Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25096 del 24/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 24/10/2017, (ud. 14/02/2017, dep.24/10/2017),  n. 25096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13385-2015 proposto da:

M.D., T.M.C., M.A., M.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, P.LE CLODIO 14, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI MARIA LO BIANCO, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIOVANNI ROSSI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MA.EN. & C SNC, in persona del suo legale rappresentante

p.t., Sig. MA.AT., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA TACITO N.23, presso lo studio dell’avvocato FERNANDO CIAVARDINI,

che la rappresenta e difende giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7126/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/02/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO ROSARIO GIOVANNI che ha concluso per l’inammissibilità o

manifesta infondatezza del ricorso, condanna aggravata alle spese e

statuizione sul contributo unificato;

udito l’Avvocato GIOVANNI ROSSI;

udito l’Avvocato FERNANDO CIAVARDINI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. del 19/11/2014 la Corte d’Appello di Roma, in accoglimento del gravame interposto dalla società Ma.En. & C. s.n.c. e in conseguente totale riforma della pronunzia Trib. Latina n. 190/2010, ha rigettato la domanda nei confronti della medesima originariamente proposta dal sig. M.A. di declaratoria di efficacia della compravendita dell’autovettura Porsche tg. (OMISSIS) e di risarcimento dei danni conseguentemente subiti.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i sigg. M.G. ed altri, quali eredi del deceduto sig. M.A., propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la società Ma.En. & C. s.n.c., che ha presentato anche memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunziano “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 3 motivo denunziano violazione dell’art. 132 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il 4 motivo denunziano “omesso esame” di “elementi istruttori” circa un “fatto storico” decisivo per il giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che i ricorrenti fanno riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (in particolare, all’acquisto “in data 17/12/1996 dalla Ma.En. & C. snc” di “un’autovettura usata Porsche modello 911 targata (OMISSIS)”, alla “cessione del contratto di leasing (in origine stipulato tra il precedente proprietario/locatore dell’auto Porsche ( m.m., quale legale rapp. Pt della Zen di m.m. & C. sas, e Ifim Leasing International spa)”, alla “notificata sentenza (nr. 402/2005 del Tribunale di Latina) e relativo atto di precetto per Euro 40.800,10″, alla domanda proposta nei confronti della ” Ma.En. & Co. snc, per sentire dichiarare efficace tra esse parti la compravendita dell’autovettura Porsche del 17/12/1996″, alla comparsa di costituzione e risposta della Ma.En. & Co. snc, alla “dichiarazione di vendita dell’autovettura con firma autenticata il 27/01/1998”, alla “procura a vendere della Jaguar… rilasciata in data 23/01/1997”, alla “sentenza nr. 190/10” del Tribunale di Latina, sez. distaccata di Terracina, all’atto di appello di controparte, alla loro comparsa di costituzione e risposta in grado d’appello, alla “prova testimoniale”, al “verbale udienza dell’11/05/2009… allegato 12 di cui alla produzione del presente ricorso”, agli “atti e verbali di causa”, alle “risultanze del formale interrogatorio del Sig. MA.AT.”) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente (per la parte strettamente d’interesse in questa sede) riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deducono le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Deve altresì osservarsi che il vizio di motivazione risulta inammissibilmente dedotto al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), giacchè alla stregua della vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel caso ratione temporis applicabile, il vizio di motivazione denunciabile con ricorso per cassazione si sostanzia solamente nell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche la contraddittorietà della motivazione o l’omesso esame di determinati elementi probatori, essendo sufficiente che come nella specie il fatto sia stato esaminato, senza che sia necessario dare conto di tutte le risultanze probatorie emerse all’esito dell’istruttoria come astrattamente rilevanti (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, da ultimo, Cass., 29/9/2016, n. 19312), giacchè il vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio.

Senza sottacersi, con particolare riferimento al 1 motivo, che la doglianza degli odierni ricorrenti in ordine alla mancata declaratoria di inammissibilità – per asserita “novità” – dell’eccezione di giudicato sollevata da controparte in grado d’appello appare priva d’interesse, giacchè la statuizione del giudice del gravame di relativo rigetto non è stata dall’eccipiente invero idoneamente censurata (cfr. Cass., 9/12/1974, n. 4121; Cass., 25/5/1973, n. 1534).

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni dei ricorrenti, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle loro aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via in realtà sollecitano, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.900,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2017

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