Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2511 del 01/02/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 2511 Anno 2018
Presidente: DIDONE ANTONIO
Relatore: DOLMETTA ALDO ANGELO

sul ricorso 6761/2012 proposto da:
Cooperativa Edilizia a r.l. Regione Campania Napoli Camaldoli
n.258, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Antonio Mancini n.4/b,
presso lo studio dell’avvocato Fasano Giovannantonio,
rappresentata e difesa dall’avvocato Aievola Antonio, giusta procura
a margine del ricorso;
-ricorrente contro
Industria Manufatti Cementi – Edilcementi S.r.l., già Fallimento, in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
1

Data pubblicazione: 01/02/2018

presso lo studio

domiciliato in Roma, via XX Settembre n. 3,

dell’avvocato Sandulli Federica, che lo rappresenta e difende, giusta
procura su comparsa di costituzione nuovo difensore;
-controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/09/2017 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA (est.).

FATTO E DIRITTO

1.- La Cooperativa Edilizia a r.l. Regione Campania Napoli Camaldoli
n. 258 ricorre per cassazione nei confronti del Fallimento Edilcementi
s.r.I., muovendo tre motivi avverso il decreto emesso dal Tribunale di
Napoli in data 28 novembre 2011.
Con tale provvedimento, il Tribunale ha rigettato il reclamo ex art. 26
legge fall. che la Cooperativa aveva proposto nei confronti
dell’ordinanza di vendita fallimentare di dati beni immobili – disposta
dal giudice delegato al Fallimento Edilcementi in data 13 dicembre
2010 -, sulla base dell’assunto che i beni, di cui alla vendita, erano di
sua proprietà e non già del Fallimento.
Nei confronti del ricorso resiste il Fallimento, che ha depositato
apposito controricorso. Successivamente, è deceduto il difensore del
Fallimento, prof. Michele Sandulli. In data 8 settembre 2017 si è
peraltro costituito, con apposito atto, un nuovo difensore della detta
Procedura, nella persona dell’avv. Federica Sandulli.
2.-

I motivi di ricorso evocano i vizi che qui di seguito vengono

richiamati.
2

s

28/12/2011;

Il primo motivo denunzia, in particolare, «violazione e falsa
applicazione degli artt. 2909 e 2932 cod. civ. e artt. 112, 115, 116 e
132 cod. proc. civ. nonché dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e del
principio di intangibilità e certezza del giudicato in riferimento alla
erronea interpretazione del giudicato portato dalla sentenza n.

contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.».
Il secondo motivo adduce, a sua volta, «violazione e falsa
applicazione degli artt. 112, 115, 116 e 132 cod. proc. civ.

ex art.

360 n. 3 cod. proc. civ. – Omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio

ex

art. 360 n. 5 cod. proc. civ. in merito alla errata indicazione nella
ordinanza di vendita del titolo abilitativo con indicazione di un titolo
inesistente».
Il terzo motivo assume, poi, «violazione e falsa applicazione dell’art.
26 legge fall. e degli artt. 51, 112 e 158 cod. proc. civ., artt. 24, 101,
104 e 111 Cost. e dell’art. 6 della legge n.848/1955 ex art. 360 n. 3
cod. proc. civ. – Nullità del decreto e del procedimento per vizio di
costituzione del giudice di primo grado ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ.
– Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione».
3.- Il primo motivo muove dal rilievo che il decreto impugnato, nel
respingere il ricorso della Cooperativa, ha fatto riferimento e base a
una sentenza del Tribunale di Napoli 6 aprile 1998 n. 3313,
intervenuta tra le parti – e passata in giudicato -, che ha accertato
l’avvenuto trasferimento di una serie di immobili dalla Cooperativa a
Edilcementi, a titolo di corrispettivo per l’avvenuto espletamento di
un contratto di appalto.

3

3313/1998 ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. – Omessa, insufficiente e

Ha errato il decreto – sostiene dunque la ricorrente Cooperativa – nel
ritenere che la detta sentenza riguardi anche gli immobili di cui
all’ordinanza di vendita.
«Stante la palese indeterminatezza e genericità del dispositivo» di
questa sentenza, occorre procedere alla disamina del contenuto

chiarisce – così argomenta la ricorrente – che il

decisum della

sentenza riguarda solo gli immobili di cui al piano terreno del
fabbricato sito in Pollena Trocchia, non anche quelli di cui al quinto
piano, fatti per l’appunto oggetto del provvedimento fallimentare di
vendita.
4.- Il motivo è inammissibile.
Nella specie, trattandosi di procedimento esecutivo, trova
applicazione il principio per cui «l’interpretazione del titolo esecutivo
consistente in una sentenza passata in giudicato compiuta dal giudice
dell’opposizione a precetto o all’esecuzione si risolve
nell’apprezzamento di un “fatto”, come tale incensurabile in sede di
legittimità se esente da vizi logici o giuridici, senza che possa
diversamente opinarsi alla luce dei poteri di rilievo officioso e di
diretta interpretazione del giudicato esterno da parte del giudice di
legittimità, atteso che, in sede di esecuzione, la sentenza passata in
giudicato, pur ponendosi come “giudicato esterno” (in quanto
decisione assunta fuori dal processo esecutivo), non opera come
decisione della controversia, bensì come titolo esecutivo e, pertanto,
al pari degli altri titoli esecutivi, non va intesa come momento
terminale della funzione cognitiva del giudice, bensì come
presupposto fattuale dell’esecuzione, ossia come condizione
necessaria e sufficiente per procedere ad essa. (cfr. Cass. 06 luglio
2010, n. 115852; Cass., 19 dicembre 2014, n. 26890).
4

motivazionale proprio della medesima: e tale disamina senz’altro

Del resto, il dispositivo della sentenza del Tribunale di Napoli è del
tutto univoco nell’individuare le particelle catastali interessate
dall’avvenuto trasferimento.
5.- Il secondo motivo di ricorso rileva che l’ordinanza di vendita a suo
tempo emessa dal giudice delegato fa rifermento a una pronuncia del

il numero d’ordine «3318».
Il motivo non può essere accolto.
Si tratta, in effetti, di un semplice errore materiale («3318» in luogo
di «3313»). D’altra parte, il decreto del Tribunale napoletano ha
puntualmente individuato il titolo corretto.
6.- Il terzo motivo si incentra sulla circostanza che la persona del
giudice delegato, che ha emesso l’ordinanza di vendita, ha fatto pure
parte del Collegio che ha reso il decreto impugnato, essendone
relatore. Per rilevare di avere richiesto espressamente «al Relatore
nominato di astenersi dalla trattazione», senza che, peraltro, il
Collegio abbia «ritenuto di esprimere alcuna motivazione, se non
ritenere assorbita ogni altra questione».
7.- Il motivo non può essere accolto.
In un precedente omologo a quella rappresentato dalla fattispecie
concreta, la sentenza di Cass. 13 luglio 2004, n. 12969 ha rilevato
che la semplice richiesta che del collegio non faccia parte il giudice
delegato, che non sia accompagnata da una formale istanza di
ricusazione, non delinea «una domanda di ricusazione in senso
proprio sulla quale il collegio debba pronunziarsi». A conforto
sostanziale della soluzione così raggiunta si veda anche la
recentissima pronuncia di Cass. SS.UU., 20 gennaio 2017, n. 1545.
8. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
5

Tribunale di Napoli che in realtà non esiste, in quanto individuata con

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità, che liquida nella misura di C 5.200,00

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione

(di cui C 200,00 per esborsi).

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