Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25110 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. I, 08/10/2019, (ud. 08/04/2019, dep. 08/10/2019), n.25110

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21483/2018 proposto da:

V.V., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Mazzini

n. 8, presso lo studio dell’avvocato Cecchini Cristina Laura,

rappresentato e difeso dall’avvocato Feroci Consuelo, con procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione

Internazionale di Ancona e Ministero dell’Interno, in persona dei

rispettivi legali rappres. p.t.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 709/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 30/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/04/2019 dal Cons. rel. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza del 17.9.16, Il Tribunale di Ancona respinse il ricorso di V.V. – cittadino ucraino – avverso il provvedimento di diniego dell’istanza di riconoscimento delle varie forme di protezione internazionale.

Con sentenza del 30.5.18 la Corte d’appello di Ancona rigettò l’appello proposto dalla V. osservando che: come rilevato dal giudice di primo grado, il racconto reso dal ricorrente – il quale aveva dichiarato di provenire da una regione dell’Ucraina interessata da disordini – non era credibile, privo di riscontri probatori, generico e poco circostanziato, desumendosi dallo stesso che l’istante aveva lasciato l’Ucraina per scelte personali – e non per sottrarsi al richiamo alle armi disposto dalle Autorità nazionali, come dichiarato – senza aver mai subito persecuzioni, avendo infatti affermato di essersi recato, per turismo, dapprima in Grecia e poi in Italia; erano insussistenti sia i presupposti della protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c),per la mancanza di una situazione generalizzata di violenza nel Paese da far configurare il rischio di violenze in danno del ricorrente, sia quelli della protezione umanitaria per la mancanza di specifiche situazioni soggettive.

V.V. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Non si sono costituiti il Ministero e la Commissione territoriale cui il ricorso è stato notificato a mezzo-posta il 18.7.2018.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,7,8 e 14 avendo la Corte d’appello escluso la protezione internazionale in maniera parziale e lacunosa, senza considerare che il ricorrente, nel non rispondere ai due richiami alla leva – relativi al conflitto interno al Paese – aveva esercitato la libertà di coscienza per non partecipare ad un conflitto armato che non condivideva, rifiuto che l’avrebbe esposto a persecuzione, provenendo dalla regione del Dombass, considerata pericolosa in quanto limitrofa alle zone di guerriglia nel controllo dei soggetti filo-russi (come dimostrato da veri report internazionali).

Con il secondo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e del D.Lgs. n. 286 del 1996, art. 5, comma 6, non avendo la Corte d’appello ritenuto sussistente una situazione personale di vulnerabilità tale da legittimare il permesso umanitario, pur essendo integrato in Italia come dimostrato dall’ottima padronanza della lingua italiana, dalla presenza di suoi familiari e dall’attività lavorativa svolta.

Il primo motivo è inammissibile. Invero, il ricorrente non allega i fatti costitutivi specifici delle fattispecie di protezione internazionali invocate, lamentando genericamente l’inadeguata e parziale valutazione del suo racconto, reso alla Commissione territoriale, senza peraltro censurare la parte precipua della motivazione della Corte d’appello afferente all’inverosimiglianza dello stesso racconto nella parte riguardante il timore di persecuzioni per essersi sottratto ai richiami alla leva, in caso di rientro nel Paese.

Per il resto, il ricorrente svolge critiche di merito e dunque inammissibili.

Il secondo motivo è parimenti inammissibile, poichè il ricorrente ha omesso di specificare la sue condizioni di vita nel Paese di origine che radicherebbero – e perchè – il diritto alla protezione umanitaria che (Cass., n. 4455/18).

Nulla per le spese, non essendo costituiti la Commissione territoriale e il Ministero dell’Interno. Data l’ammissione del ricorrente al gratuito patrocinio, non è applicabile del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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