Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25071 del 07/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 25071 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA
sul ricorso 24476-2011 proposto da:
DEL

GAIZO

CLAUDIO

C.F.

DLGCLD39R09F839F,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI
114/B, presso lo studio dell’avvocato COLETTA
SALVATORE, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MARIA ANTONIETTA DE ANGELIS, giusta
2013

delega in atti;
– ricorrente –

2772

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 07/11/2013

domiciliata in ROMA, VIALE MAllINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 7079/2010 della CORTE

4484/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/10/2013 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito l’Avvocato COLETTA SALVATORE;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega FIORILLO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/10/2010 R.G.N.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza resa il 7.10.2010, la Corte di appello di Roma respingeva il gravame
proposto da Del Gaizo Claudio avverso la sentenza del Tribunale di Latina che aveva
rigettato la domanda del predetto volta ad ottenere la declaratoria di illegittimità del
licenziamento collettivo comunicato con lettera del 3.12.2001. Rilevava la Corte del merito
che doveva ritenersi infondato il rilievo secondo cui il rapporto di lavoro del ricorrente

a far parte dell’amministrazione delle Poste, atteso che il decreto legge n. 487/93,
convertito in legge 71/94, aveva limitato in via transitoria la vigenza del precedente regime
pubblicistico al solo periodo compreso tra la pubblicazione del decreto e la stipulazione del
contratto collettivo, sottoscritto il 26.11.1994. Osservava che la comunicazione di avvio
della procedura era stata dettagliata e rispettosa sia della lettera della legge che della ratio
della norma, intesa a porre le oo.ss. a conoscenza della fattispecie nei suoi elementi
concreti e specifici e che le informazioni fornite avevano consentito una gestione
concordata della riduzione, consacrata nell’accordo del 17 ottobre 2001. Non coglievano
nel segno — secondo la Corte — neanche le censure relative alla scelta del criterio della
maggiore anzianità contributiva, posto che tale criterio, secondo le indicazioni della Corte
di legittimità, era conforme al principio di ragionevolezza e non discriminazione e coerente
con le finalità del controllo sociale affidato ai sindacati ed agli organi pubblici.
Per la cassazione ricorre il Del Gaizo con unico motivo, cui resiste la società con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorrente lamenta l’erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.L.
487/93 convertito in legge 71/94, del t.u. 29 12.1973 n. 1092 e ss. integrazioni e
modificazioni, degli artt. 4, 42 c.c.n.l. 26.11.1994 e dell’ad 11 delle Preleggi, in relazione
all’ad. 360, n. 3, c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un
fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’ad. 360, n. 5, c.p.c.., osservando che la Corte
territoriale ha omesso di considerare il contenuto del comma 7 dell’ad. 6 D.L. 487/93, in
base al quale, a decorrere dal 1.8.1994, al trattamento di quiescenza di tutto il personale in

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dovesse rimanere regolato dalla legge imperante nel momento in cui lo stesso era entrato

servizio presso l’ente Poste Italiane provvede, all’atto del collocamento a riposo o delle
dimissioni e salvi i diritti acquisiti, l’Istituto Postelegrafonici, applicando le norme previste
per il personale statale. Sostiene che il ricorrente abbia diritto pertanto, per espressa
previsione di legge, a che venga applicata in suo favore la normativa per il collocamento a
riposo ed il trattamento di quiescenza degli impiegati statali, riordinata nel T.U. 1092/73,

inderogabilità del limite di età così stabilito. Aggiunge che, applicandosi, a seguito della
privatizzazione del rapporto dei dipendenti delle Poste, la disciplina codicistica e legislativa
che regola il rapporto di lavoro nell’impresa, ivi comprese le norme di cui all’art. 16 d. Igs.
502/92 ed alli 6, comma 1, I. 407/90, il lavoratore ha diritto di optare per la permanenza in
servizio per un biennio dalla data di compimento del 65° anno di età. Non sussiste,
pertanto, secondo il ricorrente, un potere delle 00.SS. stipulanti il c.c.n.l. di disporre di un
diritto del singolo lavoratore dallo stesso già acquisito, come quello di non essere collocato
a riposo prima del compimento del 65° anno di età. Evidenzia per quanto detto l’
illegittimità della prassi seguita dalla società Poste Italiane laddove, con lettera del
26.10.2004, in pendenza del giudizio di primo grado sul licenziamento del dicembre 2001,
comunicava nuovamente la risoluzione del rapporto di lavoro a decorrere dal 10.10.2004
per avere il ricorrente compiuto i 65 anni di età il 9.10.2004 e per essersi a tale data
verificata la naturale scadenza del suo contratto di lavoro ai sensi del d. Igs. 503/92.
Assume che le nuove norme abbiano efficacia ex nunc con conseguente delimitazione
della zona di rispetto costituita dai diritti quesiti, intangibile da eventuali modificazioni
legislative.
Il ricorso è infondato
Con riferimento al rapporto di lavoro dei dipendenti dell’E.p.i. (Ente poste italiane) l’art. 6
D.L. n. 487 del 1993, convertito nella legge n. 71 del 1994 (recante norme per la
trasformazione dell’amministrazione delle poste e telecomunicazioni in ente pubblico
economico e la riorganizzazione del ministero), dispone che il personale
dell’amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni resta alle dipendenze dell’ente
con rapporto di diritto privato e che ai dipendenti dell’ente continuano ad applicarsi i
trattamenti vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto fino alla stipulazione
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nel quale il collocamento a riposo d’ufficio è previsto inderogabilmente solo nel caso in cui
l’impiegato abbia compiuto il 65° anno di età, ridotto al 60 0 per il personale femminile, con

di un nuovo contratto. Ogni situazione giuridica non esaurita – una volta privatizzato il
rapporto di lavoro ed entrato in vigore il primo contratto collettivo (il 10 agosto 1994) – è
regolata dalla nuova disciplina, in quanto la normativa pubblicistica del rapporto non è più
in vigore. Non può giovare ai fini di quanto sostenuto dal ricorrente il richiamo al settimo
comma dell’art. 6 D.L. 487/93 (“A decorrere dal 10 agosto 1994, al trattamento di
quiescenza di tutto il personale in servizio presso l’ente Poste Italiane, provvede all’atto del

applicando le norme previste per il personale statale”), riguardando la disposizione il
trattamento di quiescenza e non anche il rapporto di lavoro e la sua disciplina (cfr.
Cass.23.12.1999 n. 14497).
La difesa del Del Gaizo, richiamando una sentenza di questa Corte (11758/2003),
sostiene che non sussista un potere delle organizzazioni sindacali stipulanti i contratti
collettivi di disporre di un diritto del singolo lavoratore da lui già acquisito — come quello di
rimanere in servizio e non essere collocato a riposo prima del compimento dei 65 anni di
età — senza un preventivo specifico mandato del titolare a disporne ed in difetto,
comunque, di una successiva ratifica ed evidenzia che, proprio per il carattere imperativo
delle norme attribuenti ai lavoratori il predetto diritto, la giurisprudenza della S. C. aveva
affermato la nullità della clausola contenuta nell’accordo integrativo del c.c.n.l. 1994
laddove aveva previsto la risoluzione dei rapporti al conseguimento della massima
anzianità contributiva. La questione affrontata dalla giurisprudenza richiamata attiene,
tuttavia, alla nullità della clausola contenuta nell’accordo integrativo al c.c.n.l. del 26
novembre 1994, secondo la quale il rapporto di lavoro si risolve automaticamente (senza
obbligo di preavviso o di erogare la corrispondente indennità sostitutiva) al raggiungimento
della massima anzianità contributiva, in quanto lesiva del principio inderogabile secondo
cui il rapporto di lavoro si può risolvere solo per licenziamento, per dimissioni, per mutuo
consenso o per lo spirare dei termini per la ripresa del servizio, previsti dall’ad 18 comma
quinto dello Statuto dei lavoratori.
Con il presente ricorso il Del Gaizo sovrappone, invece, indebitamente due piani diversi:
quello della risoluzione in conseguenza della procedura di licenziamento collettivo, in cui il
criterio di scelta adottato è stato quello della vicinanza a pensione, e quello del
collocamento in quiescenza per limiti di età, questione che esula dall’ambito di incidenza di
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collocamento a riposo o delle dimissioni e salvi i diritti acquisiti, l’istituto Postelegrafonici,

un recesso legittimamente disposto una volta divenuto operante, a far data dalla
stipulazione del primo contratto collettivo – il regime privatistico per la disciplina del
rapporto di lavoro. Peraltro, è stato affermato che il criterio di scelta adottato nell’accordo
sindacale tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali possa anche essere unico e
consistere nella vicinanza al pensionamento, in quanto esso permette di formare una
graduatoria rigida e può essere applicato e controllato senza alcun margine di

relazione a tale aspetto nessuna censura è stata avanzata nella presente sede.
Il ricorso deve essere, per le svolte considerazioni , respinto.
Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e si liquidano
come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite del
presente giudizio, liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in euro 3500,00 per compensi
professionali, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 2 10.2013

discrezionalità da parte del datore di lavoro (Cass., sez. lav. 24.4.2007 n. 9866). Ma in

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