Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25088 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. trib., 07/12/2016, (ud. 09/12/2015, dep. 07/12/2016), n.25088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12328/2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.E., I.R., domiciliati in ROMA PIAZZA

CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato LUIGI DE LISIO con studio in

EBOLI VIA MADONNA DEL SOCCORSO 12 (avviso postale ex art. 135),

giusta delega a margine;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA ESATRI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 25/2009 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 17/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/12/2015 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito per il ricorrente l’Avvocato FIORENTINO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine, rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria della regione Lombardia con sentenza 17.3.2009 n. 25 ha rigettato l’appello dell’Ufficio di Milano della Agenzia delle Entrate e confermato la decisione di prime cure che aveva annullato la cartella di pagamento notificata in data 29.5.2006 a I.R. e R.E., n.q. di eredi puri e semplici ex art. 485 c.c., di I.G. socio accomandatario di PRODEA s.a.s., nei cui confronti era stato emesso avviso di accertamento della maggiore IVA ed IRAP, dovuta per l’anno 1998, divenuto definitivo per mancata opposizione nel termine di decadenza.

La CTR riteneva infondata la eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, comma 3 e rilevava che i contribuenti non avevano assunto la qualità di eredi in quanto gli stessi vantavano l’acquisto della proprietà per usucapione dell’immobile in loro possesso all’apertura della successione, non ostandovi la circostanza che il “de cuius” avesse mantenuto fino al 1991 presso detto immobile la residenza anagrafica, e non avendo offerto l’Ufficio altre prove dalle quali desumere l’accettazione tacita della eredità.

La sentenza di appello, non notificata, è stata impugnata per cassazione dalla Agenzia delle entrate, con atti ritualmente notificati ai contribuenti e ad Equitalia Esatri s.p.a., deducendo con due motivi vizi di nullità processuale ed errori nell’attività di giudizio.

Resistono con controricorso i contribuenti.

Non ha svolto difese Equitalia Esatri s.p.a..

Le parti contribuenti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo censura la sentenza di appello per violazione degli artt. 81 e 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non avendo rilevato il Giudice di merito il difetto di interesse degli “eredi” a proporre opposizione avverso una cartella loro notificata con la quale si intimava il pagamento di debiti tributari relativi ad un soggetto terzo (la società di persone) diverso dal de cuius.

Il motivo prospetta una eccezione pregiudiziale mai proposta nei precedenti gradi di giudizio, ed implica necessariamente la verifica del titolo della pretesa fatta valere con l’avviso di accertamento, tenuto conto che, se appare certo (cfr. sentenza CTR) che il debito tributario portato dall’avviso concerneva l’IVA e l’IRAP dovuta dalla società di persone per l’anno 1998, è altresì pacifico che la cartella di pagamento relativa a tale debito è stata notificata agli attuali resistenti in qualità di eredi del socio accomandatario I.G., sicchè – salva la ipotesi, non allegata dalla Agenzia ricorrente, di un clamoroso errore commesso dall’Ufficio finanziario nella individuazione dei debitori indicati nella iscrizione a ruolo o del Concessionario nella identificazione dei debitori indicati nel ruolo ai quali è stata notificata la cartella – non può escludersi che del debito gravante sulla società fosse stato chiamato a rispondere in solido ex art. 2313 c.c., comma 1, c.c. anche il socio accomandatario, e cioè il de cuius, nelle obbligazioni del quale sono succeduti – secondo la tesi sostenuta dall’Ufficio per l’intero giudzio di merito – gli attuali resistenti nella qualità di eredi: le stesse allegazioni della ricorrente appaiono sul punto estremamente equivoche laddove riferisce che la cartella era stata notificata agli eredi di I.G. “legale rappresentante nonchè socio, della PRODEA s.a.s.”, e che l’avviso di accertamento era relativo a debiti tributari della società “di cui I.G. era legale rappresentante e socio” (cfr. ricorso pag. 1 e 2, 5.)

L’accertamento in questione implica, da un lato, la compiuta trascrizione del contenuto dell’avviso di accertamento (che l’Agenzia riferisce essere stato notificato il 25.11.2004: ricorso pag. 1), in difetto configurandosi la violazione del requisito di autosufficienza del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6; dall’altro che la questione fosse stata proposta ed oggetto di esame nei precedenti gradi di giudizio, rimanendo preclusa la proposizione per la prima volta in sede di legittimità dalla formazione del giudicato implicito interno, avendo entrambi i Giudici pronunciato escludendo l’acquisto da parte dei resistenti della qualità di eredi di I.G. e quindi sul presupposto di fatto – non contestato dall’Ufficio finanziario – che la pretesa fiscale concernesse debito ricompreso nel patrimonio del de cuius.

In ogni caso, pacifico che la cartella di pagamento individuava i destinatari quali eredi del socio accomandatario, la eccezione pregiudiziale si palesa, peraltro, manifestamente infondata, laddove l’interesse a proporre opposizione alla cartella nasce appunto dalla esigenza di ottenere in giudizio l’accertamento negativo della titolarità del rapporto tributaria in capo ai debitori intimati, non essendo gli stessi – secondo l’assunto dei resistenti – succeduti al socio accomandatario e dunque non trovando applicazione nella specie il D.P.R. n. 600 del 1973 , art. 65, comma 1.

Il motivo va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Il secondo motivo censura la sentenza di appello per violazione dell’art. 2322 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 1 (richiamando non perspicuamente gli artt. 81 e 100 c.p.c.), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La Agenzia fiscale ricorrente sostiene che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto trasmissibile “jure successionis” la posizione di socio (accomandatario) rivestita dal de cuius nella società di persone, in quanto l’art. 2322 c.c., prevede la trasmissibilità soltanto della quota di partecipazione del socio “accomandante”, sicchè nel caso di morte del socio accomandatario, agli eredi spetta soltanto la liquidazione della quota senza che possano acquistare ipso jure anche la qualità di soci (occorrendo una espressa manifestazione di consenso: art. 2284 c.c.).

Premesso che il vizio di “error juris” ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sembrerebbe essere fatto valere dalla parte ricorrente per reiterare la precedente censura del vizio di nullità processuale, ed avrebbe dovuto allora essere dedotto con riferimento al diverso parametro del sindacato di legittimità di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e considerata altresì la inidoneità del “quesito di diritto” formulato in calce ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., in quanto in esso si assume come dato un presupposto di fatto -controverso – che rimane del tutto indimostrato (l’avviso di accertamento era rivolto soltanto alla società e non anche al socio accomandatario), la censura non supera i rilievi formulati nell’esame del precedente motivo, e comunque appare infondata laddove prospetta la violazione della norma dell’art. 2322 c.c., atteso che nel caso di specie non si fa questione dell’assunzione della qualità di soci (di PRODEA s.a.s.) dei resistenti ma della qualità di eredi degli stessi e del conseguente acquisto della posizione debitoria del dante causa, quale socio accomandatario, nei confronti del Fisco.

La domanda di risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c., per responsabilità aggravata, formulata dai resistenti nel controricorso non può trovare accoglimento in difetto di assolvimento dell’onere di allegazione degli elementi di fatto necessari alla liquidazione, pur equitativa, del danno lamentato (cfr. Corte cass. Sez. U, Ordinanza n. 7583 del 20/04/2004; id. Sez. U, Ordinanza n. 1140 del 19/01/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 21798 del 27/10/2015).

In conclusione il ricorso deve essere rigettato e l’Agenzia fiscale condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo da distrarsi a favore del difensore avv. De Lisio, dichiaratosi antistatario nella memoria ex art. 378 c.p.c..

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso e la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c., formulata dai resistenti; condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 18.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi oltre gli accessori di legge, somme da distrarsi a favore dell’avv. De Lisio dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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