Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25101 del 10/10/2018

Cassazione civile sez. lav., 10/10/2018, (ud. 11/07/2018, dep. 10/10/2018), n.25101

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18243-2013 proposto da:

COMPUPRINT S.R.L., P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA PIO XI 13, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO CROCE, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI CARAMELLO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

N.L., M.D., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA RICASOLI, 7, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO

MUGGIA, che li rappresenta difende unitamente agli avvocati STEFANO

MUGGIA, SIMONE BISACCA, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1327/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 04/02/2013, R.G.N. 657/2012.

Fatto

RILEVATO

1. che con separati ricorsi poi riuniti M.D. e N.L., premesso di essere stati assunti in data 22.6.2009 dalla Compuprint s.r.l. a seguito di acquisto di azienda e di essere stati ininterrottamente sospesi dal lavoro sino al 24.7.2010, dedotta la illegittimità della collocazione in CIGS, hanno adito il giudice del lavoro chiedendo la condanna della società datrice di lavoro al pagamento delle differenze tra la normale retribuzione di fatto e quanto percepito a titolo di CIGS;

1.1. che la domanda è stata accolta dal giudice di primo grado con statuizione confermata dalla Corte territoriale.

1.2. che, in particolare, la Corte territoriale ha convenuto con il giudice di prime cure sulla violazione degli obblighi di informazione prescritti dalla L. n. 223 del 1991, art. 1, commi 7 e 8, osservando che il preteso criterio enunciato nel verbale di accordo del 10.6.2009 tra l’azienda le OO.SS, il Ministero dello Sviluppo economico e la Regione Piemonte, secondo il quale “l’azienda avrebbe effettuato la rotazione del personale in CIGS compatibilmente con le esigenze tecnico produttive e attraverso un confronto periodico con la RSU”, sia pure integrato con l’Ipotesi di accordo in pari data ed il verbale di esame congiunto del 12.6.2009, si limitava a prevedere un meccanismo di rotazione destinato ad operare esclusivamente tra il personale in CIGS e non fra tutti i dipendenti dell’azienda e nulla chiariva in ordine ai criteri di scelta del detto personale all’interno dell’organico aziendale, di talchè risultava pregiudicata qualunque possibilità di verifica tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere;

1.3. che all’accordo con le organizzazioni sindacali in data 12.6.2009, in sede di esame congiunto, non poteva attribuirsi alcuna efficacia sanante della illegittimità già consumata non essendo dato riconoscere alle organizzazioni sindacali il potere di disporre dei diritti dei singoli lavoratori;

2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Compuprint s.r.l sulla base di due motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso;

2.1. che parte ricorrente ha depositato memoria tardiva.

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. 23 luglio 1991, n. 223 e del D.P.R. 10 giugno 2000 in relazione agli accordi 12.6.2009 nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione. Premesso che con l’Accordo del 12.6.2009 le parti firmatarie avevano dato atto di avere effettuato la prescritta informativa, “circostanza incontroversa ed incontrovertibile”, ha censurato la sentenza impugnata per avere affermato la inadeguatezza del criterio utilizzato nell’individuazione dei lavoratori da assoggettare alla rotazione nell’ambito della avviata cigs. Sostiene che le parti avevano adottato un criterio complesso ed articolato risultando l’Ipotesi di accordo del 12.6.2009 ispirata da un lato a criteri connessi alle esigenze tecnico produttive e dall’altro ad un criterio quantitativo, espressione della scelta concordata tra le parti sulla base del piano industriale; la sentenza impugnata aveva omesso di considerare che entrambi gli accordi si riferivano a tutti i dipendenti posto che la collocazione in cigs concerneva l’intero organico aziendale e non solo una parte dello stesso, per come non controverso e oggetto anche di prova documentale;

2. che con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli Accordi 12.6.2009 in relazione all’art. 2077 c.c., ed all’art. 100 c.p.c., insufficiente e contraddittoria motivazione. Premesso che l’Ipotesi di Accordo 102.6.2009 è precedente l’accordo in pari data e ne costituisce parte integrante per essere stato integralmente richiamato in quest’ultimo documento, sostiene che l’Ipotesi di Accordo, lungi dall’avere effetti sananti, non viene affatto ad eludere situazioni di illegittimità già consumata, ma, eventualmente, le previene definendo il criterio voluto dalle parti deputate. Sotto altro profilo assume il difetto di interesse ad agire dei lavoratori in ipotesi nella quale le pretese discriminazioni non si sono ancora concretate alla luce della condotta datoriale ed osserva che ben potrebbero le parti deputate porre rimedio alla situazione denunziata integrando quanto eventualmente mancante. Osserva, inoltre, che poichè l’assunzione del M. e del N. da essa Compuprint è successiva alla stipulazione degli accordi in questione alcun diritto già entrato a far parte del patrimonio individuale degli stessi sarebbe suscettibile di venire leso dagli accordi richiamati;

3. che entrambi i motivi, esaminati congiuntamente per evidente connessione, sono inammissibili per una pluralità di profili.

3.1. che, in primo luogo, è da evidenziare la carenza di esposizione del fatto processuale in quanto le censure articolate, in violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, non sono sorrette dalla esposizione delle allegazioni in fatto e deduzioni in diritto sviluppate dalle parti negli scritti difensivi del giudizio di merito, in particolare con riguardo ai dedotti profili di illegittimità della procedura di cigs ed al coinvolgimento nella stessa dei lavoratori passati a Compuprint s.r.l. sulla base degli accordi menzionati, come invece prescritto (ex plurimis Cass. 28/5/2018 n. 13312);

3.2. che in questa prospettiva risulta innanzitutto indimostrato il carattere incontroverso della circostanza – che si assume pacifica relativa al fatto che la collocazione in cigs aveva riguardato tutti i dipendenti Compuprint, i quali erano in numero inferiore a quelli previsti dall’Accordo 10.6.2009;

3.3. che, infatti, secondo quanto precisato da questa Corte, ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata “pacifica” tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica (v. tra le altre, Cass. 12/10/2017 n. 24062; Cass. 03/02/2015 n. 1926);

3.4. che, inoltre, nell’evocazione dei documenti alla base delle censure articolate non è soddisfatto il requisito della trascrizione o riassunto destinato ad evidenziarne il relativo contenuto, come prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (Cass. 12/12/2014, n. 26174; Cass. 07/02/2011, n. 2966), rivelandosi a tal fine insufficiente la riproduzione solo di alcuni stralci degli accordi richiamati, compresa la cd. Ipotesi di accordo, inidonei a dare sicura contezza sia del complessivo contenuto degli stessi sia della loro interrelazione nei termini prospettati in ricorso;

3.5. che a prescindere dal dirimente rilievo degli evidenziati profili di inammissibilità, può soggiungersi in merito all’assunto della inconfigurabilità dell’interesse ad agire dei lavoratori in un momento antecedente al verificarsi della condotta datoriale discriminatoria, che la tesi della società si pone in contrasto con la natura di garanzia essenzialmente procedimentale riconosciuta alla disciplina dettata in tema di cigs la cui violazione di per sè sola è sufficiente a radicare l’interesse ad agire del lavoratore (Cass. 19/8/2003, n. 12137; Cass. 18/5/2006, n. 11660);

4. che all’inammissibilità del ricorso consegue il regolamento, secondo soccombenza, delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2018

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