Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25095 del 07/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 25095 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 17842-2011 proposto da:
RISTORATE MORO DI OLLINO ROBERTO & C. SNC
00903690055, in persona del legale rappresentante, OLLINO
ROBERTO LLNRRT58M11A479A, BRIGNOLO PATRIZIA
BRGPRZ63R50A479T, questi ultimi in qualità di soci della predetta
società, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. P. DA
PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato CONTALDI
GIANLUCA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MIRATE ALDO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

Data pubblicazione: 07/11/2013

avverso la sentenza n. 15/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di TORINO, depositata il 10/05/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.

Ric. 2011 n. 17842 sez. MT – ud. 09-10-2013
-2-

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
La CTR di Torino ha respinto l’appello dell’Agenzia e della parte contribuente
(“Ristorante Moro snc” e suoi soci Brignolo Patrizia e 011ino Roberto) -appelli
proposti contro la sentenza n.28/02/2008 della CTP di Asti che ha parzialmente
accolto il ricorso della parte contribuente ed ha così annullato l’avviso di
accertamento relativo ad IRPEF per l’anno 2003, rideterminando il complessivo
importo del reddito accertato per il predetto anno nella somma di € 78.000 a fronte
dell’ammontare di € 96.011,00 indicata dall’Ufficio.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso di ritenere che gli orari di
servizio dei dipendenti della società non rendono ragionevole il consumo dei pasti
fuori dal ristorante, con conseguente legittimità del recupero effettuato dall’Ufficio
per autoconsumo; ed inoltre nel senso di ritenere che le bottiglie di vino venissero
utilizzate ciascuna per ogni 2,6 coperti, così risultando complessivi 12.000 coperti ed
un maggior ammontare di ricavi pari ad € 10.000,00 a fronte dei coperti non registrati
(n.339).
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia non si è difesa.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Con il primo ed il secondo motivo di ricorso (l’uno improntato alla violazione
dell’art.36 del D.Lgs. n.546/1992; l’altro improntato alla violazione dell’art.39 del
DPR n.600 del 1973 e dell’art.54 del DPR n.633/1972 ed entrambi recanti anche
l’appendice di una doglianza per vizio di motivazione) la parte ricorrente si duole

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letti gli atti depositati

vuoi dell’omessa esposizione da parte del giudice di appello della sintetica
esposizione dei fatti di causa; vuoi dell’omessa esposizione del procedimento logico
seguito (in specie: con riferimento all’autoconsumo, per non avere individuato alcuna
differenza tra lavoratore e lavoratore, “pur a fronte di un diverso orario di lavoro di
cui si è dato ampiamente atto”; con riferimento al numero dei coperti ritenuti non

consentito ma a condizione che da un lato trovino fondamento in fatti conferenti e
dall’altro siano connotate da gravità, precisione e concordanza”, mentre nella specie
il numero di bottiglie acquistate non poteva avere significato assoluto, senza
considerare le rimanenze di magazzino, le bottiglie con difetti, gli omaggi ai clienti e
le bottiglie stappate in esubero); vuoi per non avere il giudice di appello “preso in
considerazione quanto affermato dagli odierni ricorrenti nel ricorso in appello,
fondando il proprio convincimento non certamente sui dati contabili o sui documenti
in atti”.
Il motivo in esame appare per un verso inammissibilmente formulato: in relazione ad
entrambi i profili di omessa o inidonea motivazione la parte ricorrente non ha -in
maniera idoneamente autosufficiente- dettagliato il presupposto di fatto dell’asserita
inidoneità di motivazione, vuoi per l’aspetto relativo ai differenti orari di servizio dei
dipendenti; vuoi per l’aspetto relativo alle giacenze di magazzino, alle bottiglie con
difetti etcetera. In tal modo ha impedito alla Corte di esercitare quel controllo
prognostico circa la fattispecie concreta (in termini, Sez. L, Sentenza n. 9777 del
19/07/2001) che è necessario al fine di escludere che il motivo di ricorso sia
manifestamente infondato sotto il profilo dell’insussistenza in atti della prova degli
assunti su cui il motivo si regge.
Quanto poi all’omessa esposizione dei fatti di causa, la parte ricorrente non esplicita
né quali sarebbero i fatti di causa tralasciati né quale rilevanza l’omissione dei
medesimi avrebbe ai fini di rendere conoscibile alla Corte gli elementi essenziali
della fattispecie controversa.

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registrati, perché “il ricorso a presunzioni per accertare un maggior ricavo è sì

Del pari per ciò che concerne il difetto di motivazione con riferimento “a quanto
affermato dai ricorrenti nel ricorso di appello”, in relazione al quale aspetto non può
che essere ribadito il giudizio di violazione del canone di autosufficienza.
Si propone pertanto la decisione in camera di consiglio per inammissibilità de
ricorso.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa
non si è costituita.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma il 9 ottobre 2013

DEPOSITATO N CANCELLERIA

Roma, 27 dicembre 2012

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