Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25096 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 08/10/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 08/10/2019), n.25096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30041-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

D.F.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 421/2017 della COMM. TRIB. REG. dell’Abruzzo,

depositata il 16/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/04/2019 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI.

Fatto

RILEVATO

che:

– D.F.C. adiva la C.T.P. di Pescara per impugnare l’avviso di pagamento per accisa su gasolio per autotrazione e l’atto di irrogazione delle sanzioni con cui l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli contestava la violazione delle disposizioni del D.P.R. n. 277 del 2000, art. 3, che disciplina il procedimento e i requisiti per conseguire il beneficio fiscale consistente nella riduzione degli oneri gravanti sugli esercenti le attività di autotrasporto merci (prevista dalla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 8, comma 10, lett. e)) sul consumo di gasolio per autotrazione;

– con la sentenza n. 421/03/2017 del 16/5/2017, la C.T.R. dell’Abruzzo, investita dell’appello dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, confermava la decisione del giudice di primo grado, favorevole al D.F.;

– avverso tale decisione l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli propone ricorso per cassazione affidato a un unico motivo;

– non svolge attività difensiva D.F.C..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli deduce la violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) del D.P.R. 9 giugno 2000, n. 277, art. 3, per avere la C.T.R. affermato che, in base alla ratio della disposizione normativa, il diritto “esistente” all’agevolazione non può essere “attenuato dall’obbligo di provare l’acquisto di carburante con bolle, scontrini, documentazione differita e altri allegati… elementi di natura formale”, così disapplicando la predetta disposizione, la quale impone la presentazione di una dichiarazione del contribuente contenente l’indicazione di tutte le informazioni necessarie al riconoscimento del beneficio fiscale.

2. Il motivo è fondato.

Non è controverso (e risulta anche dalla sentenza impugnata) che il D.F. “non ha fornito, in sede di verifica nè dopo, le fatture idonee ad attestare il consumo dei litri dichiarati e le fatture mancano dei dati richiesti dalla normativa vigente, quali le date dei singoli rifornimenti, la targa identificativa degli automezzi”, elementi necessariamente contenuti nella dichiarazione presentata ai sensi del D.P.R. n. 277 del 2000, art. 3.

Tuttavia, la C.T.R., nell’esaminare la documentazione prodotta in giudizio dal D.F. ad integrazione delle mancanze rilevate dall’Agenzia, ha ritenuto che la stessa fosse sufficiente a fondare il riconoscimento dell’agevolazione fiscale.

Il D.P.R. 9 giugno 2000, n. 277, art. 3, subordina il riconoscimento dell’agevolazione fiscale alla presentazione “entro il 30 giugno successivo alla scadenza di ciascun anno solare, (di) apposita dichiarazione”, alla quale devono essere allegate le fatture in originale “contenenti anche gli estremi della targa dell’autoveicolo rifornito” (comma 3); “alla dichiarazione è (altresì) allegata copia dei certificati di immatricolazione degli autoveicoli aventi titolo al beneficio, nonchè un prospetto, costituente parte integrante della dichiarazione stessa, riportante i seguenti ulteriori dati per singolo autoveicolo: il numero di targa…” (comma 6).

Contrariamente a quanto sostenuto dal giudice d’appello, la presentazione di una dichiarazione incompleta – mancante, cioè, dei documenti e dei dati prescritti “per ottenere il beneficio di cui all’art. 1, comma 1” (così il D.P.R. n. 277 del 2000, art. 3, comma 1) – impedisce il riconoscimento dell’agevolazione fiscale, non potendosi ritenere sussistente il diritto alla stessa prescindendo dall’adempimento degli oneri (che non hanno una natura soltanto formale, ma sono finalizzati alla dimostrazione della pretesa del contribuente) volti al suo conseguimento.

3. La sentenza, dunque, deve essere cassata.

Non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., rigettando l’originario ricorso del D.F..

4. Ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 2, occorre provvedere sulle spese di tutti i gradi del giudizio.

D.F.C. va condannato alla rifusione delle spese sostenute dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per il giudizio di cassazione, le quali sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo secondo i vigenti parametri.

Ritiene il Collegio di compensare le spese dei gradi di merito in ragione della mancanza di specifici precedenti di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e, pronunziando nel merito a norma dell’art. 384 c.p.c., respinge il ricorso introduttivo di D.F.C.;

condanna D.F.C. a rifondere all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.000,00, oltre a spese prenotate a debito;

compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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