Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25091 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 08/10/2019, (ud. 09/04/2019, dep. 08/10/2019), n.25091

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22093 del ruolo generale dell’anno 2015

proposto da:

Centro di Assistenza Doganale – CAD La Spezia s.r.l., in

liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso,

dagli Avv.ti Filippo Bruno e Anselmo Carlevaro, elettivamente

domiciliata in Roma, via Gian Giacomo Porro, n. 8, presso lo studio

di quest’ultimo difensore;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle dogane, in persona del direttore generale pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Liguria n. 839/4/2014, depositata in data 22 luglio

2014;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 aprile 2019

dal Consigliere Dott. Triscari Giancarlo;

Fatto

RILEVATO

che:

la società Centro Assistenza Doganale – CAD – Alto Tirreno s.r.l. ricorre con sei motivi per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, in epigrafe, che ha rigettato gli appelli da essa proposti avverso diverse sentenze della Commissione tributaria provinciale di La Spezia;

dalla esposizione in fatto contenuta.. nel ricorso si evince che: l’Agenzia delle dogane aveva emesso nei confronti della contribuente, nella qualità di spedizioniere, ed in solido con la società Ugo Pelletterie Import Export di L.X., diversi avvisi di rettifica dell’accertamento di trenta dichiarazioni di importazioni di tessuti, richiedendo il pagamento di maggiori dazi doganali; avverso i suddetti atti impositivi la società contribuente aveva proposto separati ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di La Spezia, che li aveva rigettati; avverso le pronunce del giudice di primo grado la società contribuente aveva proposto separati appelli, nel contraddittorio con l’Agenzia delle dogane;

la Commissione tributaria regionale della Liguria, previa riunione, ha rigettato gli appelli; in particolare, ha ritenuto che: l’amministrazione doganale aveva motivato sulle ragioni per le quali aveva contestato il valore di transazione della merce dichiarato al momento dell’importazione, sussistendo fondati dubbi, ai sensi dell’art. 181-bis D.A.C., avendo determinato per numerosi prodotti i valori medi di importazione delle materie prime utilizzate per la loro fabbricazione ed i valori medi e minimi di importazione degli stessi prodotti finiti, ed aveva quindi correttamente avviato la relativa procedura; era inammissibile la domanda relativa alla mancanza di responsabilità solidale della società, nella qualità di spedizioniere, in quanto proposta per la prima volta in appello; avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso la società contribuente, cui ha resistito l’Agenzia delle dogane con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per falsa interpretazione degli artt. 30 e 31 CDC, e dell’art. 112 c.p.c., per aver ritenuto implicitamente coincidenti il metodo di preliminare verifica dell’attendibilità dei prezzi dichiarati all’importazione, secondo l’art. 181-bis DAC, ed i metodi di successiva rideterminazione del valore doganale, ritenuto non vero, di cui agli artt. 30 e 31 CDC;

con il secondo motivo si censura la sentenza per omessa e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, per non avere accertato se il sistema M.E.R.C.E. era compatibile con i metodi di determinazione del prezzo di transazione stabilito dalle previsioni normative comunitarie di riferimento;

in particolare, con il suddetto motivo parte ricorrente lamenta che il giudice del gravame non ha provveduto a verificare se l’applicazione del sistema M.E.R.C.E. al fine della determinazione del valore effettivo del prezzo di transazione, in quanto fondata sulla media statistica di prezzi relativi a merci aventi in comune la sola voce doganale, possa legittimamente essere ricondotta nell’ambito del criterio normativo, invocato dall’amministrazione doganale a fondamento della pretesa, di cui all’art. 30, paragrafo secondo, lett. b), CDC, che invece fa riferimento a merci similari;

i motivi sono inammissibili;

in primo luogo, va evidenziato che la violazione dell’art. 112, c.p.c., configura un errore di natura processuale, sicchè lo stesso è deducibile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), e non come violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3);

in secondo luogo, va comunque osservato che la verifica della violazione degli artt. 30 e 31 CDC, relativi alla non corretta applicazione dei criteri di determinazione del valore di transazione, postula che sia stata prospettata al giudice del gravame la questione e che lo stesso abbia pronunciato in modo non conforme alle previsioni di legge in esame;

in realtà, sul punto, parte ricorrente precisa, nell’ambito del primo motivo di ricorso, di non avere prospettato ragioni di doglianza in ordine al fatto che la procedura di cui all’art. 181 bis, DAC, era stata attivata dall’amministrazione doganale, ma di avere, invece, lamentato che la stessa non avrebbe potuto applicare il metodo di confronto tra prezzi dichiarati e prezzi medi ai fini della determinazione dell’effettivo valore di transazione, e, con il secondo motivo, che il sistema M.E.R.C.E., in quanto fondato sulla media statistica di prezzi relativi a merci aventi in comune la sola voce doganale, può essere legittimamente ricondotto nell’ambito del criterio normativo, invocato dall’amministrazione doganale a fondamento della pretesa, di cui all’art. 30, paragrafo secondo, lett. b), CDC;

tuttavia, pur evidenziando tali ragioni di censura, i motivi in esame difettano di specificità, non indicando in alcun modo in quale atto processuale la questione era stata prospettata nei termini sopra riportati nè riportando gli specifici passaggi che consentano, a questa Corte, di apprezzare le ragioni della doglianza, tenuto conto, peraltro, che nessun riferimento è dato evincere dalla pronuncia censurata;

con il terzo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione dell’art. 181 bis, DAC, e dell’art. 112, c.p.c., per non avere motivato sulla ragione di doglianza relativa alla ritenuta inattendibilità della documentazione dalla stessa fornita in sede di contraddittorio preventivo;

con il quarto motivo si censura la sentenza per insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per non avere motivato sulla attendibilità della documentazione prodotta in sede di contraddittorio preventivo;

i motivi sono inammissibili;

parte ricorrente, nel prospettare le ragioni di censura in esame, non specifica, in violazione del principio di autosufficienza, con quale atto e in quale fase processuale aveva sollevato la questione, limitandosi solamente a segnalare che i giudici di primo grado avevano omesso di valutare il difetto di motivazione dell’atto impugnato per non avere tenuto conto delle ragioni espresse dalla contribuente in sede di contraddittorio preventivo, orientando, in fine, la ragione di censura alla pronuncia di primo grado, piuttosto che a quella in esame;

peraltro, nel prospettare le ragioni di doglianza di cui al quarto motivo, non specifica in alcun modo il contenuto dei documenti cui la stessa fa riferimento;

con il quinto motivo si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 in relazione alla responsabilità oggettiva di cui agli artt. 201 CDC e 64 CDC, per avere ritenuto che la questione relativa alla carenza di legittimazione passiva della ricorrente era da considerarsi nuova, in quanto la stessa era stata prospettata in sede di motivi aggiunti in primo grado;

con il sesto motivo si censura la sentenza per omessa valutazione di un punto essenziale della controversia e per violazione e falsa applicazione dell’art. 220 CDC, per non avere pronunciato sulla sussistenza delle condizioni previste dalla suddetta previsione normativa al fine di escludere la contabilizzazione a posteriori; i motivi sono inammissibili;

gli stessi, invero, sono stati proposti in violazione del principio di specificità, limitandosi genericamente a segnalare (con riferimento al quinto motivo) di avere prospettato la questione in sede di motivi aggiunti in primo grado, senza, tuttavia, riprodurre il contenuto della domanda in esame, al fine di consentire di valutarne esattamente il contenuto, e senza tenere conto del fatto che il giudice del gravame ha ritenuto che la questione non poteva essere prospettata in quanto nuova, nonchè (con riferimento al sesto motivo) di avere rilevato la mancata verifica delle condizioni esimenti di cui all’art. 220 CDC;

in conclusione, i motivi sono inammissibili, con conseguente rigetto del ricorso e condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente;

si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13 comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese di lite che si liquidano in complessive Euro 7.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 8 ottobre 2019

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