Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25122 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. trib., 07/12/2016, (ud. 03/11/2016, dep. 07/12/2016), n.25122

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25428-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.M., EQUITALIA RAVENNA SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 66/2011 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,

depositata il 16/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2016 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI;

udito per il ricorrente l’Avvocato ROCCHITTA che si riporta agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione di una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, dal quale era emerso un omesso versamento di acconti IRAP e l’utilizzo di un credito Irpef. Il contribuente ha lamentato il difetto di notifica della cartella e il mancato invio dell’invito bonario al pagamento.

La CTP accoglieva il ricorso e la CTR rigettava l’appello dell’ufficio.

Avverso quest’ultima pronuncia, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso davanti a questa Corte di Cassazione sulla base di due motivi, mentre il contribuente non ha spiegato difese scritte.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, l’ufficio denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione di legge, in particolare, dell’art. 139 c.p.c. e del combinato disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e art. 140 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, la notifica della cartella sarebbe ritualmente avvenuta, con tutte le formalità di cui al combinato disposto indicato in rubrica, come da relata riportata in ricorso, ai fini dell’autosufficienza, presso la residenza del contribuente, non essendo l’ufficio tenuto a notificargliela presso lo studio professionale, peraltro ubicato in comune diverso da quello di residenza.

Il motivo è fondato.

Da una parte, è insegnamento di questa Corte, che “In tema di notificazioni, l’art. 139 c.p.c., nel prescrivere che la notifica si esegue nel luogo di residenza del destinatario e nel precisare che questi va ricercato nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio, non dispone un ordine tassativo da seguire in tali ricerche, potendosi scegliere di eseguire la notifica presso la casa di abitazione o presso la sede dell’impresa o presso l’ufficio, purchè si tratti, comunque, di luogo posto nel comune in cui il destinatario ha la sua residenza” (Cass. n. 2266710), d’altra parte, dall’esame della documentazione attinente alla notifica, la stessa appare rituale, in quanto nella relata si dà atto dell’invio della raccomandata informativa. Nella presente vicenda risulta documentato anche l’avviso di deposito, di talchè erroneamente i giudici d’appello hanno ravvisato un difetto di diligenza del notificante, nel rintracciare il contribuente, “noto commercialista” in (OMISSIS), ovvero un difetto del procedimento notificatorio.

Con il secondo motivo di censura, l’ufficio denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, la ripresa a tassazione da parte dell’ufficio concerneva importi che il contribuente aveva lui stesso dichiarato dovuti, ma di cui aveva omesso il versamento.

Il motivo è fondato.

Ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 6 la comunicazione deve essere inviata a pena di nullità nei soli casi in cui sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione e non anche se non risulti l’esistenza di incertezze e di rilevanti questioni interpretative. E’, infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo cui “In materia di riscossione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2, comma 2” (Cass. n. 13759, ord. n. 15740/16). Nel caso di specie, trattasi di omesso versamento, come anche riferito nella parte narrativa della sentenza impugnata, pertanto, non si ravvisa alcuna incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione, essendo gli importi richiesti proprio quelli che, contenuti nella dichiarazione del contribuente, erano stati dallo stesso dichiarati come dovuti (oltre gli importi richiesti come sanzioni).

Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di merito a seguito della già operata compensazione da parte delle CTR, ponendosi a carico della intimata le spese del giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e condanna la società intimata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 6.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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