Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25121 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. I, 08/10/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 08/10/2019), n.25121

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19860/2018 proposto da:

S.L., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico n. 38,

presso lo studio dell’avvocato Lanzilao Marco, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 21/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/09/2019 dal cons. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

S.L. cittadino originario della Guinea Conakry propone ricorso per cassazione, con quattro motivi, avverso il decreto del Tribunale di Roma che ha escluso il riconoscimento di ogni forma di protezione.

Il Tribunale, in particolare, ha rilevato la mancanza di credibilità e la contraddittorietà del racconto del richiedente del tutto generico e privo di coerenza in relazione alle ragioni specifiche di persecuzione nel paese di origine ed ha altresì escluso che nella sua area geografica di provenienza sia allo stato sussistente una situazione di violenza generalizzata o di conflitto interno o internazionale.

Il Tribunale ha altresì respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di specifici elementi tali da evidenziare una condizione di particolare vulnerabilità del richiedente.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo censura la statuizione di rigetto della protezione sussidiaria, denunciando l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5), in relazione alla condizione di pericolosità e di violenza generalizzata esistenti in Guinea.

Il secondo motivo denuncia l’omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione territoriale e delle allegazioni in giudizio sulla condizione personale del richiedente;

Il terzo motivo lamenta la mancata concessione della protezione sussidiaria, alla luce delle condizioni socio economiche del paese di provenienza del richiedente;

Il quarto motivo lamenta la mancata concessione della protezione umanitaria, pur in presenza di seri motivi di carattere umanitario, anche in relazione alla disposizione del D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28, comma 1 e della L. n. 110 del 2017 che ha introdotto il reato di tortura, nonchè ai principi generali di cui all’art. 10 Cost. ed all’art. 3 CEDU.

I motivi, che, in ragione della loro connessione, vanno unitariamente esaminati, sono destituiti di fondamento.

Il tribunale ha anzitutto affermato la genericità e contraddittorietà del racconto del richiedente, evidenziando che non risultano indicate in modo coerente e plausibile ragioni di persecuzione individuale riconducibili allo status di rifugiato.

Orbene, come questa Corte ha già rilevato, la valutazione di credibilità dello straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c).

Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero sotto il profilo della mancanza assoluta della motivazione, della motivazione apparente, o perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Cass. 3340/2019)

Nel caso di specie da tale valutazione delle dichiarazioni del richiedente il tribunale ha fatto discendere, con statuizione conforme a diritto, il rigetto della domanda avente ad oggetto lo status di rifugiato, nonchè la richiesta di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

Il tribunale ha altresì accertato, mediante il riferimento a fonti aggiornate e qualificate, quali il rapporto Amnesty 2016/2017, i documenti tratti dal sito Report Human Rights Watch 2017 ed i dati del sito freedomhouse.org/report/freedomworld, che l’area geografica di provenienza del richiedente, la Guinea, pur soffrendo di limitata indipendenza della magistratura e di episodi di violenza politica ed instabilità, non è caratterizzata da una condizione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato.

Le stesse circostanze allegate dal ricorrente, del resto, non sono idonee ad integrare il presupposto previsto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) la nozione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza della Corte di Giustizia del 30.1.2014 (causa C-285/12 – Diakitè) dev’essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato o uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel paese o regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. 13858 del 31.5.2018).

Nel caso di specie le allegazioni del ricorrente, tratte dal sito del Ministero degli Esteri, evidenziano che le condizioni di vita della popolazione, pur a fronte della tendenziale normalizzazione politico-istituzionale, rimangono precarie, suscitando malcontento e manifestazioni che in taluni casi sfociano in violenze di massa.

Il carattere sporadico di tali episodi, circoscritti a scontri di natura politica, impedisce dunque di ritenere integrato il presupposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, citato art. 14, lett. c) nel senso di una violenza grave e generalizzata, sì da interessare direttamente la popolazione civile.

Con riferimento alla protezione umanitaria il tribunale ha escluso, con apprezzamento adeguato, che sia ravvisabile una specifica situazione di vulnerabilità tale da giustificare il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, considerato che il richiedente ha unicamente documentato di soffrire di patologie prive del carattere di urgenza e di grado lieve, quali una leggera ipoacusia ed un problema alla vena safena della gamba, da curarsi con intervento in day-hospital: tali patologie non giustificano di per sè l’accoglimento della domanda di protezione umanitaria, che presuppone che venga allegata, in caso di rientro in patria del richiedente, la privazione, al di sotto del nucleo eliminabile, costitutivo dello statuto della libertà personale, dell’esercizio di fondamentali diritti umani.

Anche con riferimento alla protezione umanitaria, il mezzo è privo di specificità ed a parte la generica deduzione sulle condizioni socioeconomiche della Guinea Conakry e del livello generale di insicurezza del paese ed il generico riferimento alle condizioni di salute, non evidenzia una specifica situazione di fragilità del richiedente.

Il ricorso va dunque respinto e, considerato che il Ministero non ha svolto difese, non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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