Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25109 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 10/11/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 10/11/2020), n.25109

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 8454 del ruolo generale dell’anno

2013, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente principale –

contro

A.E., rappresentato e difeso, giusta procura speciale in

calce al controricorso, dall’avv.to Roberto Ricci, elettivamente

domiciliato presso lo studio del difensore in Roma Via Giambattista

Vico n. 1;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale delle Marche, n. 63/03/2012, depositata il 25 settembre

2012, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27 febbraio 2020 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con sentenza n. 63/03/2012, depositata il 25 settembre 2012, non notificata, la Commissione tributaria regionale delle Marche (hinc: “CTR”), accoglieva parzialmente l’appello principale proposto da A.E. nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, e rigettava l’appello incidentale dell’Ufficio avverso la sentenza n. 182/03/2011 della Commissione tributaria provinciale di Ancona (hinc: “CTP”), che aveva rigettato il ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso: 1) la cartella di pagamento n. 003.2009.0028097512, con la quale era stata iscritta a ruolo la somma di Euro 55.918,58 a titolo di Irpef, addizionali, interessi e sanzioni; 2) i presupposti avvisi di accertamento (OMISSIS) e (OMISSIS) con i quali l’Ufficio, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38 aveva accertato nei confronti dello stesso un maggiore reddito imponibile in base a rilevati consistenti incrementi patrimoniali (c.d. redditometro) con irrogazione di sanzioni per infedele Irpef per gli anni 2004-2005;

– in punto di fatto, la CTR ha premesso che: 1) avverso la cartella n. (OMISSIS) e i presupposti avvisi di accertamento (OMISSIS) e (OMISSIS), relativi ad Irpef, addizionali, interessi e sanzioni, sulla base di un accertamento redditometrico, per gli anni 2004-2005, A.E. aveva proposto ricorso alla CTP di Ancona deducendo la nullità della cartella per mancato perfezionamento della notifica degli atti impositivi prodromici nonchè nel merito la infondatezza della pretesa tributaria; 2) con sentenza n. 182/3/11, la CTP di Ancona aveva rigettato il ricorso ritenendo la validità della notifica degli avvisi di accertamento a monte nonchè la legittimazione passiva di Equitalia in luogo di quella dell’Agenzia delle entrate; 3)avverso la sentenza di primo grado, il contribuente aveva proposto appello deducendo la mancata notifica degli atti impositivi presupposti e nel merito la carenza del presupposto dello scostamento di oltre il 25% dei redditi per l’utilizzo dello strumento del redditometro e, comunque, la erroneità del calcolo dell’Ufficio dei maggiori redditi presunti; 4) aveva controdedotto l’Ufficio spiegando appello incidentale quanto alla pronuncia di rigetto del ricorso da parte della CTP in luogo della declaratoria di inammissibilità sebbene fosse stata accertata la regolarità della notifica degli atti prodromici alla cartella;

-in punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR – nel rideterminare il maggior reddito imponibile in Euro 30.931,00 per il 2004 e in Euro 40.384,00, per il 2005 – ha osservato che: 1) non era fondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello (principale) per mancata conformità, per difetto delle pagg. 3 e 5, della copia notificata all’Agenzia rispetto all’originale depositato in CTR, in quanto la circostanziata carenza era stata accertata dall’Ufficio proprio dopo avere preso visione delle due pagine mancanti che, quindi, erano da quest’ultimo conosciute o, comunque, ben conoscibili; 2) la notifica degli atti presupposti non era valida essendo mancato l’invio della comunicazione di avvenuto deposito (circostanza non contestata dall’Ufficio) per cui, essendo stati i prodromici accertamenti portati a conoscenza del contribuente solo con la notifica della cartella era legittima l’impugnazione della cartella anche per vizi afferenti ai previ avvisi; 3) a fronte dell’accertamento dell’Ufficio basato sul c.d. redditometro (per rilevati incrementi patrimoniali consistenti nell’acquisto di un’autovettura nel 2004 e di una casa colonica nel 2006), il contribuente aveva, in parte, giustificato le maggiori spese contestate con l’indicazione di un flusso reddituale che, essendo al lordo delle imposte dovute, era da decurtarsi di tale ammontare; 4) non era possibile – in base alla logica sottesa al recupero da “spesometro” quantificare con esattezza gli importi dei redditi evasi per cui, alla luce dei criteri di equità e ragionevolezza, il reddito imponibile andava quantificato a metà tra gli importi dichiarati e quelli accertati;

– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui resiste, con controricorso, il contribuente spiegando appello incidentale, articolato in due motivi;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo del ricorso principale, l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3 e art. 115 c.p.c. per avere la CTR erroneamente disatteso l’eccezione di inammissibilità dell’appello per mancata conformità (per difetto delle pagg. 3 e 5) della copia dell’appello notificato all’Agenzia con l’originale depositato in CTR, avendo l’Ufficio, ad avviso del giudice di appello, accertato detta mancanza dopo avere preso visione delle due pagine mancanti, pertanto conosciute o altrimenti ben conoscibili dal medesimo;

– il motivo è inammissibile;

– premesso che “in tema di contenzioso tributario, qualora l’atto di appello sia stato notificato in una copia mancante di una o più pagine, non va dichiarata automaticamente l’inammissibilità dell’impugnazione, in virtù della disposizione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, comma 3, (esplicitamente richiamata, quanto all’appello, dall’art. 53, comma 2, medesimo D.Lgs.), in quanto tale ipotesi integra una mera incompletezza materiale e non quella sostanziale difformità di contenuto sanzionata con l’inammissibilità, pur dovendo il giudice accertare, in concreto, se la suddetta mancanza abbia effettivamente impedito al destinatario della notifica la completa comprensione dell’atto e, quindi, leso il suo diritto di difesa, con la conseguenza che non può dichiararsi l’inammissibilità se le pagine omesse risultino irrilevanti al fine di comprendere il tenore dell’impugnazione, ovvero quando l’atto di costituzione dell’appellato contenga, comunque, una puntuale replica ai motivi di gravame contenuti nell’atto notificato” (cfr. Cass. n. 8138/2011, Cass. n. 25504/2011, Cass. n. 22106/2016; Cass. n. 8213/2017), nella specie, l’Ufficio, incorrendo nel difetto di specificità del motivo per come formulato, non ha precisato se e in che termini la assunta mancanza di due pagine (3 e 5) nella copia dell’atto di appello notificatogli avesse effettivamente impedito allo stesso la completa comprensione dell’atto con conseguente lesione del diritto di difesa;

-con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – nella formulazione ante riforma ex D.L. n. 83 del 2012, convertito nella L. n. 134 del 2012 – la insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata su un fatto decisivo e controverso per il giudizio qual era il perfezionamento della notifica a mezzo posta degli avvisi di accertamento prodromici alla cartella, avendo la CTR affermato apoditticamente che difettasse la prova dell’invio della raccomandata “Comunicazione di avvenuto deposito” e che anzi tale mancanza non fosse stata contestata dall’Ufficio, senza argomentare in ordine alla documentazione prodotta in giudizio da quest’ultimo e comprovante la regolarità della notifica ai sensi della L. n. 890 del 1982, artt. 8 e 14 (retate di notifica a mezzo servizio postale con raccomandate AR degli avvisi presupposti; relativi avvisi di ricevimento dai quali si evinceva che, a causa della temporanea assenza del destinatario, i plichi erano stati depositati presso l’Ufficio postale e spedita racc.ta per comunicare l’avvenuto deposito, con mancato ritiro nei dieci giorni successivi; avvisi di ricevimento delle comunicazioni di avvenuto deposito);

– il secondo motivo si profila inammissibile, nella parte in cui denuncia l’insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, vizio non più censurabile in base alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis nella specie, per essere stata la sentenza di appello depositata in data 25 settembre 2012 (v. nello stesso senso, Cass. n. 30948 del 2018);

– con il terzo motivo – riproponendo sostanzialmente le medesime argomentazioni sottese al secondo motivo – la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – nella formulazione post riforma ex D.L. n. 83 del 2012, convertito nella L. n. 134 del 2012-“l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso” qual era il perfezionamento della notifica a mezzo posta dei presupposti avvisi di accertamento;

– il terzo motivo è ugualmente inammissibile per i motivi di seguito indicati;

– in primo luogo, la ricorrente, in difetto del principio di autosufficienza, non ha riprodotto in ricorso, nelle parti rilevanti, gli atti difensivi dei gradi di merito onde permettere a questa Corte di conoscere gli esatti termini della questione nè tantomeno ha trascritto o allegato al ricorso gli avvisi di ricevimento previsti, ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 8 nel testo modificato dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, in caso di notifica a mezzo del servizio postale, nell’ipotesi di irreperibilità relativa (uno relativo alla raccomandata che contiene l’atto, e l’altro, relativo alla comunicazione di avvenuto deposito), non essendo il giudice di legittimità tenuto a ricercarli all’interno del fascicolo d’ufficio (v. in punto di inammissibilità, per difetto di autosufficienza, con riferimento alle retate di notifica delle cartelle Cass., sez. 5, n. 31038/2018; Cass. 33525 del 2019);

– peraltro, va ribadito che il vizio specifico denunciabile per cassazione in base alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 applicabile ratione temporis nella specie, concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., n. 8053 e n. 8054 del 2014; Cass. n. 14324 del 2015); nella specie, il motivo è inammissibile, in quanto la ricorrente non ha assolto il suddetto onere, essendo stato, peraltro, dedotto l’omesso esame non già di un “fatto storico”, ma bensì di profili attinenti alle risultanze probatorie, la rivalutazione delle quali è preclusa a questa Corte;

-con il quarto motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4 e 5 nel testo vigente ratione temporis, per avere la CTR – a fronte di un accertamento sintetico, in applicazione del c.d. “redditometro”, basato su specifici indici presuntivi di maggior reddito (acquisto di un’autovettura e di una casa colonica) – determinato forfettariamente il reddito imponibile secondo i criteri di “equità e ragionevolezza”, a metà tra gli importi dichiarati e quelli accertati senza che il contribuente avesse assolto all’onere di provare la mancata o minore produzione del maggior reddito presunto e, in particolare, il sostenimento delle contestate spese per gli incrementi patrimoniali con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta;

– il motivo è fondato e va accolto in quanto l’indirizzo giurisprudenziale, conforme alla statuizione di merito (cfr. Cass. n. 3804 e n. 20477 del 2017, n. 1332 del 2016; n. 22944 del 2015; n. 14885 del 2015, n. 25104 del 2014), in base al quale il contribuente può limitarsi a provare di avere la disponibilità di redditi idonei a giustificare le spese accertate, è stato superato da quelle pronunce della Corte, che il Collegio condivide e alle quali intende dare seguito, che ha invece ritenuto che, in base al contenuto precettivo della disposizione in esame, nella versione applicabile “ratione temporis”, la parte contribuente, seppur non debba dare la prova dell’effettiva destinazione del reddito esente o sottoposto a tassazione separata agli incrementi patrimoniali, deve comunque dare la dimostrazione dell’esistenza di tali redditi oltre che dell’entità degli stessi e della durata del loro possesso, “che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta” (Cass. n. 25104 del 2014; successive conformi, Cass. n. 3084 e n. 20477 del 2017, n. 1455, n. 1332 e n. 916 del 2016, nonchè n. 22944, n. 14885 del 2015 e la n. 7339 del 2015 citata dalla CTR); al riguardo si è precisato che la norma in esame non richiede “un onere di dimostrazione, aggiuntivo, circa la provenienza oltre che l’effettiva disponibilità finanziaria delle somme occorrenti per gli acquisti operati dal contribuente”, in quanto “una diversa interpretazione, in nessun modo correlata al tenore testuale del ricordato art. 38, comma 6, ult. cit., determinerebbe in definitiva, una sorta di trasfigurazione del presupposto impositivo, non più correlato all’esistenza di un reddito ma, piuttosto, all’esistenza di una spesa realizzata da redditi imponibili ordinari e congrui o da redditi esenti o da redditi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo d’imposta” (Cass. n. 1455/2016); si è quindi ulteriormente osservato che, seppur la norma chieda qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi, ovvero che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”, e, quindi non il loro semplice “transito” nella disponibilità del contribuente, è anche vero che un tale tipo di prova non può ritenersi particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la “durata” di quel possesso (Cass. n. 8995 del 2014; conf. Cass. n. 3804 del 2017; n. 14711 del 2018);

-la CTR non si è attenuta ai suddetti principi sia nella formulazione del giudizio sulla parziale giustificazione delle contestate spese per incrementi patrimoniali (“se il contribuente ha dimostrato una tale capacità di spesa deve anche dimostrare di avere conseguito redditi tali atti a permettergliela, dimostrazione che.. deve rispondere ai criteri della logica e del buon senso”) sia nella conseguente determinazione forfettaria dei redditi evasi (“la logica sottesa al recupero da “spesometro” non è in grado di quantificare con esattezza gli importi dei redditi evasi” per cui, “è ancora la logica e la ragionevolezza che devono intervenire per evitare che, una volta accertata la maggiore capacità contributiva, il cittadino non venga eccessivamente danneggiato con un eccesso di recupero reddituale”); – con il primo motivo del ricorso incidentale, A.E. denuncia l’illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui, dopo avere riconosciuto il mancato perfezionamento della notifica degli avvisi presupposti, non ha annullato la cartella per difetto degli atti impositivi prodromici;

– il motivo è infondato, alla luce della sentenza della Sezioni Unite di questa Corte, n. 5791 del 2008, che ha composto il precedente contrasto giurisprudenziale. Premesso infatti che – come già osservato nella precedente sentenza S.U. 16412 del 2.007 – la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poichè tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa. (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 1144 del 18/01/2018; Sez. 5, Ordinanza n. 14861 del 05/09/2012; Sez. 5, Sentenza n. 16444 del 15/07/2009; Cass. sez. 5, n. 11546 del 2009). Nella specie, dalla sentenza impugnata si evince che il ricorso concerneva non solo la cartella – impugnata per difetto di notifica degli atti presupposti – ma anche i presupposti avvisi di accertamento, per infondatezza della pretesa tributaria, per cui la CTR – una volta ritenuta l’invalidità della notifica degli atti presupposti – era legittimata ad esaminare il merito della pretesa impositiva;

– con il secondo motivo del ricorso incidentale, il contribuente denuncia l’illegittimità della sentenza impugnata per avere la CTR errato sul ricalcolo forfettario del reddito imponibile non avendo a) considerato le componenti connesse all’incremento patrimoniale; b) posto a base del ricalcolo i costi effettivi di utilizzo dell’autovettura; c) valutato l’utilizzo non esclusivo dell’autovettura da parte del contribuente; denuncia altresì d) la carenza- per effetto della rimozione delle componenti di incremento patrimoniale- del presupposto dello scostamento di oltre 1/4 per l’utilizzo dello strumento del redditometro;

– l’accoglimento del quarto motivo del ricorso principale comporta l’inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse delle sub-censure a), b) e c) del secondo motivo del ricorso incidentale;

– la sub-censura d) relativa alla assunta mancanza del presupposto per l’utilizzo dello strumento del redditometro – dello scostamento di oltre 1/4 del reddito complessivo netto accertabile da quello dichiarato – risulta inammissibile non avendo assolto il contribuente all’onere di riportare in ricorso, nelle parti rilevanti, gli scritti difensivi dei gradi di merito onde permettere a questa Corte di comprendere gli esatti termini della prospettata questione e la fondatezza della censura;

– in conclusione, va accolto il quarto motivo del ricorso principale, dichiarati inammissibili i restanti; rigettato il primo motivo del ricorso incidentale, dichiarato complessivamente inammissibile il secondo motivo, con cassazione della sentenza impugnata- in relazione al motivo accolto del ricorso principale – e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale delle Marche, in diversa composizione affinchè esamini il merito della vicenda.

P.Q.M.

la Corte accoglie il quarto motivo del ricorso principale, dichiara inammissibili i restanti motivi; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata – in relazione al motivo accolto del ricorso principale – e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale delle Marche, in diversa composizione; sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente incidentale (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater).

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA