Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25082 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 08/10/2019, (ud. 09/04/2019, dep. 08/10/2019), n.25082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13991/2012 R.G. proposto da

I.G.T. International Games Trade s.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv.

Emanuele Coglitore, con domicilio eletto presso il suo studio, sito

in Roma, via Confalonieri, 5;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna, n. 163/01/11, depositata il 15 dicembre 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 aprile 2019

dal Consigliere Dott. Catallozzi Paolo;

Fatto

RILEVATO

CHE:

– la I.G.T. International Games Trade s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, depositata il 15 dicembre 2011, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il suo ricorso per l’annullamento di sei avvisi di accertamento suppletivo e rettifica emessi per infedele dichiarazione doganale in ordine al valore delle merci importate (biciclette senza motore);

– il giudice di appello ha ritenuto corretto l’operato dell’Ufficio, evidenziando che non ricorrevano i vizi allegati dalla contribuente di violazione del diritto di difesa nel procedimento amministrativo e dell’art. 30, par. 2, lett. a), Regolamento n. 2913/1992;

– il ricorso è affidato a tre motivi;

– resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;

– la ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.;

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo di ricorso la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione del principio della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, per aver la sentenza impugnata escluso la violazione del diritto al contraddittorio benchè gli atti impositivi fossero stato notificati prima del decorso di sessanta giorni dalla notifica dei relativi processi verbali;

– con il secondo motivo deduce la medesima doglianza in relazione alla violazione del D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, comma 2;

– i motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati;

– in tema di avvisi di rettifica in materia doganale, è inapplicabile l’invocato L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, operando in tale ambito il jus speciale di cui al D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, nel testo utilizzabile ratione temporis, preordinato a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto all’impugnazione in giudizio del suddetto avviso (cfr. Cass. 2 luglio 2014, n. 15032; Cass. 5 aprile 2013, n. 8399).

– il rispetto del principio del contraddittorio nella fase amministrativa deriva, dunque, dal D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, e costituisce, in ogni caso, un principio fondamentale del diritto dell’Unione, per cui ogniqualvolta l’Amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo, i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione medesima intende fondare la sua decisione, quand’anche la normativa nazionale applicabile non preveda espressamente siffatta formalità (cfr. Corte Giust. 3 luglio 2014, Kamino; tra la giurisprudenza domestica, cfr. Cass., ord., 23 maggio 2018, n. 12832);

– tuttavia, tale principio generale può soggiacere a restrizioni, in relazione al perseguimento di obiettivi di interesse generale e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (v., altresì, Corte Giust., 9 novembre 2017, Ispas);

– è stato, in proposito, evidenziato, con riferimento alle decisioni delle autorità doganali, che l’interesse generale dell’Unione Europea, e, in particolare, l’interesse a recuperare tempestivamente le entrate proprie, impone che i controlli possano essere realizzati prontamente ed efficacemente (cfr. Corte Giust., 18 dicembre 2008, Sopropè);

– conseguentemente, il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi deve essere interpretato nel senso che i diritti della difesa del destinatario di un avviso di rettifica dell’accertamento, adottato dall’autorità doganale in mancanza di una previa audizione dell’interessato, non sono violati se la normativa nazionale che consente all’interessato di contestare tale atto nell’ambito di un ricorso amministrativo prevede la possibilità di chiedere la sospensione dell’esecuzione di tale atto fino alla sua eventuale riforma rinviando all’art. 244 C.D., benchè la proposizione di un ricorso amministrativo non sospenda automaticamente l’esecuzione dell’atto impugnato, dal momento che l’applicazione di tale articolo non limita la concessione della sospensione dell’esecuzione qualora vi siano motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata con la normativa doganale o vi sia da temere un danno irreparabile per l’interessato (così, Corte Giust., 20 dicembre 2017, Preqù);

– in ogni caso, in tema di tributi armonizzati, la violazione dell’obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale comporta l’invalidità dell’atto solo nel caso in cui – non ricorrente nella specie – il contribuente assolva all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere (cfr. Cass., sez. un., 9 dicembre 2015, n. 24823);

– con l’ultimo motivo di ricorso la contribuente si duole dell’omessa motivazione della sentenza di appello, in relazione alla mancata valutazione di elementi di prova dalla stessa allegati e attestanti il fatto che qualora avesse pagato effettivamente il prezzo delle merci importate nella misura accertata dall’Ufficio, avrebbe, tenuto conto degli oneri connessi all’importazione, effettuato un’operazione antieconomica;

– il motivo è inammissibile, in quanto, come ritenuto dalla stessa parte ricorrente, ha ad oggetto la valutazione degli elementi di prova operatadalla Commissione regionale;

– il ricorso, pertanto, non può essere accolto;

– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si

liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.100,00, oltre rimborso spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 9 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 8 ottobre 2019

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