Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25120 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. trib., 07/12/2016, (ud. 03/11/2016, dep. 07/12/2016), n.25120

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16608-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR 17,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIA PASSACANTILLI, rappresentati

e difesi dall’avvocato EMANUELE SICURELLA giusta delega a margine;

– controricorrente –

e contro

SERIT SICILIA SPA;

– intimato –

e contro

SERIT SICILIA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato GARAO GERMANO

GIUSEPPE giusta delega in atti;

– ricorso successivo –

avverso la sentenza n. 66/2012 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

CATANIA, depositata il 15/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2016 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

udito per il ricorrente l’Avvocato ROCCHITTA che si riporta agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento di entrambi i

ricorsi.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

A.A. impugnava le intimazioni di pagamento notificategli il 4/7/2008, per iscrizioni a ruolo di tributi relativi agli anni di imposta dal 1986 al 2001, innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania, che accoglieva il ricorso, quanto alle obbligazioni di natura tributaria rientranti nella propria giurisdizione, sul rilievo che non v’era la prova che le prodromiche cartelle di pagamento erano state ritualmente notificate al contribuente, con conseguente violazione del diritto di difesa di quest’ultimo e decadenza degli Enti creditori dalla potestà impositiva.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale della Sicilia che, con sentenza pronunciata il 16/2/2012 e depositata il 15/3/2012, rigettava il gravame osservando che l’onere di provare l’avvenuta notifica delle cartelle di pagamento non poteva essere adempiuto “per la prima volta” in sede di giudizio di appello, comportando la produzione di nuovi documenti un’ inammissibile ampliamento della materia del contendere ed, in ogni caso, che la documentazione prodotta dall’appellante, e dal Concessionario, risultava “lacunosa e non sufficiente a provare l’avvenuta notifica di tutte le cartelle indicate nelle intimazioni di pagamento”.

Contro la sentenza di appello propongono distinti ricorsi per cassazione l’Agenzia delle Entrate e Serit Sicilia s.p.a., rispettivamente affidati a quattro ed a due motivi, cui resiste il contribuente con controricorso e memoria ex art. 384 c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Con il primo motivo la ricorrente Agenzia delle Entrate deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, giacchè la CTR non ha considerato che la produzione di nuovi documenti in appello è ammissibile e che l’Ufficio ha utilmente depositato la copia della relata di notifica di ciascuna delle cartelle di pagamento in questione.

Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1, giacchè il giudice di appello non ha considerato che, al momento della proposizione del ricorso introduttivo (15/7/2008), era già ampiamente decorso il termine (di giorni sessanta) per l’impugnativa, essendo stata l’ultima cartella notificata il 10/1/2007.

Con il terzo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 118 disp. att. c.p.c., attesa la genericità del passaggio motivazionale concernente l’affermata lacunosità ed insufficienza dei documenti (“copie delle relate di undici cartelle la cui notifica è avvenuta a partire dall’anno 2000”) prodotti in appello rispetto al mancato assolvimento dell’onere di dimostrare la notificazione degli atti presupposti.

Con il quarto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 giacchè la CTR non ha considerato che spetta al Concessionario chiamato in causa l’onere di provare l’intervenuta notifica delle cartelle di pagamento, attività di sua specifica competenza rispetto alla quale l’Ufficio nulla potrebbe dire.

Con il primo motivo la ricorrente Serit Sicilia s.p.a., deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, giacchè la CTR ha erroneamente ritenuto che la produzione documentale effettuata in secondo grado avesse comportato l’ampliamento della materia del contendere, confondendo tra eccezioni nuove e mere difese.

Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, giacchè la CTR non ha considerato che la produzione di nuovi documenti in appello è ammessa in appello, nonchè omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, atteso che non sono esplicitate le ragioni che hanno condotto all’affermazione della lacunosità ed insufficienza della prova offerta riguardo alle contestate notificazioni.

I motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati e, ad eccezione del quarto, meritano accoglimento.

Le doglianze del ricorso dell’Agenzia delle Entrate e di quello incidentale proposto dalla società Serit Sicilia ruotano attorno al divieto dei nova in appello, sancito dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, e art. 58, comma 2, su cui è basata l’affermazione, contenuta nella impugnata sentenza, che la produzione di nuovi documenti deve ritenersi preclusa nel giudizio di secondo grado.

La questione ha trovato soluzione in un’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui “il giudizio tributario, anche in base alla disciplina dettata dal D.Lgs. n. 546 de 1992, art. 18, comma 2, art. 19, e art. 24, comma 2, è caratterizzato da un meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio, circoscritto alla verifica della legittimità della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso atto indicati, ed ha un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni mosse dal contribuente con i motivi specificamente dedotti nel ricorso introduttivo, in primo grado, onde delimitare sin dalla nascita del rapporto processuale tributario le domande e le eccezioni proposte dalle parti” (Cass. n. 25756/2014; n. 564393/2013; n. 10112/2002).

Nel contenzioso tributario, pertanto, costituisce eccezione in senso stretto lo strumento processuale attraverso il quale si faccia valere un fatto giuridico avente efficacia modificativa od estintiva della pretesa fiscale, non potendo essere considerata tale – e non comportando pertanto il divieto di sollevare eccezioni nuove in appello, posto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, la nuova deduzione, in grado di appello, di cosiddette eccezioni improprie, o mere difese, in quanto dirette a sollecitare il rilievo d’ufficio da parte del giudice, della inesistenza dei fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio (Cass. n. 11223/2016; n. 4486/2013), con riferimento alla posizione del contribuente), ovvero, specularmente, in quanto volte alla mera contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria delle censure mosse dal contribuente all’atto impugnato con il ricorso ed alle quali rimane circoscritta la indagine rimessa al giudice.

La norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, invocata dal contribuente, comporta esclusivamente la preclusione delle eccezioni “nuove” e cioè di quelle eccezioni che si risolvono in “mutamento, in secondo grado, degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa”, con conseguente ampliamento del “thema decidendum” (cfr. Cass. n. 6347/2002, che esclude dal divieto di “ius novorum” le domande ed eccezioni con le quali si prospetti una “diversa Tualificazione giuridica del rapporto dedotto in giudizio in relazione agli elementi materiali ella fattispecie già acquisiti al processo”).

Ne consegue che, avuto riguardo all’oggetto del contendere come definito dal ricorso in primo grado del contribuente – individuato nella mancata notifica delle cartelle di pagamento, nullità dell’iscrizione a ruolo di talune imposte, prescrizione del diritto alla riscossione delle somme oggetti delle intimazioni impugnate – le contrarie allegazioni dell’ Ente impositore e del Concessionario per la riscossione, volte ad affermare la avvenuta notifica degli atti presupposti si limitano alla mera indicazione di un fatto già acquisito al giudizio in quanto non introducono alcun elemento nuovo d’ indagine rispetto a quelli già introdotti nel giudizio con il ricorso introduttivo.

Ma le censure delle ricorrenti ricomprendono la denuncia di violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, in considerazione dell’affermazione, contenuta nella decisione impugnata, della non utilizzabilità delle prove documentali prodotte, a sostegno delle proprie difese, dall’Agenzia delle Entrate dalla società Serit Sicilia, in grado di appello.

i motivi di ricorso, anche sotto detto profilo, risultano fondati alla stregua dell’uniforme orientamento di questa Corte – avvalorato dal dato normativo testuale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58 – in ordine alla specialità del rito tributario che non consente un automatico rinvio formale all’art. 345 c.p.c. ed alle condizioni ivi previste di ammissibilità di nuove prove documentali in grado di appello (Cass. n. 20109/2012; n. 18907/2011; n. 1915/2007).

Il richiamato D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 58, comma 2, infatti, espressamente prevede e consente la produzione di nuovi documenti in appello, con la conseguenza che, nel processo tributario, mentre prove ulteriori, rispetto a quelle già acquisite nel giudizio di primo grado, non possono essere disposte in grado d’appello, salvo che la parte dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio, i documenti possono essere liberamente prodotti anche in sede di gravame, ancorchè preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado (Cass. n. 22776/2015; n. 3661/2015), a nulla rilevando l’eventuale irritualità della loro produzione in primo grado (Cass. n. 23616/2011).

Il giudice territoriale di secondo grado, pertanto, non hanno fatto corretta applicazione delle norme processuali invocate dal ricorrente originario e, sotto tale profilo, la sentenza impugnata merita di essere cassata, con la precisazione che l’onere di provare l’intervenuta notifica delle cartelle di pagamento, attività quest’ultima propria del Concessionario agente della riscossione, deve ritenersi gravare anche sull’Ente titolare del credito tributario ove sia stato evocato in giudizio – come nel caso di specie – dal contribuente e sia in contestazione l’esistenza stessa della pretesa impositiva (Cass. Sez. Un. n. 5791/2008), cosa che impone il rigetto per infondatezza del quarto motivo del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate.

Al giudice di rinvio, che provvederà a nuovo esame della causa, rimediando anche al deficit motivazionale circa l’idoneità della documentazione prodotta nel giudizio di appello a dimostrare la intervenuta rituale notifica delle prodromiche cartelle di pagamento, questione che nella impugnata decisione è stata risolta in maniera del tutto apodittica, senza alcun concreto riferimento agli elementi esaminati e presi in considerazione.

Al medesimo giudice è rimessa anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie i motivi dei ricorsi, ad eccezione del quarto, che rigetta, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CRT della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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