Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25116 del 24/10/2017

Cassazione civile, sez. VI, 24/10/2017, (ud. 21/09/2017, dep.24/10/2017),  n. 25116

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24067-2015 proposto da:

O.C., V.M., padre e madre esercenti la

potestà genitoriale sul minore O.L., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO RINALDI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE 96047640584, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

REGIONE TOSCANA;

– intimata –

avverso la sentenza n. R.G. 69/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata l’01/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/09/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

1. la Corte d’appello di Firenze, in riforma della sentenza del Tribunale di Livorno, rigettava la domanda proposta da O.C. e V.M., genitori esercenti la potestà sul minore O.L., al fine di ottenere l’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992, artt. 1 e 2, assumendo che il proprio figlio aveva contratto “encefalopatia post vaccinale con sindrome autistica ed epilessia farmacoresistente”, asseritamente a causa della somministrazione dei vaccini (Antipolio Iovax – Salk, D FP, Anti epatite B) a lui praticata in data (OMISSIS). La Corte territoriale recepiva l’analisi e la valutazione del c.t.u. nominato in grado d’appello, che aveva escluso il nesso di causalità tra la vaccinazione e la malattia, confermando tale valutazione anche all’esito dell’integrazione fornita in riposta alle critiche sollevate dal consulente di parte, per la quale si era avvalso di uno specialista.

2. Per la cassazione della sentenza O.C. e V.M. propongono ricorso, a fondamento del quale deducono come unico motivo il vizio di motivazione e la violazione dell’art. 116 c.p.c., L. n. 210 del 1992, artt. 2 e 5, art. 62 c.p.c., art. 90 e 92 disp. att. c.p.c., nonchè l’omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo per il giudizio. Lamentano che la c.t.u. recepita dalla Corte territoriale sarebbe affetta da errori ed omissioni, tra cui in primis l’avere ignorato che il bambino Lorenzo era febbricitante il giorno antecedente la vaccinazione che risultò per lui dannosa e sottoposto a terapia antibiotica, nonchè il ruolo esercitato dall’antigene di istocompatibilità HLA in soggetto con parziale deficit immunologico.

3. Ha resistito con controricorso il Ministero della salute.

I ricorrenti hanno depositato anche memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

4. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

1. l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. S.U. 7.4.2014 n. 8053 e 8054 e altre successive).

2. Nel caso, i ricorrenti prospettano una serie di circostanze che sarebbero state ignorate dal c.t.u., senza tuttavia riportarne le argomentazioni, nè riportare la risposta che il c.t.u. ha fornito alle contestazioni formulate dal c.t.p., valendosi dell’ausilio di uno specialista, che si assumono inappaganti; inoltre, non viene indicata la sede processuale in cui sarebbero emerse le circostanze che si assumono ignorate, nè la relativa fonte, in violazione dei principi di specificità dei motivi di ricorso desumibili dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (nel testo che risulta a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 40 del 2006, operante ratione temporis) (v. Cass. 16368 del 17/07/2014).

3. Nella memoria depositata i ricorrenti ampliano il contenuto del ricorso, mediante il riferimento a dati fattuali emersi e deduzioni formulate nel corso del giudizio di merito.

Tuttavia, a prescindere dall’idoneità e sufficienza o meno di dette allegazioni ai fini di causa, va osservato che, nel giudizio di legittimità, con le memorie di cui all’art. 378 c.p.c., e con quelle omologhe di cui all’art. 380-bis c.p.c., destinate esclusivamente ad illustrare e chiarire le ragioni già compiutamente svolte con l’atto di costituzione ed a confutare le tesi avversarie, non è possibile specificare od integrare, ampliandolo, il contenuto delle originarie argomentazioni che non fossero state adeguatamente prospettate o sviluppate con il detto atto introduttivo, nè, tanto meno, dedurre nuove eccezioni o sollevare nuove questioni di dibattito, diversamente violandosi il diritto di difesa della controparte in considerazione dell’esigenza per quest’ultima di valersi di un congruo termine per esercitare la facoltà di replica (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. Un., 15 maggio 2006, n. 11097, Cass. 22/02/2016 n. 3471).

4. Deve poi qui ribadirsi che il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice (v. ex plurimis da ultimo Cass. ord. n. 1652 del 2012, Cass. ord. 23/12/2014 n. 27378, Cass. 16/02/2017 n. 4124).

3. Nel caso, alle argomentazioni del c.t.u. di secondo grado e dello specialista di cui quello si è avvalso, che si sono riferite anche, come riporta la Corte d’appello, alla letteratura scientifica sull’argomento, i ricorrenti contrappongono altre argomentazioni, desunte da diversa ed ulteriore letteratura scientifica che, pur manifestando l’acceso dibattito che da tempo si registra sulla questione, non rivela acquisizioni ed elementi decisivi al fine di confutare la soluzione da quello adottata.

3.1. Deve peraltro rilevarsi che il ricorso, sebbene non riporti puntualmente le argomentazioni del c.t.u. che si assumono viziate e insufficienti, riferisce tuttavia a pg. 7 che l’ausiliare convocato dal c.t.u. esaminò la questione della somministrazione dei vaccini in caso di iperpiressia, pur non rilevando alcun errore nel comportamento del medico che vaccinò il piccolo Lorenzo, ed aggiunge a pg. 8 che i due consulenti sottovalutarono il dato relativo ad una genesi immunomediata dell’encefalopatia, “relegandolo” a spunto per ulteriori studi scientifici. Ne risulta quindi che i ricorrenti, piuttosto che denunciare un’omissione, che non vi è stata, sollecitano in sostanza una rilettura dei dati di causa più coerente con le proprie prospettazioni, e quindi una diversa valutazione di merito, inammissibile in questa sede.

4. La Corte territoriale si è quindi attenuta ai principi dettati da questa Corte con riguardo alla materia che ci occupa, secondo i quali (v. Cass. 17/01/2005 n. 753, Cass. 19/01/2011 n. 1135, Cass. 29/12/2016 n. 27449, ord.) la prova a carico dell’interessato ha ad oggetto l’effettuazione della somministrazione vaccinale e il verificarsi dei danni alla salute e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica, mentre nel caso il nesso causale costituisce solo un’ipotesi possibile.

5. Il Collegio, condividendo la proposta del relatore, ritiene quindi che il ricorso risulti inammissibile ex art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1, e debba in tal senso essere deciso con ordinanza in camera di consiglio.

6. La regolamentazione delle spese processuali segue la soccombenza.

7. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002 , art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2017

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