Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2510 del 03/02/2010

Cassazione civile sez. I, 03/02/2010, (ud. 06/10/2009, dep. 03/02/2010), n.2510

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4544/2007 proposto da:

E.S. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA Alfonso Luigi,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

01/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/10/2009 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LIBERTINO ALBERTO RUSSO che chiede che la Corte di Cassazione, in

Camera di consiglio, accolga per quanto di ragione il ricorso per

manifesta fondatezza.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 2005, E.S. adiva la Corte di appello di Roma chiedendo che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrispondergli l’equa riparazione, prevista dalla L. n. 89 del 2001, per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e della libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con decreto del 24.10.2005-1.02.2006, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava il Ministero della Giustizia al pagamento in favore dell’istante della somma di Euro 1.500,00, quale indennizzo del danno non patrimoniale, oltre al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 700,00 (di cui Euro 500,00 per onorario ed Euro 200,00 per diritti) e distratte in favore del difensore avv.to Alfonso Luigi Marra antistatario.

La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:

– che l’ E. aveva chiesto l’indennizzo in relazione al processo, in tema di interessi e rivalutazione su indennità di disoccupazione e poi di mobilità erogategli in ritardo dall’INPS, da lui introdotto dinanzi al giudice del lavoro di Napoli, con ricorso del 22.11.1995 deciso in primo grado con sentenza parzialmente favorevole del 3.02.1997, in grado d’appello, iniziato il 10.12,1997, con sentenza favorevole del 20.12.2002, ed ulteriormente protrattosi in sede giudiziaria dal 29.03.2004, data di notifica del precetto, al 15.09.2004, data di esecuzione del pagamento;

– che il processo in questione, di modesta complessità, era stato tempestivamente definito sia in primo grado che nella fase di esecuzione della sentenza d’appello, mentre, invece, l’impugnazione, protrattasi per 5 anni, aveva subito un ritardo irragionevole stimabile in anni 3;

– che in riferimento soltanto al periodo d’irragionevole ritardo l’indennizzo del danno morale poteva essere equitativamente liquidato in misura pari ad Euro 1.500,00, tenuto conto della modestia della pretesa economica azionata (Euro 791,44) e della funzione indicativa dei parametri indennitari desumibili dalla giurisprudenza di Strasburgo.

Avverso questo decreto l’ E. ha proposto ricorso per cassazione notificato il 26.01.2007. Il Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva. La causa è stata fissata per l’esame in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c.. Il Pubblico Ministero ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno dell’impugnazione l’ E. deduce:

1. “La Corte ha errato nel liquidare Euro 1.500,00 in relazione ad una errata determinazione del termine ragionevole (Violazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 6, par. 1 CEDU. Contrasto con giurisprudenza Corte E.D.U. e Cassazione)”, non considerando che in relazione al processo del lavoro o previdenziale il legislatore ha voluto termini più brevi, per cui devono essere ridotti i termini di 2 anni per il primo, 1 anno e 1/2 per il secondo ed 1 anno per il terzo, stabiliti in giurisprudenza per la durata del normale processo civile e conseguentemente l’indennizzo deve essere rapportato alla maggiore durata del ritardo e liquidato in misura non inferiore ad Euro 1.500,00 ad anno di protrazione del processo ed incrementato con bonus di Euro 2.000,00 2. “Violazione e falsa applicazione di legge art. 6 par. 1 Conv.

Europea diritti Uomo. Violazione L. n. 89 del 2001, rapporto tra normativa nazionale e sopranazionale”.

Sostiene che nella determinazione e liquidazione dell’indennizzo per il danno morale il giudice nazionale deve attenersi agli standards ed ai precedenti giurisprudenziali europei.

3. “Il modesto valore della controversia escluderebbe la sussistenza di uno stimabile patema d’animo e danno morale (Violazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 6 par. 1 CEDU. contrasto con giurisprudenza Corte E.D.U. e Cassazione).” Sostiene che la modestia del valore economico controverso può solo comportare una riduzione dell’indennizzo ma non escluderlo, data anche la posizione debole della parte ricorrente.

4. “Diritto all’equo indennizzo nella misura di Euro 1.500,00 per ogni anno di durata. Erronea e falsa applicazione di legge art. 360 c.p.c., n. 3, e violazione art. 6 par. 1 Conv. Europea diritti uomo.

Contrasti con la normativa e giurisprudenza europea. Motivazione incongrua e contrastante con gli indirizzi giurisprudenziali comunitari art. 360 c.p.c., n. 5, artt. 132 e 112 c.p.c.”.

5. “La somma liquidata è modesta e viola i criteri legali e giurisprudenziali di Strasburgo direttamente applicabili dal Giudice italiano. Erronea e falsa applicazione di legge L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 1 e art. 6, paragrafo 1 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo – art. 360 c.p.c., n. 3”.

6. “Liquidazione delle spese processuali – applicabilità delle tariffe professionali per i procedimenti ordinar innanzi alla Corte di appello – Violazione e falsa applicazione di legge art. 360 c.p.c., n. 3, artt. 91 e 92 c.p.c. – Normativa in materia di tariffe professionali art. 6 CEDU, art. 1 prot. add. CEDU. Motivazione incongrua e/o mancante art. 360 c.p.c., n. 5, artt. 132 e 112 c.p.c.”.

7. “Violazione e falsa applicazione di legge. Giurisprudenza CEDU- Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato art. 112 c.p.c. – Omessa motivazione su un punto decisivo della controversia art. 360 c.p.c., n. 5 – Mancato riconoscimento del “bonus” di Euro 2.000,00 ratione materiae espressamente richiesto da parte ricorrente e pacificamente ammesso dalla CEDU e disatteso dal giudice primae curae.” Riassuntivamente ed in sintesi l’ E. chiede l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, riferiti sia ai criteri di commisurazione della durata del processo e segnatamente di quello involgente diritti del lavoratore o di soggetto che ha diritto a prestazioni di assistenza, sia ai criteri di individuazione e liquidazione del danno morale, che assume essergli dovuto nella misura di Euro 125,00 per ciascuno dei mesi di protrazione del grado d’appello, con integrazione del bonus di Euro 2.000,00, e sia all’insufficienza delle liquidate spese.

Il ricorso è fondato limitatamente alle censure inerenti all’entità dell’indennizzo liquidato per il danno non patrimoniale subito dal ricorrente.

Nel caso in disamina, infatti:

a) la Corte di merito:

– ha motivatamente fissato in 2 anni la durata ragionevole del grado d’appello – cui si è riferito il ricorrente -, in aderenza anche allo standard CEDU di normale durata di un processo civile, e di contro il ricorrente avversa questa conclusione prospettando una durata inferiore sulla base di profili astratti e non pertinenti al decisum (in tema, cfr. Cass. 200521390; 200501094);

– ha legittimamente non correlato l’indennizzo alla durata dell’intero processo, posto che la legge nazionale L. n. 89 del 2001, (art. 2 comma 3, lett. a), con una chiara scelta di tecnica liquidatoria non incoerente con le finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di riferire il ristoro al solo periodo di durata eccedente il ragionevole (cfr. tra le altre, Cass. 200508568;

200723844);

b) si palesa inammissibile la doglianza con cui si sollecita l’attribuzione dell’indennizzo supplementare di Euro 2.000,00, che non risulta chiesto anche nella fase di merito e che, comunque, presuppone casi di particolare gravità del danno in relazione alla posta in gioco, nel caso di specie non evincibile (200917684).

Manifestamente fondata è, come detto, la doglianza concernente l’inadeguatezza dell’indennizzo liquidato per il sofferto danno non patrimoniale, correttamente rapportato al solo periodo di ritardo irragionevole, pari a 3 anni; al relativo accoglimento consegue anche l’assorbimento delle censure inerenti alla liquidazione delle spese processuali. Secondo la giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, “a condizione che le decisioni pertinenti” siano “coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato”, e purchè detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito. Pertanto, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, idonea a garantire che la diversità di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata (cfr Cass. 299916086).

Nella specie, dunque, la determinazione del ristoro del danno non patrimoniale nella ridotta somma di circa Euro 500,00 per ciascun anno di ritardo irragionevole, per quanto ampiamente argomentata, non si pone in relazione ragionevole con quella – tra Euro 1.000.00 e Euro 1.500,00 – accordata in sede sovranazionale negli affari consimili.

Accolta, dunque, la censura in questione ben può procedersi sulle esposte premesse, alla cassazione in parte qua dell’impugnato decreto ed alla decisione nel merito del ricorso, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., nessun accertamento di fatti essendo residuato alla cognizione di questa Corte.

Quindi, considerato il periodo d’irragionevole durata del giudizio presupposto pari ad anni 3, recepite le ragioni del discostamento peggiorativo dallo standard minimo CEDU ed individuato nella somma di Euro 750,00 ad anno il parametro per indennizzare la parte del subito danno non patrimoniale, devesi riconoscere all’istante l’indennizzo complessivo di Euro 2.250,00, oltre agli interessi legali con decorrenza dalla domanda (Cass. 200608712).

Quanto alla regolamentazione delle spese, a carico della medesima Amministrazione della Giustizia soccombente va posto il pagamento sia delle spese del giudizio di merito, liquidate come in dispositivo, adottando la tariffa per processo svoltosi innanzi alla Corte di appello, e sia delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate anch’esse come in dispositivo, spese tutte da distrarsi in favore dell’ Avv.to A.L. Marra antistatario.

P.Q.M.

La Corte accoglie nei limiti di cui in motivazione il ricorso, cassa in parte qua il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore dell’ E. della somma di Euro 2.250,00, oltre agli interessi legali dalla domanda nonchè al pagamento delle spese di giudizio, da distrarsi in favore dell’Avv.to A.L. Marra antistatario, liquidate per il giudizio di merito in complessivi Euro 860,00 (di cui Euro 310,00 per diritti ed Euro 50,00 per esborsi), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, e per il giudizio di legittimità in complessivi Euro 600,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2010

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