Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25115 del 07/12/2016
Cassazione civile sez. trib., 07/12/2016, (ud. 12/10/2016, dep. 07/12/2016), n.25115
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 29718-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
FRATELLI M. SRL, in persona del legale rappresentante pro
tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria
della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi, dall’Avvocato
CRISTINA BRANCATO con studio in FIRENZE VIA MAGGIO 7 (avviso postale
ex art. 135), giusta delega in calce;
– controricorso e ricorso incidentale condizionato –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 32/2010 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,
depositata il 01/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/10/2016 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato CASELLI che ha chiesto
l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL
CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso
principale, inammissibile il ricorso incidentale.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con avviso di accertamento n. (OMISSIS) per IVA, IRPEG ed IRAP notificato alla società Fratelli M. SRL, l’Agenzia delle entrate, sulla base degli studi di settore, aveva rideterminato in misura maggiore i ricavi per l’anno di imposta 2004.
L’avviso era impugnato dalla contribuente con esito favorevole sia in primo che in secondo grado.
2. La Commissione Tributaria della Toscana con la sentenza n. 32/30/10, depositata il 01.02.2010 e notificata il 06.10.2010, preliminarmente sosteneva il legittimo ricorso da parte dell’Ufficio agli studi di settore sotto il profilo motivazionale, avendo osservato che, nel caso di specie, vi era stato un regolare svolgimento procedimentale e che la motivazione era conseguita alla fase del contraddittorio. Nel merito, al contrario, riteneva non attendibili gli esiti derivanti dalla applicazione degli studi di settore, tenuto conto degli elementi in concreto forniti dalla contribuente.
In particolare affermava che la società aveva giustificato lo scostamento dagli studi di settore con riferimento alla struttura organizzativa utilizzata, senza che l’Ufficio avesse opposto una diversa valutazione, ed aveva fornito la prova che i ricavi dichiarati corrispondevano alle provvigioni applicate.
3. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, incardinato su un motivo. La società replica con controricorso e ricorso incidentale fondato su un motivo.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Con l’unico motivo la Agenzia lamenta la insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in merito alla sussistenza di elementi giustificativi dello scostamento rilevato tra i ricavi dichiarati e quelli determinati sulla scorta dell’applicazione degli studi di settore, sostenendo che la questio facti era stata risolta in maniera apodittica e sintetica.
In proposito ricorda che nell’avviso di accertamento era stata illustrata la struttura societaria adottata dalla Fratelli M. SRL, con la precisazione che tale struttura la faceva rientrare nel gruppo delle agenzie di rappresentanza, mentre essa svolgeva, anche se attraverso dei sub-agenti titolari di partita IVA, l’attività di agente plurimandatario nel comparto della carta e della cancelleria.
Osserva quindi che, contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR, lo studio di settore aveva tenuto conto della struttura societaria, mentre era stata la società a proporre una elaborazione dello studio di settore che in parte disconosceva la sua stessa struttura, poichè aveva inserito le spese relative a ciascun sub-agente come se fossero costi della società e non aveva inserito il valore delle provvigioni passive che la società pagava ai suoi sub-agenti.
1.2. Il motivo è fondato e va accolto.
1.3. Come già affermato da questa Corte, i parametri o studi di settore previsti dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 181 e 187, rappresentando la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rilevano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d, che deve essere necessariamente svolto in contraddittorio con il contribuente, sul quale, nella fase amministrativa e, soprattutto, contenziosa, incombe l’onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello “standard” prescelto al caso concreto oggetto di accertamento (Cass. n. 14288/2016).
1.4. Nel caso in esame, dopo il riconoscimento del regolare svolgimento procedimentale dell’accertamento, la sintetica decisione, da un lato prende in considerazione le caratteristiche strutturali della società organizzata con l’utilizzo di sub-agenti e, dopo avere assertivamente sostenuto che “l’Agenzia non oppone invero alcuna diversa valutazione di merito, atta a confermare – con riferimento alla specifica realtà aziendale presa in esame – l’esito di quanto accertato per tramite degli studi di settore”, conclude che ciò rende plausibile il reddito dichiarato dalla società; dall’altro rimarca la corrispondenza dei ricavi societari alle provvigioni applicate.
Orbene, da tale motivazione, nulla si evince circa la valutazione della specifica contestazione, svolta dalla Agenzia in merito alla incongruenza tra le deduzioni della società che, da una parte, adduce la peculiare struttura della propria attività di agenzia, svolta mediante il ricorso a sub-agenti, dotati di una propria autonomia organizzativa e, quindi, di propri costi autonomamente deducibili, e dall’altra parte, in sede di contraddittorio, inserisce le spese relative a ciascun sub-agente, come se fossero costi della società e non computa il valore delle provvigioni passive che la società paga ai propri sub-agenti.
1.5. La sentenza, infatti, è motivata sul punto in modo insufficiente, assertivo ed astratto e non consente di individuare gli elementi probatori sottoposti al giudice dalla Amministrazione e dalla parte privata e, quindi, ricostruire il percorso logico giuridico sulla scorta del quale la Commissione è pervenuta alla decisione impugnata.
2.1. Con l’unico motivo di ricorso incidentale la società denuncia la violazione /o falsa applicazione del D.Lgs. n. 331 del 1993, art. 62 sexies e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 3, comma 1, lett. d) (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
Secondo la parte privata il recupero promosso dall’Agenzia si sarebbe fondato solo sulla circostanza che i ricavi dichiarati erano risultati più bassi rispetto a quelli evidenziati dallo studio di settore relativo alla attività svolta dalla società, laddove invece era onere dell’Ufficio, nel contraddittorio con la parte, corroborare tali risultati con ulteriori informazioni e dati, pervenendo solo all’esito alla formulazione della contestazione, e la CTR avrebbe errato nell’affermare che gli studi di settore recano una presunzione legale, con la conseguenza che il contribuente sarebbe tenuto a fornire la prova contraria.
2.2. Il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che contiene un’accertamento di fatto non censurato, in merito al corretto svolgimento del procedimento accertativo a mezzo degli studi di settore in quanto caratterizzato dal regolare svolgimento del contraddittorio, cui consegue l’applicazione dei canoni di prova presuntiva e l’inversione dell’onere della prova.
3. In conclusione il ricorso principale va accolto ed il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile. La sentenza impugnata va cassata sul motivo accolto e rinviata alla CTR della Toscana in altra composizione per l’esame degli elementi specifici contestati sulle deduzione delle spese dei sub-agenti e sul mancato inserimento delle provvigioni passive che la società paga ai sub-agenti e la compiuta esplicazione dell’iter motivazionale logico-giuridico seguito, oltre che per la statuizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte di cassazione,
accoglie il ricorso principale, inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Regionale della Toscana in altra composizione per il riesame e la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016