano che le condizioni di vita della popolazione, pur a fronte della tendenziale normalizzazione politico-istituzionale, rimangono precarie, suscitando malcontento e manifestazioni che in taluni casi sfociano in violenze di massa.

Il carattere sporadico di tali episodi, circoscritti a scontri di natura politica, impedisce dunque di ritenere integrato il presupposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, citato art. 14, lett. c) nel senso di una violenza grave e generalizzata.

Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) la nozione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza della Corte di Giustizia del 30.1.2014 causa C-285/12 – Diakitè) dev’essere infatti interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato o uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel paese o regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. 13858 del 31.5.2018).

Con riferimento alla protezione umanitaria il tribunale ha escluso, con apprezzamento adeguato, che sia ravvisabile una specifica situazione di vulnerabilità tale da giustificare il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

Anche la censura avverso tale statuizione è del tutto generica ed, a parte la generica deduzione sulle condizioni socio-economiche della Guinea Bissau, e del livello generale di insicurezza del paese, non evidenzia una specifica situazione di fragilità del richiedente.

Il ricorso va dunque respinto e considerato che il Ministero non ha svolto difese, non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte, respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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