Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25072 del 16/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/09/2021, (ud. 09/09/2021, dep. 16/09/2021), n.25072

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1167/2015 proposto da:

Rio San Severo Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, P.zza Cola Di Rienzo 68, presso

lo studio dell’avvocato Rea Ivan Carlo, rappresentata e difesa

dall’avvocato Vignola Gianfranco, giusta procura a margine;

– ricorrente –

contro

Agenzia Delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2671/2014 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA

SEZ. DIST. di BRESCIA, depositata il 21/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/09/2021 dal consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. De

Matteis Stanislao che ha concluso per il rigetto, conseguenze di

legge;

udito per il ricorrente l’avvocato Scarantino Emiliano, per delega

avvocato Vignola, che si è riportato;

udito per il controricorrente l’avvocato Rocchitta Giammario, che si

e’ riportato.

 

Fatto

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

p. 1. La società immobiliare Rio San Severo srl propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 2671/14 del 21 maggio 2014, con la quale la commissione tributaria regionale, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione notificatole dalla agenzia delle entrate in revoca delle agevolazioni sull’imposta di registro da essa fruite in relazione all’atto (OMISSIS); atto con il quale essa aveva acquistato un immobile dichiarando l’intendimento di trasferirlo entro tre anni (D.P.R. n. 131 del 1986, tariffa allegata, parte prima, art. 1, comma 1, sesto periodo). La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che:

– il trasferimento in oggetto aveva riguardato un fabbricato fatiscente destinato alla demolizione ed alla ricostruzione;

– queste operazioni, ed il reperimento di un acquirente, non potevano realisticamente essere compiute entro il ristretto termine utile di tre anni (attesa anche la vicinanza dell’immobile a beni tutelati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici), e cio risultava chiaro, fin dall’inizio, alla società acquirente;

– in definitiva, l’evento ostativo al trasferimento nei tre anni non era consistito nel sopravvenire di un fatto oggettivo imprevisto, di natura burocratica, ma proprio in una situazione preordinata rientrante nella consapevolezza e prevedibilità della società contribuente, come tale non identificabile nella forza maggiore esimente.

L’agenzia delle entrate ha dichiarato di costituirsi al solo fine dell’eventuale discussione in udienza, poi effettivamente espletata.

Con ordinanza interlocutoria 8 gennaio 2020, il giudizio veniva rinviato a nuovo ruolo in attesa della decisione delle SSUU sulla rilevanza esimente, in materia agevolativa, della forza maggiore (ord. rim. n. 23381/19).

Intervenuta la decisione in questione (Cass. SSUU. n. 8094/20), la causa veniva riassegnata alla decisione che segue.

Il Procuratore Generale ha chiesto rigettarsi il ricorso.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso la società lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della citata norma agevolativa di cui al D.P.R. n. 131 del 1986. Per avere la Commissione Tributaria Regionale negato il diritto alla agevolazione sulla base di un asserito elemento psicologico, di conoscenza e prevedibilità, in realtà inesistente e dunque non escludente la giustificazione per forza maggiore del mancato rispetto del termine triennale di rivendita dell’immobile.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – “omesso esame” circa un fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla “cronologia” di eventi documentati, attestanti l’intervento bloccante (per oltre due anni) del Ministero dei Beni Culturali, il quale aveva di fatto impedito alla società di fruire del termine triennale per ristrutturare l’immobile e rivenderlo.

Infatti, acquistato l’immobile il (OMISSIS), la società aveva ottenuto, nel novembre successivo, l’autorizzazione ad edificare da parte del Comune di (OMISSIS), ma nel dicembre del 2008 il Ministero aveva imposto la sospensione di ogni attivitità intendendo far intervenire la Sovraintendenza per l’espletamento di indagini archeologiche; sicché soltanto il 10 marzo 2010 la Sovrintendenza aveva autorizzato l’intervento di demolizione e di rimozione parziale del fabbricato, e soltanto il 30 dicembre 2010, previo parere vincolante della Sovrintendenza, il Comune aveva autorizzato l’inizio dei lavori.

Da tale cronologia, riportata in ricorso, emergeva come il mancato adempimento nel termine triennale fosse dipeso proprio da un fatto sopravvenuto ed imprevedibile (l’intervento ministeriale attraverso la Sovrintendenza), per giunta successivo al conseguimento della prima autorizzazione comunale all’inizio lavori.

p. 2.2 I due motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria, sono infondati.

Va premesso che, nelle more del procedimento, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito (sent. n. 8094/20 cit.) che: “In tema di agevolazioni tributarie, il beneficio di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, nella formulazione vigente “ratione temporis”, si applica anche qualora l’edificazione non sia realizzata nel termine di legge, purché tale esito derivi non da un comportamento direttamente o indirettamente ascrivibile all’acquirente, tempestivamente attivatosi, ma da una causa esterna, sopravvenuta, imprevedibile ed inevitabile, tale da configurare la forza maggiore ovvero il “factum principis”, ciò rendendo inesigibile, secondo una regola generale immanente nell’ordinamento, il comportamento richiesto dalla norma nel termine da essa previsto”.

Per quanto chiamate a pronunciarsi su una fattispecie agevolativa (L. n. 388 del 2000, ex art. 33, comma 3), diversa da quella qui dedotta, le Sezioni Unite hanno stabilito un indirizzo di ampia portata, affermativo della rilevanza esimente generale della forza maggiore in materia di agevolazioni tributarie, a sua volta radicato in un principio generale di inesigibilità ritenuto immanente nell’Ordinamento.

Dalla stessa sentenza in esame si evince come l’accertamento in concreto dei richiamati presupposti esimenti (nel senso di idonei ad impedire la decadenza dal beneficio) debba muovere da un tipico accertamento fattuale spettante al giudice di merito, ed articolato nei parametri della imprevedibilità, inevitabilità, sopravvenienza, non-imputabilità (al contribuente) della causa ostativa alla realizzazione del comportamento prescritto dalla norma agevolativa (secondo parametri già più volte affermati dalla giurisprudenza di legittimità in materia, come evidenziato sia nella sentenza delle Sezioni Unite, sia nella citata ordinanza di rimessione della questione al Primo Presidente).

Orbene, è proprio sulla base di questo accertamento di ordine fattuale e delibativo del quadro istruttorio che la sentenza della Commissione Tributaria Regionale qui impugnata deve trovare conferma.

Il giudice di merito ha infatti dato conto, all’esito di una valutazione complessiva della fattispecie che esclude, da un lato, l’omesso esame del fatto decisivo di causa (art. 360, n. 5), e, dall’altro, la contrarietà a diritto della soluzione prescelta (n. 3), del proprio convincimento circa la originaria prevedibilità della inadeguatezza del termine triennale di legge in relazione alla ravvisata complessità dell’operazione immobiliare.

Complessità che, sempre secondo quanto ritenuto dal giudice di merito, derivava sia dall’esigenza di recuperare (ricostruire) l’immobile dallo stato di fatiscenza e degrado nel quale si trovava, sia dalla necessità di compiere questa operazione nel rispetto dei vincoli archeologici gravanti su fabbricati storici limitrofi: “la conoscenza dello stato fatiscente ed in cattivo stato di conservazione dell’immobile avrebbe dovuto indurre la ricorrente, quale impresa avente per oggetto esclusivo la rivendita di beni immobili, a ritenere insufficiente il termine triennale per demolire, costruire e rivendere l’immobile situato, tra l’altro, in prossimità della (OMISSIS) e della (OMISSIS) interessate dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici, come si evince dalla nota del 17 Dicembre 2008 allegata agli atti, per cui, a parere di questo collegio, è irrilevante l’impedimento oggettivo relativo alle lungaggini dell’iter burocratico rispetto alla conoscenza preventiva e soggettiva dell’impossibilità di portare a termine la rivendita entro il triennio” (sent. pag. 3).

E’ dunque evidente come, appurata in astratto la giuridica rilevanza della forza maggiore in materia agevolativa, il positivo ricorso dei presupposti di individuazione di tale causa esimente nella concretezza del caso è stato qui escluso dal giudice di merito in conformità a quanto sarebbe poi stato stabilito dalle Sezioni Unite nella pronuncia menzionata: “ergo, l’impedimento di che trattasi non è di natura oggettiva riferibile alle cause ostative prevedibili nelle lungaggini burocratiche, ma di natura soggettiva insita nella consapevolezza di non poter rispettare i termini di sospensione sin dal rogito e nessuna causa di forza maggiore è ravvisabile nel mancato rispetto della condizione sospensiva richiesta nel rogito de quo” (sent. CTR pag. 3).

In definitiva, si è di fronte ad un accertamento fattuale, certamente qui non rivedibile, del giudice di merito il quale ha ritenuto, in sostanza, che l’evento ostativo fosse privo dei caratteri della forza maggiore proprio perché connotato (viste anche le competenze tecnico-professionali della società acquirente) dalla iniziale complessità dell’operazione programmata da quest’ultima e dal preventivabile intervento del Ministero, trattandosi di fabbricato sito in un contesto di interesse archeologico e, come tale, necessitante di verifiche di tutela per loro natura richiedenti un non trascurabile lasso di tempo.

Secondo la valutazione del giudice di merito, in definitiva, fanno appunto difetto, nella specie, i requisiti essenziali della forza maggiore, costituiti dalla sopravvenienza dell’evento ostativo rispetto al momento di assunzione dell’obbligo e dalla sua imprevedibilità.

Vale ancora osservare, da ultimo, come – sulla base della stessa ricostruzione fattuale e cronologica offerta in giudizio dalla società – si tratti di un caso del tutto diverso da quello, ritenuto invece legittimare la forza maggiore, della c.d. “sorpresa archeologica”, costituita dall’inaspettato rinvenimento, durante i lavori di costruzione o ristrutturazione dell’immobile, di un reperto archeologico prima non conosciuto né prevedibile, ed impeditivo della prosecuzione dei lavori (v. Cass. n. 14399/13).

Ne segue dunque il rigetto del ricorso, con conseguente condanna della ricorrente alle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 9 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021

 

 

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