Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25106 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. trib., 07/12/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 07/12/2016), n.25106

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16021-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lq rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COSTANZO SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 125/2010 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 25/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di un motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva annullato l’avviso di accertamento emesso nei confronti della Costanzo s.r.l., relativo all’anno di imposta 2004, con il quale, sulla base degli studi di settore e stante la mancata instaurazione del contraddittorio nonostante l’invio dell’invito per la definizione dell’accertamento con adesione da parte dell’Ufficio, si procedeva alla rettifica da Euro 6.317,00 ad Euro 21.220,00 dei redditi dichiarati ai fini IRES, IVA ed IRAP.

Rilevava il giudice di appello che “pur se il contribuente non ha prodotto elementi di contrasto all’operato impositivo basato sugli studi di settore, l’Ufficio non può ritenersi esonerato dal dimostrare che, unitamente al calcolo matematico applicativo degli indici formativi del suddetto metodo di presunzione semplice, gli stessi risultano corroborati da presunzioni oggettive aventi le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza. Non risultando agli atti alcuna attività in tal senso, necessaria per inficiare quanto dichiarato dalla Società ricorrente, ne deriva che l’avviso di accertamento risulta monco dei dati indispensabili dimostrativi della fondatezza e legittimità dell’operato impositivo”.

L’intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, artt. 62 bis e 62 sexies convertito con modificazioni dalla L. n. 427 del 1993, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies.

Lamenta la ricorrente che la C.T.R., pur riconoscendo che il contribuente non aveva prodotto elementi di contrasto all’operato impositivo basato sugli studi di settore, aveva affermato che l’Ufficio non poteva ritenersi esonerato dal dimostrare che, unitamente al calcolo matematico applicativo degli indici formativi del suddetto metodo di presunzione semplice, gli stessi risultassero corroborati da presunzioni oggettive aventi le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza.

Il ricorso è fondato.

La decisione impugnata si pone in aperto contrasto con l’indirizzo giurisprudenziale inaugurato da Cass. civ., sez. un., 18-12-2009, n. 26635 secondo cui “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente; in tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente”. Nello stesso senso si sono espresse, tra le tante, Cass. n. 6929/2013 e Cass. n 17646/2014. Cass. n. 17646/2014 ha, in particolare, precisato che “ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato ed il contribuente ometta di parteciparvi ovvero si astenga da qualsivoglia attività di allegazione, l’ufficio non è tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri”.

Nella specie, la C.T.R. della Campania, in contrasto con la giurisprudenza richiamata, operando una illegittima inversione dell’onere della prova, ha affermato che “pur se il contribuente non ha prodotto elementi di contrasto all’operato impositivo basato sugli studi di settore, l’Ufficio non può ritenersi esonerato dal dimostrare che, unitamente al calcolo matematico applicativo degli indici formativi del suddetto metodo di presunzione semplice, gli stessi risultano corroborati da presunzioni oggettive aventi le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza”.

Il ricorso va dunque accolto.

Non avendo la contribuente assolto all’onere probatorio sulla stessa gravante, la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

Le spese dei gradi di merito sono compensate tra le parti, in considerazione del periodo in cui è intervenuta la giurisprudenza sopra richiamata.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito e condanna la Costanzo s.r.l. al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 1.500,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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