Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25114 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. I, 08/10/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 08/10/2019), n.25114

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 340/2018 proposto da:

T.I., rappresentato e difeso dall’avv. Itala Mannias giusta

procura speciale in calce al ricorso ed elettivamente domiciliato in

Roma Viale Delle Medaglie D’Oro 169 presso lo studio dell’avvocato

medesimo;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4928/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/09/2019 dal cons. TERRUSI FRANCESCO.

Fatto

RILEVATO

che:

T.I., maliano, ricorre per cassazione con tre motivi avverso la sentenza con la quale la corte d’appello di Roma ne ha rigettato il gravame teso a ottenere la protezione internazionale o umanitaria;

il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo mezzo il ricorrente ascrive alla corte d’appello di aver omesso l’esame del fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5) rappresentato dall’evidenziato timore di subire un danno grave e irreparabile, in caso di rientro in Mali, in ragione della situazione di grave instabilità e di violenza generalizzata del paese;

col secondo mezzo denunzia la violazione o errata interpretazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 14, lett. c), per avere la corte di appello considerato unicamente il rischio di danno riferibile alla situazione personale del richiedente;

col terzo motivo infine deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c. per non essere stata assunta la decisione iuxta alligata et probata;

il ricorso, i cui motivi possono essere esaminati unitariamente per connessione, è fondato;

la corte d’appello di Roma – dopo aver premesso che la commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva ritenuto credibili, a differenza del tribunale, i fatti narrati dal richiedente e i timori da questo manifestati, e dopo aver precisato che il racconto era da considerare in effetti “plausibile” – ha negato l’esistenza delle condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria in quanto, pur nella situazione di grave instabilità del Mali (anche nella zona meridionale di provenienza dell’istante), non era stato allegato un pericolo connesso alla situazione generale di conflitto ivi esistente, sebbene un pericolo associato alla vicenda prettamente familiare e privata conseguente a un litigio per la proprietà di un terreno;

in tal senso la corte territoriale ha concluso che “il timore dell’appellante” non era riconducibile “alla situazione del paese di origine, bensì a fatti personali e familiari, avulsi dall’esistenza del conflitto”;

sennonchè emerge dal ricorso che T. aveva specificato, sia durante l’audizione dinanzi al tribunale, sia in appello, di non poter tornare in Mali appunto a cagione della guerra, in tal modo paventando, unitamente al rischio discendente dalla sua personale vicenda familiare, anche la situazione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c);

ora è vero che la domanda diretta a ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, per cui il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (per tutte Cass. n. 27336-18); è però anche vero che l’apprezzamento dell’avvenuta allegazione dei suddetti fatti costitutivi non può esser svolto in modo formalistico;

l’allegazione del timore di un rischio generalizzato, dipendente dalla situazione socio-politica del paese di provenienza, non impone formule e soprattutto va al di là della ragione per la quale il migrante si è determinato a lasciare il proprio paese, poichè presuppone sempre un riferimento all’attualità (cfr. Cass. n. 28990-18), e va individuata laddove gli elementi di fatto siano specificati in termini tali da consentire al giudice di svolgere un conseguente (e coerente) accertamento;

nell’ipotesi di protezione internazionale, una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale, per modo che ciascuna domanda venga poi esaminata giustappunto alla luce di informazioni aggiornate (Cass. n. 11312-19); l’impugnata sentenza va dunque cassata con rinvio alla medesima corte d’appello, la quale, in diversa composizione, rinnoverà l’esame della domanda di protezione sussidiaria uniformandosi ai principi di diritto appena esposti;

la corte d’appello provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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