Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25076 del 09/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 09/11/2020), n.25076

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29775-2018 R.G. proposto da:

A&T IMMOBILIARE SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI

70, presso lo studio dell’avvocato AGNESE IACOANGELI, rappresentata

e difesa dall’avvocato PAOLA FAVA;

– ricorrente –

contro

G.R. & C. SNC, C.L., UNIPOLSAI ASSICURAZIONI

SPA, G.C., I CORTILI SRL;

– intimati –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di

SIENA, depositata il 07/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

TEDESCO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che chiede che

la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, accolga il

regolamento necessario di competenza e annulli l’ordinanza del

Tribunale di Siena in data 07/09/2018, con le conseguenze di legge.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La A&T Immobiliare s.r.l. iniziava dinanzi al Tribunale di Grosseto una causa per l’annullamento della transazione intercorsa con la G. s.r.l. e l’Impresa Edile G.R. & C. s.n.c., con le quali aveva concluso un contratto d’appalto per lavori edili riguardanti la demolizione e ricostruzione di un fabbricato.

A sostegno della domanda deduceva di essere stata indotta a stipulare la transazione sulla base della dichiarazione resa dalla direzione dei lavori, affidata a i Cortili s.a.s. (che poi cedeva il contratto con il consenso della contraente a i Cortili s.r.l.) e svolta da professionisti da questa incaricati. In tale dichiarazione si attestava l’esecuzione dei lavori a regola d’arte e l’assenza di difetti delle opere fino a quel momento realizzate. La transazione quantificava le opere già eseguite nell’importo di 85.000,00 di cui 40.000,00 già pagate. Si prevedeva inoltre a carico dell’appaltatore la esecuzione di opere ulteriori. La somma di 30.000,00 era lasciata in deposito fiduciario all’avv. Luca Fazzi, che avrebbe curato la consegna degli assegni secondo scadenze prefissate, dandone comunicazione alla committente.

Si era poi appreso che la dichiarazione rilasciata dalla direzione dei lavori non rispecchiava la realtà delle cose, essendo le opere incomplete e non eseguite a regola d’arte. Nondimeno l’avv Fazzi aveva ugualmente consegnato la somma oggetto del deposito.

La committente chiedeva, nei confronti delle appaltatrici, della impresa incaricata della direzione dei lavori (I Cortili s.r.l.), del geom. C.L. (il professionista che aveva reso la dichiarazione rilevatasi non veritiera) e dell’avv. Fazzi, la restituzione delle somme pagate in esecuzione della transazione, restringendo la domanda nei limiti del deposito per quanto riguarda l’avv. Fazzi.

La committente si riservava l’azione da esperirsi confronti dei medesimi soggetti, ad eccezione dell’avv. Fazzi, per i danni subiti a seguito dell’inadempimento contrattuale, precisando che sul punto era in corso un accertamento tecnico preventivo dinanzi al Tribunale di Siena.

Dinanzi al Tribunale di Siena, una volta eseguito l’accertamento tecnico preventivo, la committente chiamava in giudizio i medesimi soggetti già citati dinanzi al Tribunale di Grosseto e in aggiunta l’arch. Gu.Cr. (anch’essa incaricata dalla Cortili s.r.l.), chiedendo la condanna dei convenuti in solido al risarcimento dei danni derivanti dalle carenze e difetti delle opere oggetto dell’appalto realizzato.

Il Tribunale di Siena ha sospeso il giudizio in base al rilievo che tutte le parti in lite avevano fatto riferimento alla transazione oggetto del giudizio pendente dinanzi al Tribunale di Grosseto; aggiungeva che i resistenti, nelle loro difese, avevano dichiarato di volersi avvalere della transazione, sicchè il giudice adito avrebbe dovuto “incidentalmente decidere sulla validità o meno della transazione ed i conseguenti effetti su tutte o parti delle domande azionate in questo giudizio”.

Contro tale provvedimento la A&T Immobiliare s.r.l. in liquidazione ha proposto regolamento di competenza.

Il regolamento è infondato.

Il Tribunale di Siena ha rilevato che, essendosi tutte le parti del giudizio riferite alla transazione oggetto della causa pendente dinanzi al Tribunale di Grosseto, il giudicante avrebbe dovuto incidentalmente conoscere della validità della stessa transazione.

La terminologia usata dal tribunale riecheggia la norma di cui all’art. 1304 c.c., comma 1: “la transazione fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, se questi non dichiarano di volerne profittare”.

In questa sede, naturalmente, non occorre indagare se realmente i rapporti fra le parti siano suscettibili di integrare una fattispecie di solidarietà tale da giustificare l’applicazione della norma. Ai nostri fini è sufficiente fermarsi alla considerazione del fatto costitutivo della invalidità della transazione, che è identificato dalla committente nella non veritiera dichiarazione proveniente dalla direzione dei lavori. I lavori eseguiti fino a quel momento, contrariamente a quanto attestato, erano incompleti e presentavano i vizi e difetti di poi fatti valere, sotto il profilo risarcitorio, davanti al Tribunale di Siena nel giudizio sospeso.

Consegue che il Tribunale di Grosseto, in base alla domanda, è chiamato pur sempre ad accertare il contrasto fra il fatto e l’attestazione, quindi lo stato delle opere eseguite: intanto la dichiarazione non è veritiera, e quindi idonea a giustificare, nella prospettiva della domanda, l’annullamento della transazione, in quanto non rispecchia il reale stato delle opere, che sono incomplete e presentano vizi e difetti. Allo stesso modo, il Tribunale di Siena, al fine di decidere sulla domanda di danni proposta dalla committente, in quanto fondata sulla incompletezza e i vizi delle opere, è chiamato a compiere identico accertamento. In questo senso i due giudizi hanno in comune il medesimo fatto costitutivo, rappresentato dalla inesatta esecuzione dell’opera, mediato, nel processo pendente dinanzi al Tribunale di Grosseto, dalla denuncia dell’errore indotto dalla dichiarazione non veritiera.

Ricorrono pertanto i presupposti della sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c., la cui ratio va individuata nell’esigenza di evitare il conflitto fra giudicati (Cass. n. 12198/1998). La sospensione presuppone che fra due giudizi sussista un rapporto di pregiudizialità giuridica, nel senso che la situazione sostanziale che costituisce oggetto di uno di essi rappresenti fatto costitutivo o comunque elemento di quella che costituisce oggetto dell’altra e il cui accertamento debba avvenire con efficacia di giudicato (Cass. n. 24859/2006).

Si deve avvertire che, nell’identità del titolo dedotto come legittimante nell’uno e nell’altro giudizio, i presupposti della sospensione ricorrono nonostante nel giudizio sospeso sia presente una parte non chiamata nel giudizio pregiudicante. “In tema di sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c., la regola che i due giudizi si svolgano tra le stesse parti, in ragione della influenza che la decisione assunta nel giudizio avente connotazioni di pregiudizialità deve assumere nel giudizio sospeso, trova un correttivo nel solo caso in cui, ferma la necessità della presenza in entrambi i giudizi delle stesse parti, in quello sospeso ve ne sia anche un’altra ed il titolo dedotto come legittimante all’azione sia oggetto del giudizio pregiudiziale. In tal caso, infatti, la prosecuzione dell’altro giudizio potrebbe dare luogo a quel contrasto di giudicati che la norma di cui all’art. 295 c.p.c. intende impedire, atteso che solo la sussistenza di una qualificazione legittimante giustifica la causa petendi, e che lo stesso titolo è contestato nel procedimento pregiudiziale” (Cass. n. 3936/2008).

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e deve essere confermata l’ordinanza del Tribunale di Siena.

Spese al merito.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; conferma l’ordinanza del Tribunale di Siena.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020

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