Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25109 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. I, 08/10/2019, (ud. 08/04/2019, dep. 08/10/2019), n.25109

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21477/2018 proposto da:

D.G., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Mazzini

n. 8, presso lo studio dell’avv. Cecchini Cristina Laura,

rappresentato e difeso dall’avvocato Feroci Consuelo, giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione

Internazionale di Ancona;

– intimata –

avverso la sentenza n. 339/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 13/3/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/04/2019 dal Cons. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.G. – cittadino albanese – appellò l’ordinanza del Tribunale di Ancona del 16.10.16 che respinse il ricorso avverso il provvedimento della Commissione territoriale di diniego del riconoscimento della protezione internazionale. La Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 13.3.18, rigettò l’appello osservando che: pur condividendo la doglianza circa la carenza di motivazione della sentenza impugnata, non era credibile il racconto del ricorrente secondo il quale sarebbe stato costretto alla fuga in Italia dalle minacce ricevute dai gestori (o proprietari) di un casinò a Durazzo presso cui aveva lavorato, e dai quali sarebbe stato licenziato per aver sottratto denaro dalla cassa, i cui controlli erano svolti, a suo dire, con frequenza mensile; tale racconto confliggeva, peraltro, con la situazione politica dell’Albania ove sarebbe stato possibile richiedere la protezione delle Autorità; non sussisteva in Albania alcun conflitto armato tale da costituire violenza generalizzata e un concreto pericolo per il ricorrente; non erano state allegate situazioni legittimanti il permesso umanitario.

Il G. ricorre in cassazione formulando due motivi.

Resiste il Ministero con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,7,8 e 14 avendo la Corte d’appello escluso la sussistenza del riconoscimento della protezione internazionale adducendo la natura privata della vicenda narrata dall’istante, ed avendo omesso, attraverso domande specifiche, la verifica della credibilità di quest’ultimo.

Con il secondo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e del D.Lgs. n. 286 del 1996, art. 5, comma 6, non avendo la Corte d’appello ritenuto sussistente la situazione di grave pericolo in Albania, tale da legittimare il permesso umanitario.

Il primo motivo è inammissibile poichè non allega censure specifiche, ma generiche o comunque prive di rilevanza. Al riguardo, il ricorrente non contrappone alcuna specifica censura di legittimità alla ratio decidendi secondo cui la vicenda personale da lui narrata resta confinata sul piano privato, non potendo affermarsi che in Albania le autorità non siano in grado di offrire protezione in casi siffatti.

Il secondo motivo è fondato su argomentazioni del tutto generiche e prive di collegamento con la fattispecie concreta.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 2100,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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