Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2508 del 01/02/2018


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Cassazione civile, sez. I, 01/02/2018, (ud. 13/09/2017, dep.01/02/2018),  n. 2508

Fatto

RILEVATO

che:

la corte d’appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza del tribunale della stessa città, condannò la regione Veneto a pagare all’Impresa Costruzioni M. s.p.a., in qualità di capogruppo dell’Ati composta da essa e da altre società, la somma di Euro 1.393.996,28, oltre accessori, per l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell’ospedale di (OMISSIS), primo stralcio, di cui al contratto di appalto stipulato con la soppressa Unità locale socio sanitaria – Ulss n. (OMISSIS);

la regione ha proposto ricorso per cassazione deducendo due motivi; hanno replicato con controricorso la Gestione liquidatoria della predetta Ulss e l’Azienda Ulss n. (OMISSIS), che presero parte al giudizio di merito, eccependo pregiudizialmente l’inammissibilità del ricorso per tardività;

ha replicato con controricorso anche l’Impresa Costruzioni M. s.p.a., formulando analoga eccezione e proponendo un motivo di ricorso incidentale;

le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

l’eccezione di tardività del ricorso è infondata, in quanto la sentenza d’appello, depositata il 5-4-2012, è stata notificata il 23-4-2012, e il ricorso per cassazione risulta rimesso in notifica dall’avvocatura dello Stato, a mezzo posta, una prima volta il 22-6-2012;

le parti eccipienti basano le proprie tesi sul fatto che agli atti risulta depositato un ricorso spedito in notifica il 30-7-2012;

una simile considerazione a niente serve, dal momento che è in atti la prova di una prima spedizione del medesimo ricorso in data 22-6-2012 all’esatto indirizzo di domiciliazione dei destinatari costituiti in appello, e il mancato deposito degli afferenti avvisi di ricevimento può esser al più sintomatico della riattivazione del procedimento notificatorio in ragione del non essere andata a buon fine quella prima notifica; riattivazione comunque avvenuta in termini ragionevolmente contenuti (otto giorni), tale da far sì che, ai fini del rispetto del termine di impugnazione della sentenza, la notificazione abbia comunque preso effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento (v. Cass. Sez. U n. 17352-09);

col primo motivo di ricorso la regione denunzia il difetto di giurisdizione del giudice ordinario siccome erroneamente escluso dalla corte d’appello in ordine alla pretesa relativa al riconoscimento del diritto alla revisione dei prezzi dell’appalto: ciò anche in relazione al regime anteriore all’art. 133, lett. e), n. 2, cod. proc. amm., tenuto conto del fatto che la controversia coinvolgeva l’an del diritto alla revisione, e non, come invece ritenuto dalla corte territoriale, il semplice quantum; invero la questione controversa atteneva alla possibilità o meno di ammettere la revisione qualora l’aumento dei costi dell’opera si fosse verificato durante il periodo di proroga dei lavori;

nel controricorso l’Impresa M. eccepisce, anche mediante ricorso incidentale facente leva su un preteso vizio di carente motivazione della sentenza d’appello o di omessa pronuncia sulla già proposta eccezione, che l’appello della regione Veneto sulla questione di giurisdizione era inammissibile per essere stata la questione meramente enunciata senza traduzione in specifici motivi; in ogni caso eccepisce l’inammissibilità del motivo di ricorso per essersi formato il giudicato anche sul merito della revisione dei prezzi;

il ricorso incidentale, da esaminare prioritariamente, propone eccezioni del tutto infondate, dal momento che l’esame dell’atto di appello, riportato per stralcio nel corpo del ricorso per cassazione, testimonia che la giurisdizione era stata contestata dalla regione Veneto in modo specifico, rispetto alle caratteristiche del procedimento di revisione prezzi in asserita fase di riconoscimento; consegue che nessun giudicato implicito sulla giurisdizione si è mai formato nel caso di specie;

il motivo di ricorso della regione Veneto in ordine alla questione di giurisdizione appare peraltro a sua volta infondato e, trattandosi di questione sulla quale le Sezioni unite di questa Corte si sono in generale già pronunciate, è consentito esaminarlo in sede di sezione semplice ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 1;

risulta dall’impugnata sentenza che il contratto di appalto di cui si discute, e nel corpo del capitolato del quale era inserita la clausola di revisione dei prezzi, era stato stipulato il 16-3-1989, prima quindi della successione normativa afferente la giurisdizione esclusiva;

occorre rammentare che le Sezioni unite di questa Corte hanno più volte sottolineato (cons. Cass. Sez. U n. 11074-12, Cass. Sez. U n. 1773-13, Cass. Sez. U n. 7176-14) che, ove il rapporto oggetto della controversia si collochi in un’area temporale anteriore a quella segnata dalla intera devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie sull’adeguamento o sulle modifiche del prezzo negli appalti pubblici (L. n. 537 del 1993, art. 6, diciannovesimo comma, L. n. 109 del 1994, art. 26, comma 4-bis, D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244, comma 3 e infine art. 133 cod. proc. amm.), con l’attribuzione a quel giudice, pertanto, e in ragione della natura esclusiva della sua potestas iudicandi, anche delle controversie relative al quantum debeatur (v. anche Cass. Sez. U. 13892-09 e n. 19567-11), continua a trovare applicazione l’indirizzo giurisprudenziale fermo al principio per cui solo in difetto di un riconoscimento espresso o implicito della spettanza della revisione prezzi all’appaltatore, da parte dell’amministrazione, il sindacato sull’esercizio o sull’omesso esercizio di tal riconoscimento spetta al giudice amministrativo;

in sostanza, in tema di revisione prezzi di appalto di opere pubbliche, ove il rapporto oggetto di controversia risalga a epoca precedente alla normativa nel complesso sopra indicata, quando la pretesa dell’appaltatore si fondi sul riconoscimento del diritto alla revisione la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, mentre, quando manchi tale riconoscimento, essa è devoluta al giudice amministrativo;

ora dalla sentenza emerge che l’eccezione relativa alla giurisdizione aveva riguardato la “riserva n. 6 relativa alla revisione prezzi”, e la corte d’appello, per quanto precisando che la contestazione aveva avuto a oggetto la questione se la revisione prezzi dovesse essere riconosciuta per il solo periodo di 135 giorni indicato dall’ente appaltante ovvero per tutto il periodo, ha affermato – di riflesso a Cass. n. 21293-05, a Cass. n. 127-99 e a Cass. n. 14824-08 – che l’appaltante aveva eseguito pagamenti a titolo di anticipo sulla revisione e contrapposto all’appaltatore un sistema di calcolo diverso; deve allora darsi seguito al principio per cui, in tema di revisione dei prezzi di appalto di opere pubbliche, la competenza giurisdizionale a conoscere della questione se la revisione stessa sia o meno dovuta anche per i lavori eseguiti durante il periodo di proroga eventualmente accordata dall’amministrazione appartiene, in via di principio, alla giurisdizione del giudice amministrativo, salva però, per l’appunto, l’ipotesi, devoluta alla giurisdizione dell’a.g.o., in cui l’amministrazione committente abbia eseguito pagamenti in acconto di un compenso revisionale riconosciuto con generico riferimento a tutti i lavori eseguiti per la realizzazione dell’opera appaltata, ivi compresi, dunque (salva specifica prova contraria), quelli compiuti in regime di proroga (v. Cass. Sez. U. n. 127-99, cui adde Cass. Sez. U. n. 7986-02);

è risolutivo considerare che la ricorrente non ha opposto alcuna censura in ordine alla sopra detta affermazione della corte territoriale secondo la quale pagamenti erano stati eseguiti a titolo di anticipo sulla revisione prezzi, nè ha evidenziato di avere in qualche misura assolto all’onere della prova contraria su di essa gravante, quanto all’essere stati eventualmente riferiti, quei pagamenti, solo alle opere compiute anteriormente al periodo di proroga;

le esposte considerazioni determinano il rigetto del primo motivo del ricorso principale;

col secondo motivo del ricorso medesimo la regione Veneto denunzia la violazione o falsa applicazione della L. n. 724 del 1994 , art. 6, comma 1 e della L. n. 549 del 1995, art. 2, comma 14, nonchè della L.R. Veneto n. 55 del 1994, art. 45-bis, in quanto la corte d’appello avrebbe errato nell’individuare il soggetto passivo della pretesa: secondo la ricorrente le gestioni stralcio, poi divenute gestioni liquidatorie, istituite dalle regioni quanto ai rapporti attivi e passivi delle soppresse Usl, dovrebbero essere considerate alla stregua di soggetti giuridici distinti, unici passivamente legittimati nelle cause relative ai debiti di quelle;

anche il secondo motivo è infondato;

la legittimazione sostanziale e processuale concernente i rapporti creditori e debitori conseguenti alla soppressione delle Usl spetta difatti, in via concorrente con le gestioni liquidatorie, alle regioni, in quanto – come le Sezioni unite di questa Corte hanno infine chiarito una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa regionale esclude l’ammissibilità di una attribuzione esclusiva della legittimazione processuale in capo alle gestioni liquidatorie; tale ultima legittimazione, infatti, risponde soltanto a criteri amministrativo-contabili, intesi ad assicurare la distinzione delle passività già gravanti sugli enti soppressi rispetto alla corrente gestione economica degli enti successori (v. Cass. Sez. U. n. 1013512; conf. Cass. 15487-14);

l’esito delle contrapposte impugnazioni, principale e incidentale, determina la compensazione delle spese processuali nel rapporto tra la regione e l’impresa M.;

l’anteriorità del ricorso al consolidamento della giurisprudenza nel senso da ultimo indicato sulla questione attinente ai debiti delle soppresse Ulss giustifica in ogni caso la compensazione delle spese processuali anche rispetto alle restanti parti.

PQM

La Corte rigetta entrambi i ricorsi e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 13 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2018

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