Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 251 del 09/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 251 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al N.R.G. 16868/2012 proposto da:
AZIENDA SANITARIA LOCALE DI LECCO, in persona del legale rappresentante protempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dagli
Avv.ti Marco Luigi di Tolle e Luigi Manzi ed elettivamente domiciliato presso lo studio del
secondo, in Roma, via F. Confalonieri, n. 5; – ricorrente —
contro
CONDOMINIO “EX CARIPLO” di OGGIONO (C.F.: 92018870136), in persona
dell’amministratore pro-tempore, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in
calce al controricorso, dagli Avv.ti Giovanni Liguori, Vincenzo Vassallo e Lidia Ciabattini
ed elettivamente domiciliato presso lo studio del terzo, in Roma, piazzale Clodio, n. 32;
– controricorrente –

e
ALLIANZ R.A.S. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore;
– intimata –

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Data pubblicazione: 09/01/2014

per la cassazione della sentenza n. 1508 del 2011 della Corte di appello di Milano,
depositata il 24 maggio 2011 (e non notificata).
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 novembre

2013 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

nell’interesse del controricorrente;
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sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Lucio Capasso, che nulla ha osservato in ordine alla relazione ex art. 380 bis c.p. c. in atti.
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 25 marzo 2013, la

seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: « Il Condominio ex
Cariplo di Oggiono, con atto di citazione del 23 marzo 2000, conveniva in giudizio, davanti
al Tribunale di Lecco, l’Azienda Sanitaria Locale di Lecco e la IM.E.00 S.p.a. per ottenere,
nei confronti della prima, sentenza di condanna all’arretramento della costruzione
realizzata dalla ASL a confine con il preesistente terrazzo condominiale a distanza
inferiore rispetto a quanto previsto dall’art. 907 c.c. e, nei confronti della seconda
convenuta, sentenza di condanna al risarcimento dei danni che l’edificio condominiale
aveva subito a causa delle opere edili effettuate dalla IM.E.00., su commissione della
ASL nell’area contigua al condominio.
Si costituivano le due convenute; inoltre, la IM.E.00 chiamava in causa la Fondamenta
s.r.I., cui aveva subappaltato la realizzazione della paratia protettiva in aderenza al
condominio. Quest’ultima si costituiva, chiamando in causa, a sua volta, la RAS
Assicurazioni S.p.a. con la quale aveva concluso contratto di assicurazione per la
responsabilità civile.
Si costituiva anche l’ulteriore chiamata in causa, eccependo la prescrizione del diritto.
Il Tribunale di Lecco, con sentenza n. 786/2005, accoglieva la domanda attorea,
ordinando alla predetta ASL di retrocedere la propria costruzione.
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letta la memoria difensiva, depositata ai sensi dell’art. 380, comma 2, c.p.c.,

L’ASL di Lecco appellava la suddetta sentenza ed in sede di gravame si costituivano il
menzionato Condominio e la RAS assicurazioni.
La Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 1336/2011, depositata il 24 maggio 2011 e
non notificata, rigettava l’appello proposto, condannando l’appellante alla rifusione delle
spese del secondo grado di giudizio.

impugnava la suddetta sentenza, sulla base di un unico motivo.
Il suddetto Condominio si costituiva con controricorso.
Ritiene il relatore, che avuto riguardo all’ad. 380 bis c.p.c. in relazione all’ad. 375, n. 5,
c.p.c. e all’ad. 360 bis n. 1) c.p.c., sussistono le condizioni per pervenire al rigetto del
ricorso per sua manifesta infondatezza e, quindi, per la sua conseguente definizione nelle
forme del procedimento camerale.
Con l’unico motivo formulato la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione
degli artt. 907, 905 c.c. e 345 c.p.c., in relazione all’ad. 360 n. 3 c.p.c., nonché l’omessa,
illogica ed incoerente motivazione ai sensi dell’ad. 360 n. 5 c.p.c..
Nello specifico, l’ASL di Lecco ha ritenuto che sia il Giudice di primo grado, che la Corte
d’Appello, non avevano rettamente percepito il concetto di veduta come definito dall’ad.
900 c.c. .
Tale doglianza appare, all’evidenza, destituita di pregio.
In primo luogo, la prima ragione di doglianza dedotta in appello con la quale la ASL aveva
sostenuto che il Condominio non avrebbe provato di avere usucapito, prima dell’inizio dei
lavori, una veduta sul fondo altrui costituita da un terrazzo con idoneo parapetto, si
configurava come un’eccezione nuova, improponibile ai sensi dell’ad. 345 c.p.c., come
puntualmente sottolineato dalla Corte territoriale che, al riguardo, ha correttamente
affermato: “è tardivo, perché mai proposto nel giudizio di primo grado, in cui parte
convenuta ASL di Lecco aveva fondato la sua difesa sull’argomento che l’acquisto del
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L’ASL di Lecco, con ricorso notificato il 5 luglio 2012 e depositato il 18 luglio 2012,

diritto di avere vedute dirette verso il fondo contiguo, quale presupposto per l’applicabilità
dell’art. 907 c.c., si verifica allorché le vedute vengano realizzate a distanza non inferiore a
metri 1,50 dal fondo stesso; con la conseguenza che, avveratasi tale situazione, il vicino è
tenuto a rispettare, nella costruzione da lui successivamente eseguita sul suo terreno, la
distanza minima di 3 metri dalla preesistente apertura dalla quale viene esercitata la

della fattispecie di cui all’art. 907 c.c., non perché nella veduta in questione mancasse la
“prospectio”, ma per la diversa ragione che la stessa non rispettasse la distanza del fondo
contiguo di 1,5 metri stabilita dall’art. 905 c.c.”.

Peraltro, non corrisponde al vero quanto sostenuto dalla ricorrente con riferimento alla
circostanza la questione relativa alla “prospectio” era stata introdotta in primo grado e fu
ignorata a partire dalla comparsa di risposta.
Infatti, per come accertato in fatto dalla Corte milanese, nella comparsa di risposta la ASL
non aveva negato l’esistenza della veduta, ma aveva eccepito, piuttosto, che l’applicabilità
dell’art. 907 c.c. presupponeva il rispetto dell’art. 905 c.c. (ripetendo questo argomento
anche nella comparsa conclusionale), chiedendo, in sede di precisazione delle
conclusioni, l’ammissione di una c.t.u., volta esclusivamente ad accertare “che il terrazzo
condominiale in esame era stato realizzato in violazione dell’art. 905 c.c.”.
Dunque, avendo rilevato la novità della deduzione difensiva, la Corte distrettuale ha
legittimamente applicato l’art. 345 c.p.c., e, per l’effetto, era tenuta ad esaminare le
questioni dedotte dalla attuale ricorrente con riferimento agli artt. 905 e 907 c.c.. (Cfr. sul
punto, Cass. n. 7198 del 1997; Cass. n. 377 del 1995; Cass. 13253 del 2004; Cass. n.
15683 del 2004; Cass. n. 4583 del 2008 e, da ultimo, Cass. n. 2641 del 2013).
In secondo luogo, per quanto attiene al vizio motivazionale, si deve ricordare quanto
pacificamente sostenuto dalla giurisprudenza costante di questa Corte, secondo la quale
“il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360,
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veduta diretta. Aveva, in altre parole, parte convenuta in primo grado negato la ricorrenza

n. 5, cod. proc. civ., sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta
dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della
controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in
senso difforme da quello preteso dalla parte, perché la citata norma non conferisce alla
Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello

valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del
proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la
concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i
fatti in discussione”. (Cfr. Cass. n. 6288 del 2011; Cass. 27126 del 2009; Cass. n. 15355

del 2004; Cass. n. 1892 del 2002; Cass., Sez U., n. 5802 del 1998).
Orbene, sia il Tribunale di Lecco, che la Corte milanese, nell’esercizio dei poteri loro
attribuiti, si sono conformati a tale principio di diritto, dando conto delle fonti del loro
convincimento in relazione agli accertamenti di fatto adeguatamente operati.
Pertanto, non è dato ravvisare, nel caso di specie, alcun vizio motivazionale; piuttosto, la
ricorrente ha cercato di sottoporre a un nuovo vaglio le risultanze di causa, ossia a
pretendere una rilettura delle stesse risultanze, risolvendosi la formulata censura nella
risollecitazione di una diversa analisi del merito della causa, inammissibile in sede di
legittimità, per quanto appena esposto.
Dunque, anche sotto tale aspetto, il motivo proposto appare del tutto privo di fondamento.
In definitiva, quindi, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere
nelle forme camerali di cui all’art. 380-bis c.p.c., ravvisandosi la manifesta infondatezza del
ricorso, in relazione all’ipotesi contemplata nell’art. 375 n. 5 c.p.c., valorizzandosi, inoltre, il
disposto di cui all’art. 360 bis c.p.c.>>.
Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti

nella relazione di cui sopra, avverso la quale, peraltro, non risulta depositata, nel’interesse
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di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la

della ricorrente, alcuna memoria difensiva ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. (mentre quella
depositata per il controricorrente risulta adesiva alla relazione stessa);
ritenuto

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con la

conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in
favore del Condominio controricorrente, nei sensi di cui in dispositivo (sulla scorta dei nuovi

applicabile nel caso di specie in virtù dell’art. 41 dello stesso D.M.: cfr. Cass., SU., n.
17405 del 2012), mentre non occorre adottare alcuna statuizione in proposito nei riguardi
dell’altra intimata, che non ha svolto attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del contro
ricorrente Condominio, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro
3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi, oltre accessori
nella misura e sulle voci come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI Sezione civile della Corte Suprema
di Cassazione, in data 12 novembre 2013.

parametri previsti per il giudizio di legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140,

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