Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25093 del 24/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 24/10/2017, (ud. 03/02/2017, dep.24/10/2017),  n. 25093

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

M.L., considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ALBERTO CUTAIA giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ALLIANZ SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 247/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 11/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/02/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza dell’11/4/2014 la Corte d’Appello di Palermo, in parziale accoglimento del gravame interposto dal sig. M.L., e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Agrigento n. 1049/09, ha rideterminato in aumento l’ammontare liquidato dal giudice di primo grado in suo favore e solidalmente a carico del signor V.V. e della compagnia assicuratrice per la r.c.a. società Allianz s.p.a. a titolo di risarcimento dei danni subiti in conseguenza di sinistro stradale avvenuto il 28/9/2015 lungo la SS (OMISSIS) tra lo scooter Aprilia Scarabeo da lui condotto e il furgone Ducato tg. (OMISSIS) condotto dal V., ascritto alla loro concorrente responsabilità nella misura, rispettivamente, del 10% e del 90%.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il M. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia “violazione, falsa applicazione ed erronea interpretazione” dell’art. 141 C.d.S., art. 2054 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunzia “violazione, falsa applicazione ed erronea interpretazione” dell’art. 1226 c.c., del D.P.R. n. 37 del 2009, del D.P.R.n. 181 del 2009, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “grave illogicità e/o contraddittorietà” della motivazione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 3 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 137 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “grave illogicità e/o contraddittorietà” della motivazione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 4 motivo si duole della disposta compensazione delle spese del giudizio di gravame.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (in particolare, alle circostanze di fatto del sinistro, al “ricorso depositato innanzi al Tribunale di Agrigento”, all'”interrogatorio formale del convenuto sig. V.V.”, alla prova testimoniale, alla CTU, alla “relazione integrativa”, alle “note autorizzate”, alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente (per la parte strettamente d’interesse in questa sede) riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Deve altresì osservarsi che i vizi di motivazione risultano inammissibilmente dedotti al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), giacchè alla stregua della vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel caso ratione temporis applicabile, il vizio di motivazione denunciabile con ricorso per cassazione si sostanzia solamente nell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche – giusta quanto viceversa adombrato dall’odierno ricorrente – l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione o l’omesso esame di determinati elementi probatori (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, da ultimo, Cass., 29/9/2016, n. 19312).

Senza sottacersi, con particolare riferimento al 4 motivo, che non risultano invero nemmeno indicati il tipo di violazione denunziata e le norme asseritamente violate, nè sono sviluppati argomenti in diritto con i contenuti richiesti dal combinato disposto dell’art. 360,1 co. n. 3, e art. 366,1 co. n. 4, c.p.c., essendosi la ricorrente limitata a muovere apodittica e non ben comprensibile doglianza, sicchè quanto dedotto si risolve nella proposizione in realtà di un “non motivo” (cfr. Cass., 8/7/2016, n. 1274; Cass., 8/7/2014, n. 15475; Cass., 1/10/2012, n. 17318; Cass., 17/1/2012, n. 537).

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni del ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi all’attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2017

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