Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25076 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/10/2017, (ud. 03/07/2017, dep.23/10/2017),  n. 25076

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26828-2015 proposto da:

L.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MEDAGLIE D’ORO 157, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO SAULLE,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI ROMA;

– intimata –

avverso l’ordinanza n. R.G. 11478/2015 del GIUDICE DI PACE di ROMA,

depositata il 24/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/07/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con ordinanza del 21 luglio 2015 il Giudice di Pace di Roma ha dichiarato inammissibile per tardività il ricorso proposto il 27/02/2015 da L.N., cittadino albanese, avverso i decreti di espulsione emessi nei suoi confronti e notificatigli il 12/08/2010 e il 29/07/2012.

Avverso questa pronuncia il cittadino straniero propone ricorso per cassazione, accompagnato da memoria, sulla base di tre motivi.

Non svolge difese l’Amministrazione intimata.

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7 e dell’art. 113 Cost., in quanto i provvedimenti espulsivi sono stati redatti in lingue ignote al ricorrente, impedendogli conseguentemente di esperire l’opposizione nei termini di legge. Il vizio di traduzione determina la nullità dei decreti di espulsione e il mancato decorso automatico del termine ad opponendum, stante la necessità che lo straniero sia rimesso in termini.

Con il secondo motivo viene lamentata la violazione degli artt. 13,111 e 113 Cost. e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 bis, e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, commi 4 e 4 bis. Il ricorrente è stato sottoposto ad accompagnamento coattivo alla frontiera e alla misura del trattenimento presso il C.I.E. di Ponte Galeria, ma in entrambi i casi è mancata la convalida da parte del Giudice di Pace.

Con il terzo motivo viene lamentata la violazione della direttiva “rimpatri” n. 115/2008 e conseguentemente della L. n. 129 del 2011, perchè allo straniero è stato imposto dal Prefetto un divieto di rientro nel territorio nazionale pari a 5 anni, nonostante non sussistano nella specie elementi di particolare gravità o di comprovata pericolosità.

Il primo motivo è manifestamente infondato, per l’assorbente rilievo che il difetto di traduzione del provvedimento espulsivo in una lingua nota all’espellendo integra una causa di nullità che deve essere tempestivamente impugnata. Nella specie, a fronte dei decreti di espulsione notificati al ricorrente il 12/08/2010 e il 29/07/2012, l’opposizione è stata proposta soltanto il 27/02/2015.

Quanto alla rimessione in termini, merita di essere in questa sede pienamente condiviso quanto statuito da Cass. n. 11005 del 06-05-2010, in base a cui “la deduzione, a ragione di nullità della espulsione, della violazione delle regole sulla tradizione è suscettibile di essere proposta anche con una opposizione tardiva ma a condizione che emerga che quella violazione ha indotto una ignoranza del contenuto dell’atto tale da giustificare la tardività stessa, nel senso che non ha consentito di identificare in quell’atto, pur ricevuto e magari anche eseguito, una espulsione quale atto correlato alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13,comma 2 e suscettibile di ricorso al giudice”. Nella specie non emerge, sulla base di quanto esposto nel ricorso, che il denunciato vizio di traduzione abbia indotto nel sig. L.N. l’ignoranza del contenuto dell’atto, cui, peraltro, è stata data esecuzione mediante accompagnamento coattivo alla frontiera e trattenimento presso il C.I.E. di Roma.

Il secondo è inammissibile, in quanto attinente non già al provvedimento espulsivo in sè ma alle sue modalità attuative, i cui vizi rilevano in sede di esecuzione e non inficiano l’atto presupposto. Per altro profilo le censure formulate difettano di interesse, atteso che ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 la misura dell’accompagnamento coattivo o del trattenimento sono ex lege prive di effetto qualora non intervenga la convalida.

Il terzo motivo è parimenti inammissibile, riguardando un profilo non esaminato dal giudice di merito stante la corretta e assorbente declaratoria di inammissibilità del ricorso per tardività.

La memoria depositata, reiterando le argomentazioni svolte nel ricorso in ordine alla rimessione in termini ai fini dell’opposizione al decreto di espulsione amministrativa, non offre elementi per superare i predetti rilievi.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Non occorre provvedere in ordine alle spese processuali, in considerazione della mancata attività difensiva della parte intimata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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