Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25065 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/12/2016, (ud. 04/10/2016, dep. 07/12/2016), n.25065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4844/2015 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2,

presso lo studio dell’avvocato AFREDO PLACIDI, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANNI CIGLIOLA, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA P.L. DA

PALESTRINA 47, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PAOLO IOSSA,

rappresentata e difesa dall’avvocato GENNARO IOSSA, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 426/2014 della CORTE D’APPELLO DI LECCE –

SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, emessa il 22/10/2014 e depositata il

18/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito l’Avvocato Gennaro Iossa, per il controricorrente, che si

riporta al controricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E’ stata depositata la seguente relazione.

“1. B.A. intimò a C.F. sfratto per finita locazione in relazione all’immobile, di cui ella era proprietaria, condotto dal convenuto per uso commerciale e, contestualmente, lo convenne in giudizio davanti al Tribunale di Taranto per la relativa convalida.

Si costituì in giudizio C., opponendosi allo sfratto.

Disposto il mutamento del rito ai sensi dell’art. 426 c.p.c., il Tribunale rilevò l’infondatezza dell’opposizione da parte del convenuto e, in accoglimento della domanda, dichiarò cessato il contratto di locazione, ordinando il rilascio dell’immobile.

2. La pronuncia è stata impugnata dal C. e la Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 18 dicembre 2014, ha rigettato il gravame, condannando l’appellante alla rifusione delle ulteriori spese del grado.

3. Contro la sentenza d’appello ricorre C.F. con atto affidato a due motivi.

Resiste B.A. con controricorso.

4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

5. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1326 e 1362 c.c.; con il secondo, in riferimento al medesimo parametro, violazione e falsa applicazione dell’art. 1346 c.c..

5.1. I motivi, da trattare congiuntamente in considerazione della stretta connessione che li unisce, sono entrambi privi di fondamento.

La Corte d’appello, con un accertamento di fatto non più sindacabile in questa sede, ha affermato che la tesi difensiva del C. -secondo cui il contratto di locazione non poteva ritenersi cessato in quanto era stato rinnovato di comune accordo dalle parti – era priva di fondamento alla luce della documentazione esistente. Dal carteggio prodotto, infatti, era emerso che la B. si era dichiarata disposta ad un rinnovo a diverse condizioni, ma che, quando poi ella aveva formulato la relativa offerta, il conduttore non l’aveva mai accettata, sicchè il nuovo contratto) non si era perfezionato (art. 1326 c.c.). Nè poteva affermarsi che il riferimento al possibile rinnovo ad un canone conforme ai valori di mercato) comportasse l’applicazione dell’art. 1349 c.c., poichè l’oggetto del contratto non può essere stabilito da un’entità astratta (il mercato, appunto). Sicchè la mancanza dell’oggetto avrebbe comunque determinato la nullità dell’ipotetico contratto.

A’ fronte di siffatta motivazione, il ricorrente continua a ribadire la propria versione dei fatti, insistendo affinchè alle lettere inviate tra le parti venga data un’interpretazione opposta a quella data dal giudice di merito, continuando ad ipotizzare l’avvenuta conclusione di un diverso contratto che, come detto, la Corte d’appello ha motivatamente escluso; per cui i motivi di ricorso si risolvono nel chiaro tentativo di sollecitare questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito.

6. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio per essere rigettato”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Entrambe le parti hanno depositato memorie alla trascritta relazione, insistendo nelle rispettive conclusioni.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni, posto che la memoria del ricorrente nulla aggiunge rispetto alle argomentazioni già contenute nel ricorso.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 4 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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