Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25108 del 16/09/2021

Cassazione civile sez. I, 16/09/2021, (ud. 18/05/2021, dep. 16/09/2021), n.25108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22908/2020 proposto da:

D.N., rappresentato e difeso dall’avvocato Rosaria Tassinari,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1584/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 08/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/05/2021 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1584/2020 depositata l’8-6-2020, la Corte d’appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto da D.N., cittadino del Ghana, avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna che, a seguito di rituale impugnazione del provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva respinto le sue domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il richiedente riferiva di essere fuggito dal suo Paese perché minacciato di morte da suo cognato, commerciante di cacao presso cui lavorava, il quale lo aveva accusato ingiustamente del furto di una somma di danaro. La Corte territoriale, condividendo il giudizio espresso dal Tribunale, ha ritenuto non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente (pag. 3 e 4 sentenza), essendo la sua partenza dal Ghana riconducibile a motivi economici, e che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione del Ghana come valutata in modo condivisibile dal Tribunale e in base alle fonti di informazioni, da cui risultava che il Ghana è un Paese democratico e stabile, caratterizzato da una crescente qualità della vita e da uno sviluppo economico sostenuto. Quanto al diniego della protezione umanitaria, la Corte di merito ha affermato che la situazione oggettiva del paese

di provenienza, correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza come accertata in giudizio, rendeva di per sé non rilevante, nel giudizio di comparazione come da pronuncia n. 4455/2018 di questa Corte, l’integrazione del richiedente in Italia, né essendo rilevante il vissuto in Libia, trattandosi di Paese di transito.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente denuncia: (i) con il primo motivo, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, lamentando la violazione del dovere istruttorio ufficioso, per non avere la Corte d’appello assolto all’onere di cooperazione istruttoria al fine di verificare la verosimiglianza della vicenda personale narrata, nonché lamentando la violazione del principio dell’onere probatorio attenuato e l’errata valutazione dei parametri di credibilità, essendo comprensibili, anche in relazione al basso livello di scolarità del richiedente, le lacune del suo racconto, per essere egli arrivato in Italia dopo un lungo viaggio in luoghi pericolosi e subendo vessazioni; (ii) con il secondo motivo, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per non avere verificato la Corte d’appello la sussistenza nel suo Paese di una situazione di violenza indiscriminata mediante concreta ed attuale indagine, nonché per non avere la Corte di merito richiamato alcuna COI, mentre dal sito (OMISSIS) della Farnesina che richiama, unitamente a pronunce di questa Corte e di merito e al rapporto di Amnesty International, risulta che l’intera aerea sahariana è interessata da fenomeni di matrice terroristica, l’uso della forza da parte della polizia è eccessivo nel contesto di manifestazioni e sgomberi di massa, le condizioni di vita nelle carceri sono rimaste motivo di preoccupazione, sicché in caso di rimpatrio il ricorrente correrebbe il rischio di essere sottoposto a tortura o trattamenti umani o degradanti, e comunque a minaccia grave per la sua vita a causa della situazione di violenza indiscriminata ivi esistente; (iii) con il terzo motivo, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per avere la Corte territoriale negato il riconoscimento della protezione umanitaria, senza considerare la sua situazione di vulnerabilità, da valutarsi, in base ai principi affermati da questa Corte con la pronuncia n. 4455/2018 la cui applicazione, mediante giudizio comparativo, assume omessa, tenendo conto del suo comportamento irreprensibile, dello svolgimento di attività lavorativa, come da contratto, buste paga e cud 2019 e 2020 allegati al ricorso.

2. I motivi primo e secondo, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili perché difettano di specificità, non si confrontano con le ragioni della decisione e sollecitano una rivisitazione del merito.

2.1. Il giudizio di non credibilità è stato espresso, con motivazione adeguata, dalla Corte d’appello, che, in applicazione dei parametri di legge, ha evidenziato le discrepanze e contraddittorietà del racconto del richiedente (cfr. pag. 3 e 4 della sentenza impugnate su plurime incoerenze e contraddittorietà del narrato, nonché sul fatto che il ricorrente non ha chiesto protezione allo Stato), effettuando un accertamento di fatto che, nella specie, non è stato ritualmente sindacato ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto al giudizio di non credibilità, difforme da quella accertata nel giudizio di merito. Una volta esclusa dal Giudice territoriale, con apprezzamento di fatto incensurabile e con motivazione adeguata, la credibilità delle vicende personali narrate, non ricorrono i presupposti per il riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e lett. b), D.Lgs. cit., in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (cfr. Cass. n. 6503/2014; Cass. n. 16275/2018; Cass. n. 16925/2018 e Cass. n. 14283/2019).

2.2. Quanto alla domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 32064/2018 e Cass. n. 30105/2018).

Nel caso di specie non è stato ritualmente censurato ex art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5, l’accertamento di fatto effettuato dalla Corte territoriale, che ha adempiuto all’obbligo di cooperazione istruttoria anche mediante richiamo per relationem alla decisione del giudice di prime cure (cfr. Cass. 2466/2021) e non solo ha escluso l’esistenza di conflitto armato o di violenza generalizzata nel Paese di origine del ricorrente, ma ha anche affermato che il Ghana è un Paese democratico e stabile, caratterizzato da una crescente qualità della vita e da uno sviluppo economico sostenuto. Il ricorrente, infatti, richiama altre fonti, di date non precisate, ma le notizie riportate nel testo del ricorso non riguardano la situazione di violenza indiscriminata (attacchi terroristici, condizioni carcerarie, uso della forza da parte della polizia) e neppure, infine, il ricorrente allega di avere indicato quelle fonti nel giudizio d’appello (Cass. 899/2021).

3. Anche il terzo motivo è inammissibile.

3.1. Con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, occorre premettere che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

3.2. Ciò posto, il ricorrente, denunciando il vizio di violazione di legge, afferma genericamente di essere soggetto vulnerabile e di essere integrato in Italia, senza dedurre di aver allegato nei giudizi di merito elementi individualizzanti di rilevanza o fatti specifici che possano rivestire decisività, nel senso precisato da questa Corte e chiarito con la recente pronuncia delle Sezioni Unite già citata (tra le tante Cass. n. 9304/2019 e Cass. S.U. n. 29459/2019), nonché senza confrontarsi con il decisum. Infatti la Corte d’appello ha affermato che, data la situazione oggettiva del Ghana, l’eventuale fattore dell’integrazione è recessivo, all’esito della valutazione comparativa effettuata in base ai principi affermati con la pronuncia di questa Corte n. 4455/2018, e la doglianza non si confronta con tale argomentazione, risolvendosi in buona sostanza in un’impropria richiesta di riesame del merito. Il ricorrente afferma di svolgere attività di lavoro come da documenti che allega al ricorso per cassazione, senza specificare se li ha allegati nel giudizio in appello e senza descriverne il contenuto. La produzione della documentazione di lavoro allegata al ricorso e’, pertanto, inammissibile ai sensi dell’art. 372 c.p.c., non rientrando in alcuna delle ipotesi previste da detta norma.

4. Nulla deve disporsi circa le spese di lite del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021

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