Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25077 del 16/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/09/2021, (ud. 28/04/2021, dep. 16/09/2021), n.25077

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33123-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE e AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, (C.F.

(OMISSIS)), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliate in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che le rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

D.C.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 309/7/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’ABRUZZO SEZIONE DISTACCATA di PESCARA, depositata

l’01/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

Con sentenza n. 309/2019 la CTR dell’Abruzzo, sez. distaccata di Pescara, accoglieva l’appello proposto da D.C.F. avverso la decisione della CTP di Pescara con cui era stato respinto il ricorso del contribuente avente ad oggetto tre intimazioni di pagamento e contestuale atto di pignoramento.

Il Giudice di appello rilevava la propria competenza a decidere le questioni riguardanti il merito tributario prodromico all’atto di accertamento.

Riteneva che le intimazioni oggetto dell’impugnativa erano state adottate in relazione ad un credito ormai prescritto.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate e della riscossione propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi cui non replica la parte intimata. Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c. e per violazione dell’art. 327 c.p.c..

Si sostiene di aver proposto in via pregiudiziale in sede di costituzione del gravame l’eccezione relativa all’inammissibilità dell’appello per mancata osservanza del termine lungo.

Si osserva al riguardo che il gravame è stato presentato in data 22.1.2018 e cioè un anno e 32 giorni dopo la data di pubblicazione della sentenza risalente al 21.12.2006 sicché alla luce del disposto della L. n. 69 del 2009 applicabile ai giudizio come quello in esame instaurati dopo l’entrata in vigore della legge doveva ritenersi tardivo in quanto proposto oltre i sei mesi stabilità dalla norma.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice applicato ai crediti erariali la prescrizione quinquennale.

Il primo motivo è fondato con l’assorbimento del secondo.

Occorre rilevare che una verifica relativa alla tempestività o meno dell’appello si impone preliminarmente, a prescindere dalla circostanza che l’appellato si sia costituito o meno in appello (secondo costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità infatti, l’inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela d’interessi indisponibili e, come tale, è rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto della costituzione dell’appellato: Cass. SU n. 6983 del 2005; Cass. n. 11666 del 2015; Cass. n. 23907 del 2009; Cass. n. 4206 del 2020 (che va proposto, quando – come nel caso di specie – non sia notificata la sentenza di primo grado, entro sei mesi dal deposito della stessa: cfr. art. 327 c.p.c. e Cass. n. 30850 del 2019 e Cass. n. 33168 del 2018)

Tale verifica, alla quale questa Corte è tenuta d’ufficio (cfr. ex plurimis, da ultimo Cass. SU n. 19769 del 2019 e Cass. n. 1654 del 2020, secondo cui la mancata prospettazione, nel giudizio di secondo grado, della questione della tempestività o meno dell’appello incidentale, non determina una preclusione processuale nella deduzione della stessa con il ricorso per cassazione, potendo essere eccepita o rilevata d’ufficio per la prima volta anche in sede di legittimità), ha consentito nel caso di specie di verificare il mancato raggiungimento della prova della tempestività dell’appello, con conseguente declaratoria di inammissibilità sotto il profilo della tardività, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 51, spettando l’onere della prova della suddetta tempestività della notifica a chi propone l’azione secondo gli ordinari e generali criteri di distribuzione dell’onere.

Infatti è documentato in causa, come emerge da una verifica del fascicolo d’ufficio che la sentenza di primo grado è stata pubblicata in data 21.12.2016 e l’appello risulta presentato in data 22.1.2018 e quindi a distanza di oltre un anno dalla pubblicazione anzicché nei sei mesi previsti dalla L. n. 69 del 2009 per i giudizi instaurati dopo come quello in esame dopo il 4.7.2009 (il ricorso del contribuente è stato notificato il 14.11.2014).

L’appello deve pertanto ritenersi inammissibile.

Le spese del merito vanno compensate in ragione dell’alternarsi delle decisioni.

Le spese di legittimità devono ritenersi irripetibili.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e dichiara inammissibile l’appello; compensa le spese di merito; dichiara irripetibili le spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021

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