Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25066 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 08/10/2019, (ud. 28/03/2019, dep. 08/10/2019), n.25066

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8591/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

Contro

FERRAMENTA FRASCHETTI s.p.a., in persona del suo legale

rappresentante pro tempore rappresentata e difesa giusta delega in

atti dall’avv. Ernesto Marinelli e dall’avv. Maria Teresa Barbantini

Fedeli presso la quale in Roma, viale Giulio Cesare n. 14, è

elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 296/33/11 depositata il 18/10/2011, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

28/3/2019 dal consigliere Roberto Succio.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure rigettava l’impugnazione dell’Ufficio e conseguentemente confermava l’annullamento dell’avviso di rettifica di dichiarazione doganale riferito a importazioni perfezionate nel corso del 2009 di lampade fluorescenti, disposto dalla CTP, e del conseguente atto di irrogazione sanzioni;

– con tali atti l’Erario recuperava maggiori dazi e IVA all’importazione sulle merci in parola, oltre a irrogale le conseguenti sanzioni, in quanto sosteneva trattavasi di prodotti a basso consumo (c.d. CFL-i) originarie della Cina e non della Malesia, quindi soggette al c.d. “dazio antidumping” come accertato tramite indagine OLAF e a seguito annullamento dei certificati Form A da parte dell’Autorità doganale malese;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione l’avvocatura dello Stato per conto dell’Agenzia delle Entrate affidato a un unico motivo. La società contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il solo motivo di ricorso l’Amministrazione Finanziaria censura la sentenza impugnata, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR erroneamente ritenuto che la notificazione dell’avviso di rettifica insieme al PVC – e quindi in violazione delle previsioni dello Statuto dei diritti del contribuente che prevede uno “spatium” di 60 giorni tra la consegna o notifica del PVC e l’emissione dell’atto impositivo – comporti la nullità del provvedimento impositivo stante l’omissione della fase del contraddittorio, la cui presenza è garantita anche dal diritto comunitario;

– il motivo è fondato;

– la norma in questione, del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, è il decreto che espressamente riguarda il “riordinamento degli istituti doganali e revisione delle procedure di accertamento (…)” allo scopo di dare adeguamento alla sentenza della Corte di giustizia del 17 giugno 2010 (causa C-423/08) in materia di riscossione a posteriori e accreditamento delle risorse proprie comunitarie. La norma in vigore, seppur ispirata ai principi dello Statuto dei diritti del contribuente pur definendo una diversa previsione temporale (30 giorni in questo caso, 60 nel caso dello Statuto ricitato, art. 12), entro la quale l’operatore interessato può comunicare osservazioni e richieste – è diretta conseguenza del Reg. n. 450 del 2008, art. 16, paragrafo 4, che ha stabilito il diritto d’ascolto in materia doganale (e, come tale, norma speciale e di settore), con ciò dimostrando che lo Statuto del contribuente, art. 12, non doveva essere applicato fuori dai limiti normativi previsti;

– risulta ora chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, quindi, che in tema di avvisi di rettifica in materia doganale è inapplicabile la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, operando in tale ambito proprio lo jus speciale di cui al D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, nel testo utilizzabile ratione temporis, preordinato a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto all’impugnazione in giudizio del suddetto avviso, come confermato dalla normativa sopravvenuta (D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in L. 24 marzo 2012, n. 27), la quale, nel disporre che gli accertamenti in materia doganale sono disciplinati in via esclusiva dal D.Lgs. n. 374 cit., art. 11, ha introdotto un meccanismo di contraddittorio assimilabile a quello previsto dallo Statuto del contribuente che ne garantisce adeguatamente i diritti (Cass. 2 luglio 2014, n. 15032);

– in materia doganale, infatti, il rispetto del principio del contraddittorio nella fase amministrativa, pur non essendo esplicitamente previsto dal Reg. (CEE) n. 2913 del 1992, (codice doganale comunitario) sostituito dal Reg. (UE) n. 952 del 2013, (codice doganale dell’Unione) deriva dunque dal disposto del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, e costituisce, in ogni caso, un principio generale del diritto dell’Unione Europea, che trova applicazione tutte le volte che l’Amministrazione possa assumere nei confronti di un soggetto un atto lesivo (in ultimo Cass. 23 maggio 2018, n. 12832);

– dall’esame delle disposizioni citate, quindi, si desume che i procedimenti amministrativi sopra esaminati consentono proprio la instaurazione, in via preventiva, del pieno contraddittorio con il contribuente, posto che il procedimento amministrativo in questione è preordinato a garantire un contraddittorio pieno, anche se in un momento anticipato rispetto all’impugnazione in sede giurisdizionale dell’atto;

– nel corso di tal procedimento il contribuente è quindi adeguatamente posto in grado di esporre tutte le ragioni difensive ed allegare nuovi fatti, deducendo le prove opportune, al fine di sollecitare l’attivazione dei poteri di autotutela dell’Amministrazione doganale e quindi l’annullamento o la revoca dell’avviso di rettifica (in ultimo, Cass. 21 gennaio 2019, n. 2175);

– la CTR nel non conformarsi ai principi sopra descritti, ha quindi commesso errore di diritto; pertanto, il ricorso deve esser complessivamente accolto e la sentenza cassata con rinvio al secondo giudice.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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