Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25078 del 09/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 09/11/2020), n.25078

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17476-2019 proposto da:

Z.N., Z.L., Z.M., Z.A.,

Z.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DOMENICO

CHELINI 9, presso lo studio dell’avvocato CARLO MORACCI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato AMBROGIO FLORIOLI;

– ricorrenti –

contro

ZE.MA., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI,

rappresentata e difesa dall’avvocato STELIO MARCHETTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 572/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 29/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. TEDESCO

GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Nella causa di divisione giudiziale fra le parti dell’odierno giudizio, il Tribunale di Brescia, nel delineare le attribuzioni in favore di Ze.Ma., prevedeva a favore di questa il conguaglio di Euro 199.406,25. Tale sentenza, in un primo tempo fatta oggetto di correzione da parte della Ze.Ma. per errata indicazione dell’importo delle spese di lite, era impugnata in appello dalle controparti della stessa Ze.Ma.. In questa sede di impugnazione, la sentenza era riformata in ordine alla sola regolamentazione delle spese di lite e confermata per il resto.

Nel giudizio di primo grado, era avvenuto che il Tribunale di Brescia, pur avendo indicato nella motivazione il conguaglio dovuto a Ze.Ma., aveva omesso di riportare nel dispositivo la corrispondente statuizione impositiva. Da ciò n’è scaturita, a seguito di notificazione di precetto, una controversia sulla esistenza del titolo che consentisse a Ze.Ma. di ottenere il pagamento del conguaglio per via esecutiva. La lite è stata definita in primo grado nel senso dell’inesistenza del titolo, in base al rilievo che non si riscontra, nella sentenza di divisione, statuizione di condanna suscettibile di giustificare l’esecuzione forzata. Il medesimo giudice, investito della questione, ha rigettato la domanda degli intimati, i quali avevano chiesto la condanna dalla Z. al risarcimento del danno per esecuzione illegittima.

La sentenza, impugnata dai soccombenti sulla domanda di danni, è stata confermata in grado di appello. Attualmente il giudizio è pendente in cassazione.

Nel frattempo, la Ze.Ma. ha chiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo per il pagamento del conguaglio. L’opposizione, proposta dagli ingiunti, è stata rigettata dal tribunale con sentenza confermata in grado d’appello. La corte di merito ha fatto applicazione del principio secondo cui, in caso di omissione di pronuncia su una delle domande, la parte istante ha la facoltà alternativa di far valere l’omissione in sede di gravame ovvero di azionare la pretesa in separato processo.

Contro tale sentenza le parti ingiunte hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.

Ze.Ma. ha resistito con controricorso.

La causa, su conforme proposta del relatore di manifesta fondatezza, è stata fissata dinanzi alla sesta sezione civile della Sprema Corte.

2. Il ricorso è ammissibile, ricorrendo le condizioni indicate da Cass. S.U., 14594 del 2016: la notificazione del ricorso, operata in un primo tempo a mezzo del servizio postale, non è andata a buon fine per causa non imputabile al notificante, il quale ha ripreso il procedimento in un termine ragionevole, provvedendo alla notifica a mezzo pec.

3. Con unico motivo di ricorso, rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c., art. 329c.p.c., comma 2 e art. 161 c.p.c., comma 1”, si sostiene che l’omissione incorsa nella sentenza di divisione giudiziale doveva trovare rimedio attraverso l’impugnazione della stessa sentenza e non attraverso la proposizione di un’autonoma azione. Invero il principio applicato dalla corte d’appello – secondo cui in caso di omissione di pronuncia nel quale non sia ravvisabile rigetto implicito, l’impugnazione della sentenza in via di gravame non è l’unico rimedio per ottenere una decisione nel merito, dovendosi riconoscere la possibilità di ripropone la domanda in separato giudizio (Cass. n. 8655/2000; n. 11356/2006; n. 15461/2008) – riguarda il caso della omessa pronuncia su domanda autonoma, che è ipotesi diversa da quella ricorrente nel caso di specie, nel quale la omissione riguarda un aspetto della divisione, inscindibile da questa.

Il ricorso è fondato.

Nella divisione giudiziale, l’imposizione di un conguaglio rappresenta una pura modalità della divisione, resa necessaria dal fatto che le attribuzioni in natura non equivalgono al valore della rispettiva quota (Cass. n. 1875/1989; n. 1498/1962). Il conguaglio non costituisce oggetto di una autonoma domanda, diversa e distinta dalla domanda di divisione, la quale, pur non menzionandoli, comprende fin da principio, nel concorso dei presupposti, la loro imposizione, cui il giudice deve provvedere d’ufficio. Infatti, la determinazione del conguaglio, in quanto attiene alle concrete modalità di attuazione della divisione, prescinde dalle singole domande proposte dalle parti (Cass. n. 7833/2008). E’ stato anche chiarito che l’imposizione di un conguaglio a carico del condividente non costituisce capo autonomo della sentenza di divisione (Cass. n. 13009/2006).

Consegue da tali principi che il giudice della divisione, il quale, sussistendo divario di valore fra quota e porzione, ometta la previsione del conguaglio, non incorre in omissione di pronuncia, ma in un errore di giudizio, rimediabile solo con l’appello. Tuttavia, nel caso in esame, ricorre una ipotesi diversa da quella appena ventilata, ipotesi che non si può riguardare alla stregua di un errore nell’applicazione delle norme che disciplinano l’iter divisorio. E’ infatti avvenuto che il Tribunale di Brescia, dopo avere menzionato e quantificato in motivazione il conguaglio derivante dalle attribuzioni in favore di Ze.Ma., ha omesso poi di inserire nel dispositivo la relativa statuizione impositiva. Una tale omissione, però, non integra omissione di pronuncia, ma omissione materiale, emendabile con il procedimento di correzione ai sensi degli artt. 287 e 288 c.p.c. Emblematico al riguardo il principio di Cass., S.U., n. 29029/2018: “nell’ipotesi in cui sia mancata la liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza (emessa anche ex art. 429 c.p.c.), benchè in motivazione si riscontri la statuizione che le pone a carico del soccombente, l’interessato deve esperire il procedimento di correzione ai sensi dell’art. 287 c.p.c. per ottenerne la quantificazione (…)” (conf. Cass. n. 7276/2019).

Or bene, se il procedimento di correzione è utilizzabile “nell’ipotesi in cui sia mancata la liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza (…), benchè in motivazione si riscontri la statuizione che le pone a carico del soccombente”, a maggior ragione quel procedimento è esperibile nel caso in cui il giudice della divisione, dopo avere previsto e quantificato il conguaglio in motivazione a favore di uno dei condividenti, ometta poi in dispositivo la corrispondente statuizione impositiva a carico del condividente obbligato e in favore del condividente avente diritto.

Il ricorso, pertanto, va accolto e non essendo necessari ulteriori accertamenti la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento della opposizione contro il decreto ingiuntivo e la revoca del medesimo decreto.

Avuto riguardo alla natura della questione e all’esito del giudizio si ritiene di compensare le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione e revoca il decreto ingiuntivo n. 131 del 2013 del Tribunale di Brescia; compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020

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