Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25107 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 10/11/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 10/11/2020), n.25107

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giusep – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25012/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

L.F.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 113/11/12, depositata il 9 ottobre 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 febbraio

2020 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

L’Agenzia delle entrate ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza con cui la CTR della Lombardia, in riforma della decisione di primo grado, aveva escluso l’inammissibilità del ricorso del contribuente per tardività per l’omessa indicazione della notifica dell’atto impugnato e illegittima la cartella emessa con procedura automatizzata con riguardo ad un credito Iva di cui era stata omessa la dichiarazione.

Il contribuente è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 21 per aver la CTR escluso incombesse sul contribuente, a fronte della contestata tardività da parte dell’Ufficio, provare la tempestività del ricorso e la data di notifica dell’atto impugnato.

1.1. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8 per aver la CTR ritenuto illegittima la procedura D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis.

2. Il primo motivo è fondato, restando assorbito il secondo.

2.1. La CTR, per escludere la declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per tardività, eccepita dall’Ufficio, ha affermato che “i motivi di inammissibilità di un ricorso sono quelli espressamente e tassativamente previsti dalle norme, imperando il principio di tassatività delle sanzioni processuali – nulla poena sine lege -. Nessuna norma del D.Lgs. n. 546 del 1992 prevede quale causa di inammissibilità del ricorso la “mancata indicazione della data di notifica dell’atto””.

2.2. Tale affermazione è indubbiamente corretta in diritto (v. Cass. n. 26560 del 17/12/2014, con riguardo all’istanza di rimborso; v. anche Cass. n. 20612 del 12/10/2016 in motivazione), non essendo prevista alcuna conseguenza per la mancata produzione in giudizio dell’atto impugnato e della sua notifica.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 4, del resto, prevede che “Unitamente al ricorso ed ai documenti previsti al comma 1, il ricorrente deposita il proprio fascicolo, con l’originale o la fotocopia dell’atto impugnato, se notificato, ed i documenti che produce, in originale o fotocopia”, ma tale previsione (a differenza di quella di cui al comma 1 della norma), in caso di inosservanza, non è sanzionata, tant’è che la produzione resta comunque ammissibile nei termini e condizioni di cui al successivo art. 32.

La decisione impugnata, tuttavia, non tiene conto dell’obbligo del contribuente – stabilito dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1, a pena di inammissibilità – di presentare il ricorso entro il termine di giorni sessanta dalla notifica dell’atto impugnato, nè che l’eccezione era stata ritualmente introdotta dall’Ufficio e riguardava non il (mancato) deposito dell’atto impugnato con la regolare notifica ma la tardività della proposizione del ricorso stesso, la cui prova (in positivo o negativo) era ricavabile dal provvedimento impugnato con la relativa notifica, in mancanza del quale (nonchè della specifica indicazione della data di ricezione dell’atto) il giudice non può verificare la tempestività del ricorso, che è onere di chi impugna fornire (Cass. n. 23213 del 31/10/2014).

2.3. Al riguardo va richiamato l’orientamento di questa Corte (Cass. n. 20612 del 12/10/2016; Cass. n. 26560 del 17/12/2014; Cass. n. 15444 del 30/06/2010 e molte altre) secondo il quale “le previsioni di inammissibilità, proprio per il loro rigore sanzionatorio, devono essere interpretate in senso restrittivo, limitandone cioè l’operatività ai soli casi nei quali il rigore estremo (extrema ratio) è davvero giustificato; ciò anche tenendo presente l’insegnamento fornito dalla Corte costituzionale, con particolare riguardo al processo tributario, secondo il quale le disposizioni processuali tributarie devono essere lette in armonia con i valori della “tutela delle parti in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità” (sentenze C.Cost. nn. 189 del 2000 e 520 del 2002)”.

Con riguardo alla specifica questione, poi, si è sottolineato che “la chiave di volta dell’intero regime delle inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio tributario va individuato nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 5 (“ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l’esibizione degli originali degli atti e dei documenti di cui ai precedenti commi”), il quale stabilisce una sorta di possibile causa di esclusione della sanzione dell’inammissibilità (da intendersi, come si è detto, quale vera e propria extrema ratio) quando vi sia modo di accertare la sostanziale regolarità dell’atto e l’osservanza delle regole processuali fondamentali” (Cass. n. 26560 del 17/12/2014).

Si tratta, invero, di un obbligo del giudice a fronte delle contestazioni sollevate dalla parte resistente (v. Cass. n. 22770 del 23/10/2006; Cass. n. 11435 del 11/05/2018).

Ed in questa prospettiva la Corte ha, da ultimo, affermato che “ove la parte resistente contesti la tempestività del ricorso, è onere del contribuente allegare l’atto impugnato con la prova della data di avvenuta notifica, dalla quale decorre il termine per la proposizione del ricorso, salvo che si tratti di notifica nulla, ipotesi nella quale l’Amministrazione finanziaria è tenuta a dimostrare il momento nel quale il ricorrente ha avuto effettiva conoscenza del predetto atto” (Cass. n. 10209 del 27/04/2018).

2.4. In conclusione, la CTR ha errato poichè, da un lato, ha ritenuto che l’eccezione di tardività dell’originario ricorso del contribuente si risolvesse nella richiesta di declaratoria di inammissibilità per l’omessa produzione dell’originale dell’atto impugnato, con la relativa notifica, assolvendo questa, invece, solo all’onere probatorio in capo al contribuente a fronte della denunciata intempestività del ricorso, e, dall’altro, non ha disposto, a fronte delle contestazioni, l’esibizione degli originali degli atti stessi ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 5, al fine di verificare la tempestività, o meno, dell’originario ricorso.

3. In accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione che, nel procedere ad un nuovo esame, si atterrà ai principi di cui al punto 2.4.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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