Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2510 del 27/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 27/01/2022, (ud. 14/01/2022, dep. 27/01/2022), n.2510

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32700-2019 proposto da:

P.G., P.F., PI.GI.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIOSUE’ BORSI N 4, presso lo

studio dell’avvocato CHRISTIAN ARTALE, rappresentati e difesi

dall’avvocato ROSARIO TRIOLO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

e contro

G.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 686/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 27/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/01/2022 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

P.G., Pi.Gi. e P.F., rispettivamente coniuge e figli di Gu.Ca., deceduta in data 28/7/1989, convenivano in giudizio G.C., sorella della defunta, al fine di procedere allo scioglimento della comunione ereditaria derivante dalla successione dei genitori delle sorelle G., G.G. e Gi.Fr..

La prima successione in particolare concerneva una casa in (OMISSIS), in pessime condizioni, nonché due terreni in (OMISSIS), meglio indicati in citazione.

Con atto di donazione del 23 aprile 1991, la Gi. aveva donato alla convenuta la nuda proprietà dei diritti vantati sulla successione del marito nonché un immobile in (OMISSIS) e due fondi rustici, meglio descritti in citazione.

Gli attori chiedevano il riconoscimento della loro qualità di eredi, e l’accertamento che la donazione indicata era lesiva dei diritti di legittimaria della congiunta, chiedendo che la stessa fosse portata in collazione o in ogni caso ridotta.

All’esito dell’istruttoria il Tribunale di Marsala, con la sentenza n. 194 del 20/2/2013, pronunciava lo scioglimento della comunione ereditaria, attribuendo i beni ai condividenti come meglio specificato in dispositivo, con la condanna della convenuta al versamento di un conguaglio in favore degli attori.

Avverso tale sentenza proponeva appello G.C. e la Corte d’Appello di Palermo, con la sentenza n. 686 del 27/3/2019, disattesi i primi due motivi di appello, accoglieva il terzo che censurava la valutazione dei beni come operata dal giudice di primo grado.

In particolare, la Corte d’Appello evidenziava che il bene immobile di via XX Settembre era stato donato per la quota di un terzo, quanto al primo piano, e per l’intero quanto ai cinque vani tra piano terra e primo piano, in pessime condizioni, in quanto danneggiato dagli eventi sismici del gennaio del 1968, ed erano stati poi ricostruiti con il contributo statale ai sensi della L. n. 178 del 1976 e L. n. 120 del 1987, venendo quindi a costituire un’unica costruzione.

L’ultimazione dei lavori sarebbe quindi intervenuta solo in data 18 marzo 1997, e quindi a distanza di appena un anno dall’apertura della successione, il tutto a spese e cura della convenuta.

L’incremento di valore del bene doveva, quindi, reputarsi essere non inferiore ai costi sostenuti per la ricostruzione, dovendo presumersi che a tal fine fossero stati impiegati i contributi statali erogati a tal fine, e che essendo tali miglioramenti pari al 76% del valore complessivo, poiché le opere erano riconducibili all’attività ed al patrimonio dell’appellante, il valore dell’immobile doveva essere ridotto in percentuale, nulla potendosi altresì riconoscere a titolo di frutti non goduti, posto che in assenza di tali migliorie il bene non avrebbe potuto esser messo a reddito.

Analoghe considerazioni andavano poi svolte anche per l’immobile di via Modica, egualmente oggetto di donazione, e parimenti danneggiato dal sisma, e del pari oggetto di interventi di ricostruzione da parte della convenuta, con i contributi erogati dallo Stato.

La proprietà del bene doveva essere attribuita all’appellante, che però doveva corrisponderne il controvalore pro quota agli appellati, ma secondo la stima al netto dei miglioramenti, ed anche in questo caso senza obbligo di rimborso dei frutti.

Quindi, la sentenza, dopo avere escluso l’obbligo di procedere alla collazione in natura, e ritenuta l’idoneità della donazione a ledere i diritti di legittimaria della dante causa degli attori, assegnava gli immobili ed i terreni come meglio precisato in motivazione, integrando le quote in natura con un conguaglio a carico dell’appellante.

Per la cassazione di tale sentenza P.G., Pi.Gi. e P.F. hanno proposto ricorso, articolato su tre motivi.

G.C. non ha svolto difese in questa fase.

Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c. quanto all’affermazione dei giudici di appello secondo cui dovesse presumersi che i lavori di ricostruzione degli immobili donati fossero stati sostenuti dalla convenuta, e per un importo corrispondente a quello dei contributi statali per la ricostruzione post sisma.

Per effetto di tale presunzione è stato quindi indebitamente ridotto il valore degli immobili da considerare ai fini successori, e ciò in assenza di una prova dell’effettiva esecuzione dei lavori a cura e spese della G..

Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 747 e 748 c.c..

Infatti, ancorché ai fini della collazione debba considerarsi il valore del bene donato, determinato alla data di apertura della successione, ma al netto delle migliorie apportate dal donatario in epoca successiva alla donazione, nella specie il bene è stato valutato ai fini successori come se fosse un rudere, trascurando che il bene era stato donato alla convenuta con tutti i diritti, azioni e ragioni di competenza.

La L. n. 241 del 1968 e le successive L. n. 178 del 1976 e L. n. 120 del 1978 hanno previsto a carico dello Stato l’erogazione di contributi per la ricostruzione degli immobili danneggiati dal terremoto che colpì il Belice nel 1968, immobili tra i quali rientrano anche quelli oggetto di causa.

Trattasi di erogazioni che sono ricomprese nel diritto di proprietà oggetto di donazione e che quindi vanno considerate ai fini del calcolo del valore della liberalità per la disciplina dei rapporti successori.

Inoltre, la Corte d’Appello avrebbe errato nel reputare, in assenza di prova, che le spese di ricostruzione siano state sostenute dalla G., dovendo quindi farsi applicazione del principio secondo cui, ove il bene donato subisca un incremento di valore per fatti indipendenti dall’operato del donatario, di tale incremento deve tenersi conto ai fini della collazione.

I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono fondati.

Ritiene il Collegio che debba darsi continuità al principio in base al quale i contributi erogati dallo Stato al fine di favorire la ricostruzione di immobili dopo eventi disastrosi siano strettamente inerenti al diritto di proprietà e che quindi debbano ritenersi inclusi, nel caso di alienazione della proprietà, nel valore del bene alienato.

Già in passato, questa Corte ha affermato che (Cass. n. 6087/1984) della L. n. 1431 del 1962, art. 10, nel disporre che “e’ vietata la cessione del diritto al contributo separatamente alla cessione dell’immobile”, ha la finalità di concedere un contributo per la ricostruzione degli immobili sinistrati dal terremoto e non già un indennizzo ai proprietari di essi per il danno sofferto, con la conseguenza che tale contributo è strettamente connesso e dipendente dalla effettiva ricostruzione dell’immobile, e che pertanto è affetta da nullità la clausola che, nella convenzione di alienazione dell’immobile sinistrato, conserva tuttavia al proprietario alienante il diritto al contributo statale.

Depone per l’estensione di tale soluzione anche ai contributi erogati per la ricostruzione dopo il sisma del 1968 del Belice la previsione di cui al D.L. n. 79 del 1968, art. 3, convertito nella L. n. 241 del 1968, che espressamente disciplina le ipotesi di successione nel diritto di proprietà, prevedendo le modalità di calcolo del contributo in relazione alle condizioni patrimoniali dell’acquirente, confermando quindi che il diritto al contributo circola unitamente al diritto di proprietà.

Infine, questa Corte ha affermato che (Cass. n. 8739/2014) l’assegnazione del lotto e del contributo di ricostruzione post-sismica del D.L. 27 febbraio 1968, n. 79, ex art. 4, conv. in L. 18 marzo 1968, n. 241, si pone in rapporto di continuità con la proprietà del fabbricato da ricostruire, sicché l’immobile ricostruito entra nell’asse ereditario del titolare di detta proprietà ed è oggetto di comunione tra i coeredi, anche se la pratica amministrativa di ricostruzione è stata curata da uno solo di essi e solo a lui formalmente intestata.

Avuto altresì riguardo alla circostanza che alcuni dei beni oggetto della donazione erano di proprietà della donante solo pro quota, essendo per la residua quota di proprietà anche della dante causa dei ricorrenti, e ritenuto quindi che per la parte ancora in comunione indivisa il contributo di ricostruzione competa in proporzione anche ai ricorrenti, poiché la donazione è avvenuta in epoca successiva alla data di verificazione del sisma del 1968, alla luce della disciplina dettata dalle varie leggi intervenute in materia, deve reputarsi che il trasferimento della proprietà dei beni donati abbia riguardato anche il diritto a percepire i contributi statali, con la conseguenza che risulta erronea l’affermazione secondo cui non si debba tenere conto ai fini del computo del valore della donazione, nonché ai fini della collazione e della riduzione, dei lavori di miglioria successivamente eseguiti sul bene originariamente avente la consistenza di un rudere, in quanto, anche a voler ammettere che gli stessi siano stati curati dalla G., è stato altresì precisato dai giudici di appello che il loro importo corrisponde proprio a quello dei contributi erogati dallo Stato.

Trattandosi quindi dell’impiego di un diritto di credito da intendersi correlato alla proprietà del bene donato, e quindi incluso nella donazione, atteso il peculiare meccanismo di ambulatorietà dettato dal legislatore, è erronea l’affermazione secondo cui le migliorie apportate debbano essere imputate in esclusiva alla donataria, senza poter essere valutate ai fini della stima del bene alla data di apertura della successione.

I motivi devono quindi essere accolti e la sentenza impugnata deve essere cassata, affermandosi il seguente principio di diritto: il contributo di ricostruzione post-sismica del D.L. 27 febbraio 1968, n. 79, ex art. 3, conv. in L. 18 marzo 1968, n. 241, e successive modifiche, si pone in rapporto di correlazione con la proprietà del fabbricato da ricostruire, sicché gli interventi di ricostruzione ove eseguiti da parte del donatario, avvalendosi dei contributi statali erogati a tal fine, vanno considerati come ricompresi nel valore della res donata, ai fini della stima del bene donato ai fini della collazione, nonché ai fini dell’azione di riduzione (atteso il rinvio alle norme dettate in tema di collazione dall’art. 556 c.c.).

L’accoglimento dei primi due motivi di ricorso implica poi l’evidente fondatezza del terzo motivo con il quale si deduce la violazione dell’art. 745 c.c. nella parte in cui è stato escluso il diritto dei ricorrenti a ricevere i frutti non percepiti in ragione del godimento esclusivo dei beni da parte della convenuta, e ciò alla luce della considerazione secondo cui ai fini successori dovesse considerarsi il bene donato come un rudere, senza tenere conto dei miglioramenti, sebbene apportati con i contributi della ricostruzione post sisma.

Ed, infatti, ove si abbia riguardo al principio di diritto sopra espresso, che impone di considerare i contributi inclusi nell’oggetto della donazione, resta priva di fondamento il ragionamento della Corte d’Appello, e si impone quindi la necessità, ove la ricostruzione sia stata eseguita in epoca anteriore all’apertura della successione ed effettivamente con i contributi statali, di riconoscere ai coeredi non donatari i frutti a far data dall’apertura della successione avuto riguardo alla reddittività dell’immobile ricostruito (occorrendo altresì considerare che una parte dei beni ricostruiti era già pro quota appartenente ai ricorrenti, in quanto non ricompresa nel novero dei beni donati).

Al giudice del rinvio che si individua nella Corte d’Appello di Palermo in diversa composizione, è devoluta anche la liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2022

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