Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25100 del 24/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 24/10/2017, (ud. 05/04/2017, dep.24/10/2017),  n. 25100

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26344-2014 proposto da:

L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55,

presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO, rappresentato e

difeso da se medesimo;

– ricorrente –

contro

MINISTERO AFFARI ESTERI (OMISSIS), in persona del ministro p.t.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

e contro

V.G.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3742/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/04/2017 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO.

Fatto

FATTI DEL PROCESSO

L’avvocato L.G. propone ricorso con cinque motivi avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, depositata il 56-2014, che ha confermato il rigetto della domanda di risarcimento danni da diffamazione proposta dal L. nei confronti del Ministero degli affari Esteri e di V.G.M.. Resiste con controricorso il Ministero degli affari Esteri. Entrambe le parti presentano successiva memoria. Non presenta difese V.G.M..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.L’avvocato L.G., avvocato italiano iscritto presso l’albo degli avvocati svizzeri del comune di Zurigo, ha proposto domanda di risarcimento del danno per l’importo di Euro 2.000.000,00 asserendo che V.G.M., all’epoca dei fatti Console Generale d’Italia in Zurigo, aveva tenuto una serie di condotte diffamatorie nei suoi confronti, abusando delle proprie prerogative. Il Tribunale, dichiarata inammissibile la prova articolata perchè non idonea a provare i fatti dedotti, vertendo su circostanza de relato,ha rigettato la domanda.

La Corte di appello di Roma, ritenuta valida la procura alle liti rilasciata da V.G.M. al proprio difensore, ha rigettato la domanda di risarcimento danni da diffamazione proposta dal L., sul rilievo della mancanza di prova in ordine ai fatti costitutivi della domanda.

La Corte ha ritenuto che la mancata reiterazione nell’udienza di conclusioni del giudizio di primo grado della richiesta di prova dichiarata inammissibile,ne determinava la rinuncia e la impossibilità di reiterazione della stessa in sede di appello.

2.Con il primo motivo di ricorso si denunzia nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione dell’art. 24 Cost., art. 101 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 5, art. 190 c.p.c. e art. 352 c.p.c., comma 1.

Sostiene il ricorrente che la sentenza è nulla perchè reca in calce una data di deliberazione in camera di consiglio anteriore alla udienza di precisazione delle conclusioni.

3. Il motivo è infondato.

Questa Corte ha già affermato, con statuizione a cui questo Collegio intende dare seguito,che la data di deliberazione della sentenza non è, a differenza di quella di sua pubblicazione (che ne segna il momento di acquisto della rilevanza giuridica), un elemento essenziale dell’atto processuale, sicchè la relativa mancanza e/o la sua erronea indicazione non comportano alcuna nullità deducibile con l’impugnazione, costituendo, invece, fattispecie di mero errore materiale emendabile ex artt. 287 e 288 cod. proc. civ., ed altrettanto dicasi per l’ipotesi di diversità tra la prima di tali date, riportata in calce alla sentenza, e quella dell’udienza collegiale all’uopo fissata, tanto non essendo, di per sè solo, sufficiente a far ritenere, qualora quest’ultima sia successiva, che detto provvedimento sia stato deliberato prima di tale udienza, cioè a far ritenere superata la presunzione di rituale decisione della causa da parte del collegio. Cass. Sentenza n. 8942 del 12/04/201 Cass. Sentenza n. 6239 del 13/03/2009.

4.Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione degli artt. 112-189-346 e 356 c.p.c.ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene il ricorrente che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto la sua rinuncia alle istanza istruttorie, senza considerare che dal comportamento processuale si evinceva la volontà di non rinunciare alle istanze istruttorie.

Infatti fin dalla citazione era stata avanzata richiesta di prova per testi articolata successivamente con la memoria del 18-9-2008; all’udienza di conclusioni erano state richiamate le conclusioni dell’atto di citazione e nella memoria conclusionale di primo grado, del 10-3-10, veniva ribadita la richiesta di ammissione della prova come articolata nella memoria del 10-3-2010.

5.Con il terzo motivo si denunzia violazione dell’art. 183 c.p.a., comma 7, art. 258 e ss. c.p.a., art. 191 e ss. c.p.c. e art. 24 Cost..

Sostiene il ricorrente che la Corte di merito erroneamente non ha valutato nuovamente l’ammissibilità delle prove richieste in primo grado, che erano invece rilevanti ai fini della decisione.

6.1 due motivi si esaminano congiuntamente per la connessione logico giuridica che li lega e sono infondati.

Risulta dagli atti,e dalla stessa narrazione dello sviluppo processuale contenuta nel ricorso, che con l’atto di citazione è stata avanzata genericamente la richiesta di prova testimoniale, successivamente articolata con la formulazione dei capitoli e l’indicazione dei testi nella memoria del 18-9-2008.

Il giudice di primo grado ha ritenuto inammissibile con ordinanza la prova articolata dal ricorrente perchè vertente su circostanze generiche ed irrilevanti,inammissibilità confermata in sentenza,sul rilievo che le prove vertevano su circostanze de relato.

All’udienza di conclusioni il ricorrente si è riportato alle conclusioni di cui all’atto di citazione, senza censurare la dichiarazione di inammissibilità della prova e senza insistere nuovamente sulla ammissione della stessa.

7.La Corte di appello ha ritenuto rinunciate le istanze istruttorie applicando la giurisprudenza di questa Corte che ha affermato che le istanze istruttorie non accolte in primo grado e reiterate con l’atto di appello, ove non siano state riproposte in sede di precisazione delle conclusioni, sia in primo grado che nel giudizio di gravame, devono reputarsi rinunciate, a prescindere da ogni indagine sulla volontà della parte interessata, così da esonerare il giudice del gravame dalla valutazione sulla relativa ammissione o dalla motivazione in ordine alla loro mancata ammissione. Cass. sent. n. 16886 de/10/08/2016, n.16290/16;n.10748/12;n.9410/11

8.Il ricorrente non ha censurato la dichiarazione di inammissibilità della prova nell’udienza di conclusioni,unica sede processuale del giudizio di primo grado deputata a svolgere tale incombente,non essendo sufficiente il richiamo alle conclusioni dell’atto di citazione, che conteneva una generica richiesta di istanze istruttorie, nè la richiesta contenuta nella memoria conclusionale, che è atto processuale la cui funzione è di argomentare in ordine a conclusioni regolarmente assunte.

Neanche con l’atto di appello il ricorrente ha censurato la sentenza di primo grado nel punto in cui ha ritenuto irrilevanti le prove articolate in quanto riferite a circostanze de relato, nè ha indicato altri elementi oggettivi e concordanti idonei a suffragare la credibilità dei testi de relato, limitandosi a riproporre genericamente le stesse prove così come articolate nella memoria.

Di conseguenza la Corte di appello non aveva nessun obbligo di rivalutare l’ammissibilità della prova a fronte di una censura incompleta sul requisito che ne aveva determinato l’inammissibilità.

9.Con il quarto motivo si censura violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 91 e 91 c.p.c.; del D.M. 8 aprile 2004 e del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, artt. 2 e ss.. Errata liquidazione delle spese. 10.II motivo è inammissibile.

La censura relativa al rigetto della impugnazione in ordine alle spese del giudizio di primo grado è inammissibile, in quanto il ricorrente lamenta il mancato accoglimento delle censure proposte avverso la liquidazione delle spese di primo grado, senza riportare in ricorso il contenuto dell’atto si appello sul punto e non consentendo a questa corte di poter valutare la fondatezza delle censure.

In ordine alla liquidazione delle spese del giudizio si secondo grado, il ricorrente lamenta che la liquidazione delle spese non ha tenuto conto dell’attività processuale effettivamente svolta dalle parti, della circostanza che il rigetto dell’impugnazione è stato determinato da vicende processuali e non da ragioni di merito e che la liquidazione delle spese è sproporzionata rispetto all’attività processuale svolta dai difensori ed al valore effettivo della controversia.

11. Anche tale profilo della censura è inammissibile in quanto non sono indicati gli atti processuali erroneamente considerati dal giudice di appello ai fini della liquidazione; il rigetto in rito dell’impugnazione non influisce sul regime delle spese;il valore della controversia in ipotesi di rigetto è pari a quanto richiesto.

12.Con il quinto motivo sì denunzia violazione ex art. 369 c.p.c., n. 3 dell’art. 83 c.p.c. e del D.P.R. n. 200 del 1967, art. 19 nullità della procura alle liti rilasciata dal dott. V. nel giudizio di primo grado.

13.Il motivo è infondato.

Come ritenuto dalla Corte di appello il difensore di V.G.M. si è costituito in giudizio in base a valida procura rilasciata ai sensi del D.P.R. n. 220 del 1967.

Ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 12 la procura alle liti utilizzata in un giudizio che si svolge in Italia, anche se rilasciata all’estero, è disciplinata dalla legge processuale italiana, la quale, laddove consente l’utilizzazione di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata, rinvia al diritto sostanziale; in tali ipotesi la validità del mandato deve essere riscontrata, quanto alla forma, alla stregua della “lex loci”, essendo in ogni caso indispensabile che dal tenore della procura siano desumibili gli elementi tipici dell’autenticazione e, cioè, accertamento della identità del sottoscrittore e apposizione della firma in presenza del pubblico ufficiale.Cass. Sentenza n. 22559 del 04/11/2015.

Nel caso di specie la procura è stata rilasciata dal V. con scrittura privata autenticata dall’autorità consolare italiana di Zurigo, con sottoscrizione apposta alla presenza del funzionario. Conclusivamente il ricorso va rigettato e le spese del giudizio seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 10.200,00,oltre Euro 200,00 per esborsi,accessori e spese generali come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2017

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