Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25111 del 07/12/2016
Cassazione civile sez. trib., 07/12/2016, (ud. 29/09/2016, dep. 07/12/2016), n.25111
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28832-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
D.N.C., elettivamente domiciliato in ROMA VIA C. CORVISIERI
46, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO CAVALIERE, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO VIRGILLO
giusta delega in calce;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 44/2009 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,
depositata il 20/10/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
29/09/2016 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;
udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto
l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
L’Agenzia delle entrate ricorre nei confronti di D.N.C. (medico convenzionato col SSN, che ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria) per la cassazione della sentenza con la quale la C.T.R. della Toscana, in controversia concernente impugnazione del silenzio rifiuto su istanza di rimborso dell’Irap versata per gli anni 2001/2003, rigettando l’appello dell’Agenzia, confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso del contribuente.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Col primo motivo di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 la ricorrente si duole del fatto che i giudici d’appello, affermando che nell’attività del contribuente non si ravvisa la benchè minima organizzazione “trattandosi di un’attività di natura personale dove la mancanza della stessa comporterebbe la cessazione dell’attività stessa” mostra di ritenere che la natura personale dell’attività escluda di per sè la presenza di un’organizzazione rilevante ai tini dell’integrazione del presupposto impositivo Irap.
La censura è fondata. I giudici d’appello hanno escluso nella specie la sussistenza del presupposto impositivo esclusivamente sul rilievo della natura “personale” dell’attività svolta dal dottor D.N., ignorando la normativa applicabile siccome interpretata dalla Corte costituzionale e ripetutamente dalla Corte di cassazione anche a sezioni unite. In particolare, la giurisprudenza di questo giudice di legittimità (tra le tante v. per tutte SU nn. 12111 e 12108 del 2009) ha in proposito individuato precisi indici (differenti dalla mera natura personale dell’attività svolta) affermando che il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'”id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.
Quanto al richiamo operato dal controricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c. ad altre decisioni è appena il caso di rilevare che le decisioni richiamate riguardano diversi anni di imposta e che la sussistenza del presupposto impositivo va accertata rispetto a ciascun periodo di imposta, potendo essa variare nel tempo (ad esempio potendo il professionista servirsi per un certo periodo di più di un dipendente ovvero di complessi strumenti diagnostici eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio della sua attività).
Il motivo deve essere pertanto accolto, con assorbimento degli altri motivi coi quali si denunciano ulteriori violazioni di legge nonchè vizi di motivazione, e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla CTR della Toscana in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016