Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25119 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. I, 08/10/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 08/10/2019), n.25119

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19525/2018 proposto da:

B.I., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico n. 38,

presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1791/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/09/2019 dal Cons. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

B.I. cittadino originario del Ghana, propone ricorso per cassazione, con tre motivi, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma che, confermando la pronuncia di primo grado, ha escluso il riconoscimento di ogni forma di protezione.

La Corte territoriale, in particolare, ha rilevato, sotto diversi profili, la mancanza di credibilità e la contraddittorietà del racconto del richiedente ed ha altresì escluso che nel Ghana sia ravvisabile una situazione di violenza generalizzata o di conflitto interno o internazionale.

La Corte ha altresì respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di specifici elementi tali da evidenziare una situazione di particolare vulnerabilità del richiedente.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo denuncia omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla commissione territoriale ed al giudice di prime cure, deducendo che le dichiarazioni suddette non sarebbero state adeguatamente apprezzate da entrambi i giudicanti, i quali avrebbero fondato le proprie affermazioni sull’apodittica affermazione di mancanza dei presupposti per la concessione delle invocate protezioni.

Il motivo è infondato.

Conviene premettere che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero sotto il profilo della mancanza assoluta della motivazione, della motivazione apparente, o perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. 3340/2019).

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha rilevato, con apprezzamento adeguato, che la narrazione risultava poco coerente e priva di attendibilità, lacunosa ed inverosimile.

A parte la circostanza che la successione cronologica degli eventi narrati risultava incompatibile con l’età e la data di ingresso nel nostro paese dichiarate dal richiedente, la Corte ha rilevato la discrepanza tra quanto dichiarato alla commissione ed al giudice di prime cure in relazione alle esperienze professionali ed al mestiere svolto.

Il giudice di appello ha inoltre rilevato numerose contraddizioni nelle diverse versioni del racconto anche riguardo alla condizione di omosessualità ed alla pratica della prostituzione da parte del richiedente: questi, in un primo tempo aveva negato di aver esercitato la prostituzione, riferendo di aver avuto una relazione omosessuale con un amico; successivamente aveva dichiarato di prostituirsi e di aver avuto rapporto omosessuali poichè in difficoltà economiche, negando in un primo tempo ed asserendo infine di essere omosessuale.

La condizione di omosessualità del richiedente, dunque, non risulta fondata su elementi concreti, nè su una narrazione coerente e plausibile ed è rimasta del tutto priva di riscontri, non potendo neppure esercitarsi, in assenza di allegazione di circostanze sufficientemente precise, il dovere di cooperazione istruttoria, che non può evidentemente sopperire alle contraddizioni e lacune delle allegazioni del richiedente.

Il giudice di appello ha pertanto ritenuto, con motivazione logica e coerente, che il racconto del richiedente con riferimento alla propria situazione personale, ed alla condizione di omosessualità in particolare, non potesse ritenersi credibile, facendo da ciò discendere il rigetto della domanda avente ad oggetto lo status di rifugiato, nonchè la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

Il secondo motivo lamenta la mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto, in ragioni della condizioni politiche del paese di origine, deducendo la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Il motivo è infondato.

La Corte territoriale ha infatti accertato, mediante il riferimento a fonti aggiornate e qualificate, quali il rapporto internazionale sulla liberà religiosa dello Stato (www.state.gov/religiousfreedomreport) ed Amnesty international che nel Ghana, pur in presenza di rilevanti limitazioni di diritti per determinate categorie di persone, tra le quali non rientra il richiedente, non sussiste una situazione di violenza indiscriminata tale da far ritenere che un civile, rientrato nel paese, possa correre un rischio effettivo per la propria incolumità: ha pertanto escluso, con statuizione conforme a diritto, la sussistenza dei presupposti del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Il terzo motivo lamenta l’omessa applicazione della protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 deducendo che non può essere rifiutato il permesso di soggiorno, quanto meno per motivi umanitari, nel caso dello straniero che possa essere perseguitato nel paese di origine o corrervi gravi rischi e rilevando che le condizioni socio economiche del paese di origine del richiedente non consentono un livello adeguato ed accettabile avuto riguardo alla salute, all’alimentazione ed alle aspettative di vita.

Il motivo è infondato.

Premesso che l’attendibilità della narrazione svolge un ruolo rilevante anche con riferimento alla protezione umanitaria, atteso che, ai fini di valutare se il richiedente abbia subito un’effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, questa dev’essere necessariamente correlata alla condizione del richiedente, posto che solo la sua attendibilità consente di attivare poteri officiosi (Cass. 4455/2018), la Corte territoriale ha escluso, con apprezzamento adeguato, che, sia avuto riguardo alle condizioni soggettive del richiedente, che alla situazione del paese di origine sia ravvisabile una situazione di vulnerabilità tale da giustificare il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

A fronte di tale statuizione il mezzo è del tutto generico ed a parte la generica deduzione sulle condizioni socio-economiche del Ghana, non contiene la allegazione della specifica situazione di fragilità del richiedente.

Il ricorso va dunque respinto e, considerato che il Ministero non ha svolto difese, non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte, respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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